Il fondista dell'Ecuador, lo sciatore del Kosovo: le storie dei 6 Paesi debuttanti ai Giochi

Olimpiadi

Francesco Giambertone

Gli atleti che porteranno il proprio Paese alle Olimpiadi di PyeongChang per la prima volta (Foto Getty)

La loro bandiera sventola per la prima volta sui Giochi invernali. Klaus Jungbluth Rodriguez, a furia di "sciare sull'asfalto", ha portato il suo Ecuador alle Olimpiadi. Shannon Abeda sarà il primo sciatore della storia olimpica dell'Eritrea, mentre la pattinatrice di Singapore sogna un finale "alla Steven Bradbury"

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Dei 92 Paesi che parteciperanno all'Olimpiade di PyeongChang 2018, in 6 lo faranno per la primissima volta. Ecuador, Eritrea, Kosovo, Malesia, Nigeria e Singapore sventoleranno la propria bandiera ai Giochi invernali grazie ad (almeno) un atleta: a suo modo un eroe nazionale che ha abbattuto una barriera storica per il proprio Paese. Ecco le loro storie, dalle ormai famose bobbiste giamaicane agli sciatori meno probabili.

Ecuador, lo “sciatore d'asfalto”

Il Paese sudamericano ai piedi delle Ande sarà rappresentato ai Giochi da Klaus Jungbluth Rodriguez, 38enne fisioterapista con un master e un dottorato in fisiologia dello sport e un passato di studi in Norvegia e Repubblica Ceca. È stata la sua permanenza in Europa a fargli scoprire lo sci di fondo, una passione che ha continuato a coltivare (ma per tanto tempo solo sull'asfalto, da cui il suo soprannome) anche una volta tornato in patria, tra le strade di Guayaqil. Ci teneva così tanto ad andare ai Giochi invernali da aver creato lui, di fatto, la Federazione di sci ecuadoregna, dopo aver lavorato per il comitato olimpico del proprio Paese: nel 2015 ha viaggiato con l'Ecuador ai Giochi Panamericani, ma solo in veste di fisioterapista. “Sono orgogliosissimo – ha raccontato dopo il 146esimo posto ai Mondiali di fondo in Finlandia che gli è valso la qualificazione –, è difficile spiegare quest'emozione dopo così tanti anni di duro lavoro”. Sposato, ha 4 figlie ed è allenato da un'italiana: Laura Bettega, che partecipò ai Giochi di Lillehammer nel 1992.

Le bobbiste nigeriane

Seun “Miss Amazing” Adigun e le sue colleghe di bob a due - Ngozi Onwumere e Akuoma Omeoga – sono tra le atlete con il maggiore “hype” di queste Olimpiadi. Un team interamente femminile, super social e molto sponsorizzato che porta la nazione africana ai Giochi invernali per la prima volta, anche grazie all'esperienza in quelli estivi. Seun, prima di diventare pilota di bob, ha corso i 100 a ostacoli a Londra 2012, Ngozi ha partecipato agli African Games tre anni fa e Akuoma ha corso a livello universitario. Cresciute tutte negli Stati Uniti, si sono conosciute in Texas e hanno cominciato ad allenarsi con un bob di legno chiamato “Mayflower”, come la nave dei padri pellegrini. I loro sorrisi e le tutine verdi sono piaciute così tanto in giro per il mondo da aver raccolto 75mila dollari di fondi per finanziare il sogno olimpico.

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Lo slalomista eritreo

Nato nel 1996 ad Alberta, in Canada, Shannon Ogbani-Abeda – figlio di due genitori eritrei fuggiti durante la diaspora – non sarà il primo africano nello sci alpino ai Giochi, ma l'unico nella storia a competere per il Paese dell'Africa dell'est. È cresciuto a Calgary, dove le Olimpiadi invernali non sono proprio cosa da niente, e lì ha indossato gli sci per la prima volta da piccolo (“Ma io volevo giocare a hockey”), arrivando a competere ai Giochi Olimpici della gioventù a Innsbruck nel 2012. Due anni dopo ha sfiorato la qualificazione per Sochi, fallendola per poco. Ha deciso di riprovarci, ma un brutto infortunio nel 2016 ha rischiato di metterlo fuori causa. Alla fine ce l'ha fatta: dopo aver portato la bandiera alla cerimonia di apertura, lo vedremo in azione nel gigante e nello slalom.

Il discesista kosovaro

Quando Albin Tahiri cominciò a sciare in Slovenia, dove era nato da un padre kosovaro, “il Kosovo non era ancora uno Stato indipendente”. Adesso che lo è diventato, Albin non poteva non dare questa soddisfazione a suo papà. Così gareggia in tutte le competizioni di sci alpino, soprattutto le più veloci, sotto la bandiera del Paese riconosciuto come indipendente dall'Onu solo nel 2015. L'anno successivo, a Rio, la kosovara Majlinda Kelmendi ha esordio alle Olimpiadi estive portando a casa una medaglia d'oro nel judo. Difficile che Tahiri, il primo atleta del suo Paese ai Giochi invernali, riesca a fare altrettanto. Ma il suo motto promette bene: “Niente rischi, niente divertimento”.

La doppietta malese

Il Paese del sudest asiatico per il suo debutto ai Giochi invernali ha voluto esagerare: non portarà un solo atleta ma addirittura due, in due discipline completamente diverse. Il primo malese a qualificarsi è stato lo sciatore 18enne Jeffrey Webb, figlio della vicepresidente della neonata federazione sciistica malese, che si è allenato soprattutto negli Stati Uniti – dove vive con la famiglia da quando aveva 5 anni – e in Svizzera. “Il mio idolo è Marcel Hirscher” ha raccontato prima di partire per la Corea, dove troverà modo di rubargli un selfie. Dopo di lui si è guadagnato un posto in Corea anche il pattinatore di figura Julian Yee, 22esimo agli ultimi Mondiali a Helsinki, seguito su Instagram da oltre 20mila persone. Ex membro della nazionale di short track, si è lanciato nel pattinaggio di figura nel 2001 – anche lui è figlio di una esponente della federazione – ed è stato scelto per portare la bandiera, anche per una questione di notorietà. “Io non sogno, io fisso obiettivi” è il suo slogan: il primo è stato centrato.

La velocista di Singapore

Cheyenne Goh, nata a Singapore 18 anni fa, aveva scoperto il ghiaccio grazie all'hockey. Poi nel 2010 ha “visto per la prima volta lo short track in tv, guardando le Olimpiadi di Vancouver” e ha deciso di provare. Ha fatto bene. Oggi è la prima e finora unica atleta del suo Paese a essersi mai qualificata per i Giochi invernali. Per vincere una medaglia, lei che al massimo è arrivata 46esima ai recenti Mondiali di Rotterdam, ci vorrebbe un'impresa alla Steven Bradbury: l'uomo che vinse uno degli ori più incredibili di sempre, perché tutti davanti a lui – dai quarti di finale in avanti – caddero sul più bello. “Lui è il mio eroe”, ha detto Cheyenne. Le auguriamo un centesimo della stessa fortuna.