"Open" a teatro: va in scena il grande incubo di Agassi

Tennis
Andre Agassi alla presentazione della sua autobiografia, "Open". Scritta con il Premio Pulitzer J.R. Moehringer nel 2011, vende ancora oggi migliaia di copie (Foto Getty)
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Il "drago" sparapalline con cui il padre del famoso tennista allenava il piccolo Andre diventa protagonista in "Us", la rappresentazione che si ispira alla splendida autobiografia. Una lezione per tutti quei genitori ossessionati dalla carriera dei figli

“Mio padre urla sempre ogni frase due, talvolta tre, talvolta dieci volte. Più forte, dice, più forte. So che ci sono pochi bambini al mondo che vedrebbero quella palla, per non parlare poi di colpirla. Ma non vado fiero dei miei riflessi, né mi vengono riconosciuti. È il mio dovere. Ogni colpo riuscito è dato per scontato, ogni colpo mancato scatena una crisi. Colpisci prima, grida mio padre. Accidenti, Andre, colpisci prima. Stai addosso alla palla, stai addosso alla palla. (…) Più topspin! Colpisci più forte. Colpisci più forte. Non in rete! Maledizione, Andre! Mai in rete!”.

È la celebre scena in cui il piccolo Andre, “armato” unicamente di una racchetta da tennis, cerca di sconfiggere il “drago” sparapalline, sadico strumento di allenamento creato artigianalmente dal signor Agassi. A renderla celebre la “confessione” di Andre, ormai cresciuto, famoso e ritirato, nella vendutissima autobiografia “Open”, con cui svelò al mondo di odiare lo sport che l’ha reso ricco e celebre per colpa di un padre con l’ossessione del figlio-campione.

Da ieri, la “scena-madre” del libro è stata portata a teatro, inscenata al Festival delle Arti contemporanee a Santarcangelo di Romagna dalla compagnia “Fanny e Alexander”, che ha rivisitato lo scontro uomo-macchina (sarebbe meglio dire “bambino”) trasformandolo in una sorta di danza scandita da ritmi techno e dance. “Open” è diventato “Us”, con in campo Geppy e Lorenzo Gleijeses – rispettivamente padre e figlio anche nella vita – nei panni del terribile signor Emanoul Agassi e del giovane Andre. Si mischiano citazioni letterarie, pensieri filosofici e canzoni napoletane (tipo “Maradona è megl’e Pelé”), ma anche sport diversi, con Lorenzo/Andre che alla fine respinge le palline del drago con ogni parte del corpo, vestendo persino i panni del pugile e del giocatore di football.

Impossibile non meditare, specie se si è il genere di genitore che sogna la grande carriera per il figlio. A questi adulti, oltre a un giro a teatro, consigliamo vivamente la rilettura di brani tipo questo: “Ho sette anni e sto parlando da solo perché ho paura e perché sono l’unico che mi sta a sentire. Sussurro sottovoce: Lascia perdere, Andre, arrenditi. Posa la racchetta ed esci immediatamente da questo campo. Non sarebbe magnifico, Andre? Semplicemente lasciar perdere? Non giocare a tennis mai più? Ma non posso. Non solo mio padre mi rincorrerebbe per tutta la casa brandendo la mia racchetta, ma qualcosa nelle mie viscere, un qualche profondo muscolo invisibile me lo impedisce. Odio il tennis, lo odio con tutto il cuore, eppure continuo a giocare, continuo a palleggiare tutta la mattina, tutto il pomeriggio, perché non ho scelta”.