Reaves si prende il palcoscenico: il futuro dei Lakers passa anche da lui?

LeBron James, al di là delle discussioni sul posto che dovrebbe avere nell’iconografia gialloviola, rimane una leggenda vivente, mentre non ci possono essere dubbi sul fatto che il presente e il futuro dei Lakers siano indissolubilmente legati a Luka Doncic, arrivato su quella sponda di Los Angeles da meno di un anno ma ormai punto di riferimento e uomo immagine a tutti gli effetti della franchigia. Se però si dovesse effettuare un sondaggio tra i tanti tifosi della squadra sparsi in tutto il mondo per provare a individuare il giocatore più amato, a vincere potrebbe non essere né King James né Luka Magic. Già, perché anche prima dell’ultima, clamorosa settimana vissuta da protagonista assoluto, Austin Reaves godeva di un affetto e di una stima quasi senza limiti in tutto l’ambiente che circonda i Lakers, così come all’interno dello spogliatoio e tra il coaching staff e la dirigenza della squadra. E l’ultima, clamorosa settimana non ha fatto altro che ribadirne il valore e la centralità nel presente e nel futuro del gruppo guidato da JJ Redick. Riassunto di una settimana da ‘Austin-sanity’ Quando il 26 ottobre, poche ore dopo aver raccolto la prima vittoria stagionale ai danni di Minnesota, arrivava la notizia dello stop forzato di almeno una settimana per Doncic, dolorante alla mano e alla gamba sinistra, l’umore in casa Lakers non era certo dei migliori. Lo sloveno, d’altro canto, in assenza di James, fermo a tempo indeterminato per un problema alla sciatica, aveva iniziato con i fuochi d’artificio la regular season segnando prima 43 punti nella sconfitta contro Golden State e poi affondando per l’appunto i Timberwolves con una prestazione strepitosa da 49, con anche 11 rimbalzi e 8 assist. La sensazione era insomma che senza le loro due stelle designate i Lakers avrebbero potuto incappare in un filotto di sconfitte che, per quanto breve, avrebbe potuto marchiarne l’avvio di stagione. Le previsioni negative, però, sono state spazzate via da una settimana quasi surreale vissuta da Reaves, che ha iniziato trascinando i suoi alla vittoria a Sacramento con il massimo in carriera da 51 punti, peraltro accompagnato da 11 rimbalzi e 9 assist per una tripla doppia sfiorata che l’ha fatto entrare dritto dritto nella storia gialloviola accanto a un mito come Elgin Baylor, ultimo Laker in grado di mandare a referto più di 50 punti e più di 11 assist nel lontanissimo 1963. La sera successiva, in casa contro i Blazers, Reaves di punti ne ha segnati 41, senza però riuscire ad evitare la sconfitta. Sconfitta evitata a fil di sirena due sere dopo, di nuovo contro Minnesota ma questa volta in trasferta, dove il numero 15 si 'limitava' a 28 punti, che però comprendevano il canestro decisivo allo scadere dei regolamentari. E così, dal possibile filotto negativo i Lakers uscivano con un più che accettabile bilancio di due vittorie e una sconfitta e, ancor di più, con la certezza di avere in Reaves un campione vero e un possibile punto fermo per il presente e il futuro della squadra. Il futuro dei Lakers attorno a Doncic: ci sarà spazio per Reaves? Inutile girarci intorno: il passaggio di testimone tra James e Doncic nel ruolo di fulcro dei Lakers è avvenuto nel giro di pochi mesi, anche perché l’avventura in gialloviola del super veterano, salvo sorprese sempre possibili, sembra ormai destinata a chiudersi al termine di questa stagione. Logico quindi che ogni piano che riguardi il presente e ancora di più il futuro della franchigia giri attorno all’ex Mavs. Da qui, e dalla incredibile settimana vissuta da Reaves, sorge quindi la questione della convivenza tra quelle che al momento sono le due guardie titolari della squadra. Una compatibilità, quella tra Doncic e Reaves, che presenta qualche dubbio, almeno sulla carta. È vero che i momenti migliori della sua carriera in NBA Doncic li ha vissuti con accanto un altro creatore di gioco e attaccante formidabile come Jalen Brunson nel 2021-22 e Kyrie Irving nel 2023-24, quando i Mavs riuscivano ad arrivare alle finali di Conference e quindi fino alle Finals. Posto che per il momento Reaves non è un giocatore del livello di Brunson e di certo appartiene ad un’altra categoria rispetto a Irving, la differenza tra quelle situazioni e quella attuale ai Lakers sembra trovarsi nel resto del roster che circonda la coppia di guardie. Quelle due versioni di Dallas, infatti, potevano contare su 3&D in quantità, elementi perfetti per compensare gli sbilanciamenti nella metà campo amica e allo stesso tempo pronti a sfruttare le ottime spaziature generate dall’attenzione delle difese avversarie verso i talentuosi compagni con la palla in mano, a partire da Dorian Finney-Smith fino ad arrivare a P.J. Washington passando da Josh Green e Derrick Jones Jr.. E, nell’annata in cui sono arrivati a giocarsi il titolo nella serie contro i Celtics, avevano due presenze importanti al ferro come Daniel Gafford e Dereck Lively II. I Lakers attuali, viceversa, possono annoverare solo Marcus Smart e Rui Hachimura come difensori dotati sugli esterni e in grado di colpire da fuori in attacco, ma su entrambi pesano incognite prima di tutto fisiche davvero importanti. E, per quanto riguarda il gioco sopra il ferro, il solo Jaxson Hayes sembra avere quella verticalità che ben si abbina allo stile di gioco prediletto da Doncic, ma l’ex New Orleans sconta limiti tecnici ormai evidenti, mentre Deandre Ayton, al netto dei tanti passaggi a vuoto avuti negli ultimi anni, rimane un lungo dalle caratteristiche molto diverse rispetto a quelli che in passato hanno prosperato giocando con Luka. Il problema, quindi, potrebbe essere non tanto la convivenza tra Reaves e Doncic, quanto quella del duo all’interno di quintetti che non sembrano avere ciò che servirebbe per esaltarne le qualità in attacco e colmarne le lacune difensive. I Lakers del post-LeBron E la soluzione a questo rebus tattico sta giocoforza nella costruzione complessiva del roster dei Lakers, che nel breve termine non hanno però molti margini per effettuare grandi stravolgimenti all’organico a disposizione di Redick. Le eventuali scelte, da questo punto di vista, passano inevitabilmente dall’addio a fine stagione di James, che poi si tratti solamente di un addio ai gialloviola o di un vero e proprio ritiro dal basket non cambia molto per le prospettive della squadra. Un addio, quello di James, che aprirebbe spazi dal punto di vista tecnico e soprattutto da quello salariale che la dirigenza guidata da Rob Pelinka potrebbe sfruttare per rimodellare in maniera decisa il roster, magari dando proprio priorità proprio a ciò che servirebbe per far rendere al meglio il backcourt formato da Doncic e Reaves. Oppure, eventualità a oggi poco probabile ma da non escludere, se Reaves in questa stagione dovesse fare un ulteriore balzo in avanti e aumentare ancora la propria appetibilità sul mercato, potrebbe diventare la contropartita ideale per portarsi a casa un’altra stella di primissima grandezza. Il contratto di Reaves, tra l'altro, andrà in scadenza il prossimo giugno e il giocatore ha già fatto capire di non avere alcuna intenzione di far scattare la player option che lo terrebbe ai Lakers anche per la stagione 2026-27 e di puntare a un salario almeno raddoppiato rispetto ai 14 milioni di dollari attuali. Di certo c’è che la settima di ‘Austin-sanity’, che seppur con premesse e svolgimento molto distanti hanno per qualche verso ricardato l’epopea vissuta da Jeremy Lin ai Knicks a inizio del 2012, ha ribadito che Reaves rappresenta una scommessa vinta dai Lakers. Quei Lakers che nell’agosto del 2021 decidevano di dare una chance a un prospetto snobbato al Draft che, stando agli scouting report dell’epoca, sembrava destinato cercare fortuna in Europa dopo l’avventura al college, e che invece ora, quattro anni dopo, potrebbe addirittura diventare un All-Star a suon di prestazioni da urlo e canestri decisivi.

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Dario Costa