L'assistente allenatore dei Sacramento Kings Riccardo Fois ha fatto il punto sulla stagione della squadra, dopo gli stravolgimenti dovuti al licenziamento di coach Mike Brown e lo scambio che ha portato Zach LaVine al posto di De'Aaron Fox. In una Western Conference sempre più competitiva dopo lo scambio di Doncic, i Kings rimangono in piena corsa per un posto ai playoff
Come sono cambiati i Sacramento Kings con l'arrivo di Doug Christie?
"Non sono cambiati. In una stagione NBA ci sono tanti up e tanti down, in più noi abbiamo una serie di giocatori che hanno avuto degli infortuni e che ora sono tornati. La squadra è cambiata durante la deadline con gli innesti di Zach LaVine, Jonas Valanciunas e Jake LaRavia, quindi sicuramente è una squadra diversa da quella che avevamo inizio anno. Adesso siamo lì con tutte le squadre che lottano tra playoff diretti e play-in: dobbiamo trovare l’amalgama in fretta e nelle ultime settimane stiamo facendo un buon lavoro da questo punto di vista, però mancano 20 partite e ovviamente ognuna di queste può fare la differenza tra arrivare decimo e arrivare quinto o sesto".
Da qui alla fine della stagione non avete un calendario semplice, in più Sabonis e Monk sono infortunati, Com’è la situazione?
"Se non abbiamo un calendario semplice significa che purtroppo abbiamo perso delle partite che non dovevamo perdere, e quindi bisognerà giocare un gran basket nelle ultime 3-4 settimane. La speranza è che Sabonis e Monk possano tornare nella partita contro New York o comunque contro Golden State: tra i due Malik mi sembra più vicino al rientro, mentre per Domas è un infortunio muscolare quindi dipende sempre da tante cose".
Parlando dei nuovi: Zach LaVine, cosa vi dà in più rispetto a De'Aaron Fox?
"Sono giocatori diversi. Fox è un playmaker di grande velocità e grande rapidità, capace di segnare però pur sempre un playmaker; LaVine è uno dei migliori realizzatori negli ultimi 10 anni di NBA, uno che sta tirando da 3 col 44% quest'anno, anzi nelle ultime sei partite con noi è al 62% da 3. Siamo comunque parlando di due grandi giocatori, ovviamente un po' diversi: è chiaro che il modo di giocare è cambiato un po' nelle ultime settimane con l'arrivo di Zach".
Parlando di Fox: l'addio è stato polemico, sostenendo che era molto legato a Mike Brown. Pensi che con la sua partenza e quella di Brown sia finito un ciclo e i Kings abbiano voluto voltare pagina?
"Risposte a queste domande sono per persone al di sopra del mio stipendio. Penso però che Fox fosse molto legato alla città di Sacramento: ha dato tutto per questa maglia per 8 anni, ha sofferto con questa maglia, ha perso, insieme sono tornati ai playoff. Più che focalizzarmi su quelle che alla fine sono delle opinioni, mi concentrerei su quello che è stato lui per Sacramento: un grande giocatore che ha ridato speranza ai tifosi, che è rimasto legato alla community e alla città. Hanno fatto un bellissimo video tributo per lui: c'era la moglie, è stata sicuramente una serata particolare, però molto positiva. La maggior parte dei tifosi, se non tutti, alla fine gli hanno dato il giusto tributo: penso che sia stata una serata molto emozionante anche per lui".
Pensi che la vostra stagione fino a questo punto sia sotto il livello che pensavate all'inizio dell’anno? Dove dovete migliorare da qui alla fine?
"L’obiettivo era quello di cercare di chiudere tra le prime quattro ad Ovest: probabilmente all'inizio della stagione ci abbiamo messo più tempo del dovuto a trovare l'amalgama, poi ci sono state le vicissitudini tra capo allenatore e le trade, insomma, non è stata una stagione facilissima. Abbiamo però dei ragazzi fantastici che stanno cercando di dare tutto per raggiungere gli obiettivi. La verità è che l'Ovest è super competitivo: ci sono squadre come OKC che gioca un basket fantastico, i Lakers che hanno preso anche Doncic, Denver che ha Jokic che sta facendo forse la stagione più incredibile nella storia della NBA, quindi già tre posti sono andati via. Le altre sono tutte lì: la differenza tra noi e la quarta sono 5.5 partite, quindi la stagione può essere sotto tono, però la verità è che mancano ancora tante partite e che una palla che va in un modo e un fallo chiamato in un altro modo cambiano quella che è la percezione di una stagione".
Parlando di Lakers e della trade di Doncic: come l'avete vista dall’esterno? In più voi siete andati a Dallas due partite dopo lo scambio, ed eravate a Dallas nella partita in cui Kyrie Irving si è rotto i legamenti.
"Quindi non ci vogliono più vedere a Dallas, questa è la cosa più importante! [ride, ndr]. Per quanto riguarda la trade: eravamo in aereo, penso che sia stato uno shock come per tutti, diversi giocatori sono venuti dove stavano gli allenatori a parlare e a commentare. Non entro nel merito perché avranno avuto i loro motivi per farla da tutte e due le parti. Sicuramente Doncic c'è un giocatore fantastico quindi è chiaro che i Lakers abbiano un grande vantaggio adesso, così come lo era avere Anthony Davis — perché la verità è che AD nella prima partita con Dallas ha dominato per tre quarti e poi si è fatto male, e quindi è diventato subito uno di quegli ‘What If Moment’. In più Irving adesso si è fatto male, quindi è facile giudicare la trade in questo momento. Però la realtà è che purtroppo in NBA veramente basta un ginocchio che si appoggia male, basta un infortunio a cambiare tutta la percezione di una trade, di una stagione, di un operato di GM".