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Volley, febbre al termoscanner: Milano-Padova non si gioca

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Danilo Freri

Applicati nel volley per la prima volta i protocolli previsti dal Governo. La partita di Superlega tra Milano e Padova è stata rinviata dopo che alcuni membri dello staff della Powervolley sottoposte al termoscanner hanno registrato temperature anomale, attorno ai 37.5 gradi

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Le nuove disposizione stabilite dal DPCM per la tutela della salute e sicurezza anche di chi accede ad un luogo dove si fa sport hanno trovato la prima applicazione pratica. La partita di Superlega di pallavolo tra Powervolley Allianz Milano e Kioene Padova, decima giornata di ritorno, non è stata disputata perché i controlli effettuati con il test del termoscanner hanno evidenziato alcune persone con febbre superiore al limite consentito, cioè 37,5 gradi. Si tratta di 5 componenti della squadra milanese, tra giocatori e membri dello staff. Nessun nome è stato indicato per rispetto della privacy. Condizioni che evidentemente non potevano più consentire di contenere il rischio di diffusione di un eventuale virus tra tutti quelli autorizzati ad essere presenti al match all’Allianz Cloud di Milano. Nessun altro sintomo è stato verificato oltre alla febbre dal medico sociale della Powervolley, come tosse o problemi respiratori ad esempio. Insomma nessun collegamento diretto con un’ipotesi di coronavirus, ma ovviamente le nuove disposizioni sono chiare e in questi casi non si può giocare. La società milanese ha segnalato il tutto agli arbitri che non hanno potuto fare altro che annullare il match e  inserire il tutto nel referto. Padova è dunque tornata a casa, ma non senza qualche precisazione. Secondo il direttore sportivo Santuz, Padova è stata avvisata pochi minuti prima dell’inizio della gara, quando era già presente da tempo al palazzetto. Inoltre in mattinata si è svolto regolarmente un allenamento all’Allianz Cloud subito dopo la rifinitura dei milanesi sullo stesso campo. Era già noto che c’era qualcuno con febbre? Erano presenti? Secondo la Powervolley, in mattinata solo un giocatore aveva segnalato un malessere, niente di preoccupante, poi le febbri sono state verificate all’arrivo al palazzetto prima del match. Insomma non è stato nascosto nulla. Ma è un caso simbolico, perché è il primo e perché solleva interrogativi e preoccupazioni che anche in altri sport e altri eventi devono trovare una risposta. Le cinque persone con febbre saranno seguite e monitorate dallo staff medico milanese. Se non sono presenti altri sintomi, non sarà necessario fare tamponi per il coronavirus, secondo le disposizioni. Nelle scorse settimane qualche giocatore ha avuto malanni di stagione passeggeri, passati senza lasciare problemi. Non c’è allarme, dunque ma è il caso di riflettere su cosa vuol dire fare sport ai tempi del coronavirus. E anche come.