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Tennis, Wimbledon: caduta e trionfo, la storia di Andy Murray

Tennis
Andy Murray con il trofeo di Wimbledon (getty)

Dalla cocente sconfitta in finale nel 2012, al trionfo dell'anno dopo che interruppe 77 anni di digiuno dei tennisti britannici dallo Slam di casa. Fino al bis del 2016. Ecco il feeling speciale che lega Murray a Wimbledon, erba di casa e non più fantasma da scacciare

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“Mi sto avvicinando”. Tre parole singhiozzate davanti ai 15.000 del Centre Court quasi a scusarsi di non aver vinto. Una richiesta di perdono, ma anche un monito per Roger Federer. Era il 2012 ed Andy Murray aveva appena perso la sua prima finale di Wimbledon. Una sconfitta cocente per la speranza tennistica di una nazione intera. Quella ‘maledizione britannica’ stava diventando un macigno troppo pesante. 76 anni di attesa che sembrava non aver mai fine. Ma Andy l’aveva promesso: sono vicino, vincerò Wimbledon. Così vicino che l’occasione di rifarsi si presenta il mese successivo. Il torneo olimpico di tennis si svolge sui prati dell’All England Club e tutti gli occhi sono inevitabilmente puntati su di lui. Come se non bastasse il peso della ‘maledizione’, sulle sue spalle si aggiunge la pressione della maglia della Gran Bretagna. Questa volta però il macigno si trasforma in un piccolo moscerino. Il suo torneo non ha intoppi, passeggia fino in finale, dove ritrova il padrone dei campi di Church Road: Roger Federer. La partita non ha storia. Murray vince 3 set a 0 in meno di due ore. È medaglia d’oro. Un trionfo atteso e voluto, ma dal sapore agrodolce. L’Olimpiade non è Wimbledon, c’è ancora una maledizione da sfatare.

La prima vittoria. Quasi fosse un eroe in missione, Murray partecipa al torneo di Wimbledon del 2013 come grande favorito per la vittoria finale. L’antipasto dell’Olimpiade gli ha tolto pressione e la vittoria degli US Open, qualche mese prima, gli ha definitivamente trasmesso consapevolezza nei propri mezzi. Andy è pronto. E come ogni grande storia, l’arco narrativo di quel torneo non poteva che ricalcare i contorni del miracolo sportivo. Quello tra Murray e Wimbledon è un racconto di riparazione. Come in ogni intreccio fiabesco il trionfo arriva sempre dopo l'intoppo e la delusione. Le lacrime dell’anno precedente, la promessa fatta a tutto il pubblico. Immagini e momenti divenuti preludio perfetto per il successo del 2013. Un cammino, quello nel torneo, che ha avuto anche il suo showdown perché nella fiaba c’è sempre un’occasione in cui l’eroe deve dare prova delle sue qualità. Il quarto di finale contro Verdasco si trasforma nel momento dimostrativo del talento e della voglia di trionfare di Murray. Sotto di due set a zero lo scozzese rimonta e vince 7-5 al quinto. La strada verso la finale è spianata. L’atto finale questa volta è contro Novak Djokovic. Come alle Olimpiadi non c’è partita. 3-0 e trionfo. Questa volta sì, a Wimbledon. Dopo 77 anni dal titolo di Fred Perry, il trofeo di Wimbledon torna nelle mani di un britannico. La maledizione è finalmente sfatata.

Un torneo come tutti gli altri. Forse ormai sazio del doppio trionfo e ancora perso dal cambio tecnico tra Lendl e Mauresmo, Murray non riesce nel 2014 a bissare la vittoria dell’anno precedente, anzi esce mestamente agli ottavi di finale contro Dimitrov. Nel 2015 torna in semifinale dopo due anni, ma Federer è troppo forte e vince in tre set. Il 2016 è l’anno migliore in carriera per lo scozzese: 9 titoli vinti con 78 vittorie a fronte di appena 9 sconfitte. In mezzo arriva anche il secondo trionfo a Wimbledon. Quasi una passeggiata senza intoppi, conclusa con una netta vittoria in finale contro Milos Raonic. Quest’anno si presenta non certo nelle migliori condizioni fisiche dopo un 2017 travagliato con herpes a febbraio, infortunio al gomito a marzo e febbre prima del Roland Garros. In questi giorni sta soffrendo per un infortunio all'anca e ha annullato la partita di esibizione che avrebbe dovuto giocare martedì contro Lucas Pouille ad Hurlingham. Un forfait precauzionale, che non sarà d’ostacolo alla sua 13esima partecipazione a Wimbledon. Da numero 1 del mondo l’obiettivo è vincere ancora, su quei prati diventati ormai di casa e non più luoghi dove scacciare i fantasmi del passato.