Djokovic lascia Vajda e cerca un nuovo allenatore

Tennis

Stefano Olivari

Novak Djokovic e Marian Vajda durante un allenamento per il torneo di Parigi Bercy 2016 (Getty)
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Il fuoriclasse serbo ha annunciato l'addio al suo storico coach, dopo un decennio vissuto quasi in simbiosi, oltre che a preparatore atletico e fisioterapista. Una scelta fatta per dare una scossa a una situazione che lo stava portando a vivacchiare, pur da numero 2 del mondo

Novak Djokovic ha lasciato il suo allenatore storico Marian Vajda e tutto lo staff con cui è arrivato ad essere il numero 1 del mondo e a vincere tutti i torni dello Slam, dal preparatore atletico Gebhard Gritsch al fisioterapista Miljan Amanovic. Decisione maturata dopo il torneo di Montecarlo e resa pubblica dallo stesso Djokovic sul suo profilo Twitter e sul suo sito.

MOTIVAZIONI

Djokovic non è certo un giocatore in declino: non ha ancora compiuto 30 anni (accadrà il 22 maggio), ha vinto e guadagnato l'impossibile ed è ancora numero 2 del mondo, non 200. Di sicuro dopo il Roland Garros vinto l'anno scorso qualcosa si è rotto nella sua testa, senza voler entrare nel privato. Fisicamente c'è ancora, ma è la concentrazione all'interno dei match che non è più quella di un anno fa: si vede il Djokovic assatanato per massimo un'ora, con i punti decisivi che adesso sembrano importargli meno di un tempo. Sensazione che abbiamo avuto anche a Montecarlo, quando dopo due faticose vittorie con Simon e Carreno Busta ha perso con Goffin lasciando al suo avversario quelle situazioni da braccio di ferro che il vero Djokovic aveva sempre girato a suo favore. Le motivazioni sono diminuite, indubbiamente. In questo senso, ma solo in questo senso, l'interruzione del rapporto con Boris Becker, che poteva dirgli qualche parola da pari a pari (non certo allenarlo) è stata dannosa. 

BELLE PAROLE

Djokovic ha riservato bellissime parole a Vajda, Gritsch e Amanovic, insieme a lui per un decennio incredibile. Persone che sono state la sua famiglia più della sua famiglia propriamente detta. Ha spiegato che loro sono stati alla base dei suoi successi, ma che adesso tutti si rendono conto che bisogna cambiare se si vuole andare avanti. Anche i tre collaboratori-amici-fratelli hanno ufficialmente avuto parole di comprensione per un Djokovic che da troppo tempo non era più lui, con il tennis diventato per sua stessa ammissione non più una priorità. Secondo tutti e tre Novak ha tutte le possibilità di tornare quello di prima e anche di più. Forse esagerano, ma sicuramente nella situazione attuale può vincere altri Slam oltre ai 12 già in bacheca (più 30 Masters 1000 e tutto il resto).

NUOVO COACH

Ripartire. Sì, ma con chi? Al momento il fenomeno serbo è senza coach e non sembra avere fretta di trovarne uno, anche se nel mondo del tennis il coach viene spesso investito di funzioni magiche che evidentemente non ha. Insomma, se Djokovic non ricomincerà a pensare al tennis 24 ore al giorno nessun coach potrà farlo tornare quello di prima anche se, lo ripetiamo, dal punto di vista fisico e tennistico Djokovic è quasi lo stesso di prima. Ma esserlo per qualche game ogni tanto non basta, nel tennis maschile non si può essere al 90% e vincere. La soluzione giusta non esiste: c'è chi, come Federer, ha cambiato spesso allenatori e consulenti perché di fatto si allena da solo, e chi come Nadal ha un legame fortissimo con lo zio Toni, senza risalire a McEnroe con chiunque e Borg-Bergelin. Così, genericamente, chi ha più talento naturale dà meno importanza al coach e quindi ne cambia tanti (o non ne ha di fissi al seguito, come per gran parte della carriera è stato per Mac). Chi nei suoi successi ha una percentuale di 'costruzione' maggiore rimane forse più legato a chi lo ha portato in alto. È ovviamente una generalizzazione, che non tiene conto di ciò che che accade dentro le persone. Già, cosa sta accadendo dentro Djokovic? A prima vista sembra un cambiamento fatto tanto per cambiare, senza un'idea della direzione verso cui andare. A meno che la direzione non sia quella di Pepe Imaz, l'allenatore-filosofo spagnolo con il quale è sempre in contatto.