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NBA, la stagione dei Miami Heat? Agitata, con un occhio al futuro e a una nuova superstar

NBA
Massimo Marianella

Massimo Marianella

©Getty

Da sempre, con Riley, "stabilità" è stata la parola d'ordine in casa Heat. Ma quest'anno Miami sta vivendo una stagione "agitata", in campo (tra infortuni e rimonte subite) e fuori (la gestione del caso Butler, il divorzio complicato di coach Spoelstra). Due certezze ci sono, Bam Adebayo e Tyler Herro. Anzi, tre: a South Beach vogliono una terza superstar

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Stabilità. Il termine che meglio identifica la gestione dei Miami Heat dell’era Riley. Stesse persone che accompagnano la squadra da più di trent’anni. Stabilità nel personale, ma anche nelle scelte e nella gestione della franchigia, che si è tradotta in una continuità di risultati. Quest’anno invece un’altra realtà. Meno lineare, meno vincente, meno bella, meno Heat. Che stagione sta avendo Miami? Agitata è l’aggettivo che la descrive meglio e per una franchigia che, successi sul parquet o meno, vive da sempre in una serena confort zone questo è quantomeno una novità. Partite che, in virtù di grandi vantaggi, erano praticamente vinte alla fine incredibilmente perse; un coach storicamente tranquillo e schivo finito nel gossip per un elaborato divorzio; cambi tattici importanti fino ad arrivare alla gestione - inusuale e cruenta - della separazione da Butler, il veterano ritenuto da molti (non da tutti) il giocatore più importante del roster. Una giostra che a Biscayne Boulevard non si era mai vista. Il sole in Florida però alla fine sbuca sempre fuori, quindi sull’altro piatto della bilancia ci sono anche la stagione speciale di Tyler Herro diventato All-Star e vincitore (quinto nella storia degli Heat) della gara del tiro da tre, lo sviluppo di un rookie importante come Kel’el Ware e la conferma dell’affidabilità e della crescita costante di Nikola Jovic. Non la Miami cui si era abituati, ma forse semplicemente la gestione complicata di una fisiologica flessione - con ancora la possibilità di postseason alla portata, visto l'attuale record di 29 vinte e 33 perse che vale il 7° posto a Est, il primo fuori dall'accesso diretto ai playoff (ma Detroit, sesta, ha oltre 5 gare di vantaggio). 

Le difficoltà

Una difficoltà creata come sempre dagli infortuni, evidenziata dai 17 diversi quintetti base utilizzati e inspiegabilmente sottolineata, per una squadra storicamente di carattere come gli Heat, dal fatto che per 15 volte hanno visto sfumare nell’ultimo quarto un vantaggio in doppia cifra, più volte vicino o superiore ai 20 punti. Anche fuori dal campo non sono mancate le turbolenze. Separazione amara dalla moglie per Coach Spoelstra, sempre più legato invece a questa squadra (oltre al nuovo contratto di 8 anni per 120 milioni di dollari firmato un anno fa) che è sempre più dipendente da lui. Le sta provando tutte compreso il ritorno all’utilizzo del play di ruolo con l’arrivo di Davion Mitchell nella trade per Butler, ma soprattutto il tentativo di usare più centimetri sotto iniziando ad affiancare ad Adebayo un vero lungo con cui alternare le posizioni 4 e 5. Che questo sia Kevin Love (sempre meno spesso) o il rookie Ware, la sensazione è che Bam ne abbia beneficiato, in parte nei numeri, certamente nelle motivazioni e nelle responsabilità da capitano. 

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Le due certezze: Adebayo e Herro

Le cifre realizzative sono leggermente in calo, ma le prestazioni globalmente e difensivamente appaiono in crescita e spicca la notte da record contro i Wizards dove ha superato il primato che resisteva da 31 anni di Rony Seikaly (che era eccezionalmente presente al Kaseya Center) di 221 doppie-doppie. Primo e forse non ultimo record di franchigia per un capitano molto giovane se pur con una grande esperienza. Ha 27 anni e 622 partite giocate (tra regular season e playoff) tutte in maglia Heat. Stagione super anche per Tyler Herro e non solo per il trofeo che si è riportato a casa da San Francisco al termine dell’All Star Weekend. È in striscia aperta di 89 partite in doppia cifra realizzativa (la sesta più lunga della storia degli Heat); ha superato il suo record personale di 203 triple messe a segno in una singola stagione stabilito nel 2022-23; ha impiegato solo 42 partite a superare quota 1.000 punti in stagione ed è diventato il quarto giocatore della storia della franchigia (Wade, Zo e LeBron gli altri) con almeno tre partite con più di 40 punti. Non solo numeri però. Anche Herro è cresciuto in leadership, oggi perfettamente a suo agio nella posizione di secondo violino della squadra. 

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Il mantra di Miami e il bisogno di una (altra) superstar

Adebayo resta una certezza sia da 4 che da 5, ma a braccetto con Tyler Herro apre un interrogativo: dopo la partenza di Butler, che per altro era ben lontano dall’essere un numero uno, bastano questi due per garantire un futuro vincente nella NBA di oggi per una franchigia che ambisce al quarto titolo della sua storia? Proprio questa stagione dice chiaramente di no e anche l’arrivo da Golden State di un ottimo giocatore come Andrew Wiggins non può bastare. Sono la base per la prossima stagione in attesa del grande nome. Mancato Lillard l’anno passato, i bisbigli su Antetokounmpo sembrano sempre più speranze che certezze, e quindi bisognerà aspettare con fiducia l’estate per capire. Ovviamente il giudizio su questa sarà fatto in generale sull’accesso o meno a play-in o ai playoff, ma all’interno della franchigia - da Riley a Spoelstra, da Adam Simon a Andy Elisburg – tutti guardano già oltre, prendendo questa stagione come una base su cui costruire. Una cosa è certa, il mantra storico della franchigia “Keep the main thing, the main thing” ha un significato chiaro: portare una vera superstar a South Beach.

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