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Olimpiadi, l'ultima recita del mito Montano: argento con l'Italia nella sciabola a squadre

tokyo 2020

Il quasi 43enne livornese saluta dopo cinque Olimpiadi e altrettante medaglie. L'ultima è l'argento di Tokyo nella sciabola a squadre. Una carriera da mito quella di Aldo Montano, nonostante gli infortuni e il gossip

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Doveva essere per forza un argento. Perché, ancor prima di disputarla, si sapeva che sarebbe stata una finale a senso unico. Troppo forte la Corea, corazzata che da anni lascia le briciole alle nazionali avversarie. Doveva essere per forza un argento. Perché l’Italia fu medaglia d’argento anche nel 2004 e cioè l’ultima volta che la squadra della sciabola maschile aveva disputato una finale olimpica. Allora, nei Giochi in terra greca, in pedana tirava un 26enne Aldo Montano modello terremoto, quattro giorni prima aveva centrato il colpaccio della vita diventando campione olimpico individuale. A distanza di 17 anni, nella pedana di Tokyo 2020, c’è un Aldo Montano in versione vecchietto, 42 anni e 8 mesi, a godersi il privilegio di salutare tutti dall’alto in basso. Signori e signori, è stato un piacere, a modo mio

L'addio di Montano, idolo dei suoi compagni di squadra

L’addio del livornese te lo immagineresti come un monologo. Del resto Aldo è un leader, un istrione. Ma non tutti sanno che Montano è soprattutto un uomo di ideali veri, di famiglia e di squadra. Ecco perché è ancora più emozionante salutarlo per l’ultima volta durante una prestazione corale. Lui e i suoi ragazzi, compagni di squadra ma soprattutto amici. La solidità di Gigi Samele – che da Tokyo torna a casa con due argenti -, la classe talentuosa di Enrico Berrè, l’estro vulcanico di Luca Curatoli. Tutti e tre sono cresciuti avendo come idolo Montano. Un foggiano, un romano, un napoletano e un livornese, non potrebbero essere così diversi tra loro ed invece sono anni che si sostengono. L’esperienza di Montano a far da collante: Aldo che va ad allenarsi a Bologna con Andrea Terenzio, lo stesso maestro di Samele, Aldo che in sala d’armi a Roma sprona Berrè a crederci, Aldo che sfotte nei ritiri la serietà di Curatoli. Hanno un loro grido di battaglia, mutuato da Gomorra:  “Guagliò, chi cummann c'cà?”. e pazienza se il rigido protocollo del CIO lo vieta nelle pedane a cinque cerchi. Lo eseguono dentro di loro, guardandosi negli occhi.

Quinta medaglia in 5 Olimpiadi nonostante gli infortuni

Nella stessa giornata dell’ultimo ballo, da Divina, di Federica Pellegrini, assistiamo all’ultima recita di Montano, la sua quinta medaglia olimpica in cinque Olimpiadi. Una carriera impareggiabile quanto avventurosa, costellata da infortuni che avrebbero steso un toro, muscoli di cristallo ma testa di coccio. Da due anni Aldo convive con una necrosi al femore sinistro, non ne parla pubblicamente perché non vuole pietismo. Diciamola tutta, per partecipare a Tokyo 2020, a quasi 43 anni, ha fatto il pieno di terapie, infiltrazioni di acido ialuronico, aspirazioni di liquido. In autunno dovrà prenotare un intervento per una protesi all’anca, inevitabile.

Una leggenda oltre il gossip

Ma come, davvero è questo Aldo Montano? E noi che credevamo fosse un belloccio, irriverente, fidanzato di attrici e soubrette, un festaiolo insomma? Ammettetelo, leggendo queste righe molti di voi lo state pensando. La verità è che il gossip e le riviste patinate hanno fregato Montano, nel senso che lo hanno illuminato in termini di popolarità ma lo hanno pure oscurato in quanto a considerazione. C’è un Aldo Montano sotto la maschera che in pochi conoscono. Chiedetelo agli inservienti delle palestre che lo salutano per primo e lo vedono andarsene per ultimo. Chiedetelo al CT Giovanni Sirovich che lo ha sempre convocato in azzurro, anche se a mezzo servizio, come capitano non giocatore. Chiedetelo agli avversari di tutto il mondo che appena lo intravedono si sbracciano per salutarlo, quasi inchinandosi di fronte a lui. La sua leggenda non è solo italiana è davvero internazionale. Chi vi scrive è stata spesso testimone di gesti di rispetto, quasi di venerazione, verso il Montano fuoriclasse. E’ pure portavoce dei suoi stessi colleghi da quando è entrato a far parte della Commissione Atleti della Federazione Internazionale di Scherma. Non è stato designato come alfiere dell’Italia a Tokyo, se n’è dispiaciuto ma è andato avanti, consapevole di avere nel mirino un sogno: chiudere da protagonista, all’insegna dei cinque cerchi che più ama. Buona seconda vita Aldo, mito della sciabola.