Naomi Osaka regina degli US Open: Azarenka sconfitta in tre set

US OPEN 2020

Alfredo Corallo

©Getty

La giapponese ha sconfitto in rimonta l'ex numero 1 al mondo con il punteggio di 1-6, 6-3, 6-3 in meno di due ore di gioco. Per la 22enne si tratta del terzo Slam in carriera dopo il primo successo a Flushing Meadows nel 2018 e gli Australian Open del 2019

US OPEN: ZVEREV E THIEM VOLANO IN FINALE

 

Naomi Osaka torna regina a New York. La giapponese - che succede alla canadese Bianca Andreescu - ha sconfitto in rimonta 1-6, 6-3, 6-3 l'ex numero 1 al mondo Victoria Azarenka, che mancava in una finale dello Slam da 7 anni, al terzo ko nell'atto conclusivo di Flushing Meadows dopo le sconfitte del 2012 e 2013 (subite entrambe dall'amica Serena Williams). La 22enne Osaka, quarta testa di serie del tabellone - e già trionfatrice nella Grande Mela nel 2018 proprio ai danni dell'americana, che da bambina venerava - si è presa la rivincita del Torneo di Cincinnati dello scorso agosto, quando dichiarò forfait prima del match contro la bielorussa a causa di un infortunio muscolare alla coscia sinistra. In precedenza le due finaliste si erano affrontate tre volte: nel 2016, quando la Azarenka s'impose a Melbourne; nel 2018 e 2019 i successi della Osaka agli Internazionali di Roma e al Roland Garros.

Il match

La partita si apre subito con il break della Azarenka, che incanta, come ai tempi d'oro: annichilisce la Osaka con il suo dritto in lungolinea e assesta un altro break nel quinto gioco, chiudendo il primo parziale alla velocità della luce, in meno di mezz'ora. Vika - agli US Open da n.27 del ranking - riparte fortissima anche nel secondo set, ma spreca il 3-0 e commette un peccato mortale perché il contro-break nel terzo game cambia, inevitabilmente, il destino dell'incontro. Naomi prende fiducia, ritrova l'arma del servizio e approfitta dei troppi rovesci sbagliati dall'avversaria per portarsi sul 5-3. Resiste, la nipponica, a un logorante nono game e spara il 6-3 del pareggio. Nel terzo set torna per un attimo l'equilibrio, finché la Osaka non cambia definitivamente ritmo e piazza un'altra zampata da paura con il break del 3-1. Fa tutto lei: si rilassa, ma recupera da 0-40 con 5 punti consecutivi e vola sul 4-1; fallisce le quattro palle del 5-1 e Aza non perdona, aiutata dal nastro: contro-break e 4-3. Ma è troppo tardi: la giapponese non molla e chiude in 1h e 53 minuti, lasciandosi andare giù, a occhi chiusi, in religiosa contemplazione.

Naomi Osaka
©Getty

 

La versione di Naomi: l'impegno per il BLM e la dedica a Kobe

Chissà che il suo pensiero non sia volato alle vittime che dal suo arrivo agli Us Open ha sempre portato con sè, incidendo i loro nomi su quella mascherina nera che rimarrà uno dei simboli più carichi di significato di questa stagione. Proprio a Cincinnati la Osaka si era spesa tantissimo per far valere le ragioni del Black Lives Matter, promotrice dello sciopero dei tennisti che determinò la sospensione del torneo per un giorno: "Prima di essere un'atleta, sono una donna di colore - sentenziò - e come donna di colore sento che ci sono questioni molto più importanti, che richiedono un'attenzione immediata, piuttosto che guardarmi giocare a tennis". Già a maggio, Naomi - mamma giapponese e padre di Haiti, ma cresciuta negli Usa - non aveva esitato a percorrere le strade di Los Angeles per partecipare all'ondata di indignazione scatenata dalla morte del 46enne afroamericano George Floyd, arrestato e ucciso barbaramente da un poliziotto nel centro di Minneapolis. "Solo perché non ti sta succedendo nulla - avvertiva sui social - non vuol dire che non stia succedendo nulla. Essere non-razzisti non è abbastanza, dobbiamo essere anti-razzisti. E questo richiede uno sforzo collettivo".  E non si scompone - anzi, rilancia - se qualcuno le fa notare che la sua è una posizione privilegiata, che nel 2019 ha guadagnato 37,4 milioni di dollari tra montepremi e contratti di sponsorizzazione e per Forbes è la sportiva più pagata al mondo. "Non sopporto quando mi dicono che gli sportivi non dovrebbero parlare di politica. Si tratta di diritti umani, no? Perché altri avrebbero diritto di parola e io no? Voglio semplicemente usare la libertà di cui godo per raccontare al mondo le storie di alcune persone che hanno pagato per la violenza altrui". Infine la dedica a Kobe Bryant, con i cuoricini gialli e viola dei Lakers: "Indossavo questa maglia tutti i giorni dopo le mie partite. Penso davvero che mi abbia dato forza".

 

Naomi Osaka
©Getty

 

Bentornata Vika

In questa edizione del tutto particolare, che ricorderemo per i silenzi spettrali dell'Arthur Ashe Stadium, la "bolla" anti-covid, la squalifica di Djokovic per una pallata a una giudice di linea, l'assenza di Federer e Nadal, la mascherina e il trionfo dell'Osaka - e di uno tra Thiem e Sascha Zverev nella finale maschile, in programma domenica sera - il tennis ha anche ritrovato una campionessa considerata finita, a 31 anni (!), una wonderwoman della racchetta che il suo vero major in fondo l'aveva già vinto nella semifinale, con quelle parole: "Diventare mamme non significa rinunciare ai propri sogni". La storia di Victoria Azarenka è un altro dei manifesti di questi Us Open, che ci riconsegnano una fuoriclasse assoluta, capace di arrivare in vetta alla classifica mondiale, vincere  21 tornei e due volte gli Australian Open. Poi la gravidanza, la battaglia legale per la custodia del figlio, la tentazione del ritiro. Eppure Vika non si è arresa. Non ha smesso di sognare. E questo vale come uno Slam.

Naomi Osaka e Victoria Azarenka
©Getty
US Open, la premiazione della finale femminile
©Getty
Naomi Osaka
©Getty