MotoGP, Suzuki: Iannone feeling cercasi

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Paolo Beltramo

Andrea Iannone, (Suzuki) ai test di Losail - Foto: Getty Images
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IL PUNTO. Procede gradualmente “l’apprendistato” di Iannone sulla nuova moto, dopo i test non incoraggianti di Losail e il tredicesimo tempo finale. Il pilota italiano sta adattando il suo stile di guida alla Suzuki, completamente diversa, per caratteristiche e automatismi, dalla sua vecchia Ducati.

Se sei Maverick Viñales e passi dalla Suzuki alla Yamaha, ti basta continuare a fare il “Top Gas” e sei a posto. Se invece sei Andrea Iannone e passi dalla Ducati alla Suzuki devi imparare a guidare come il dominatore della stagione invernale. Il motivo è chiaro, logico: Suzuki e Yamaha si assomigliano hanno un’impostazione di base simile (motore 4 cilindri in linea, pastosità, facilità di guida, grande guidabilità); la Ducati, invece, è totalmente diversa (4 cilindri a V, gran motore, grande frenata, ma minor maneggevolezza e facilità di curvare). Insomma se con la moto Italiana AI29 staccava forte, in modo aggressivo ed entrava in curva con il freno anteriore ancora pinzato, con la Suzuki si deve frenare un po’ prima, ma poi lasciar correre la moto senza frenare fino alla corda.

Facile dirlo, molto più difficile farlo, come per altro dimostrano le difficoltà inverse, ma altrettanto importanti di Jorge Lorenzo che ha lasciato la Yamaha per salire su una Ducati. Si tratta di trovare automatismi, rendere naturale un gesto che all’inizio è invece pensato, forzato. In più c’è l’aspetto dello sviluppo, della scelta del materiale, dei confronti tra vecchio e nuovo, della messa a punto, della comprensione delle reazioni della moto alle varie modifiche. E poi l’adattamento ad un team completamente nuovo e ad un metodo di lavoro diverso da quello Ducati.

Insomma considerando il tutto è accettabile che Iannone ancora a Losail abbia avuto qualche evidente difficoltà, che sia caduto un po’ troppo. Il 13° tempo a quasi un secondo dal suo predecessore sulla Suzuki lo dice chiaramente. Però è anche vero che proprio in extremis Andrea dice di aver capito qualcosa di fondamentale che lo ha lasciato col sorriso. Per verificarlo manca pochissimo. Gli auguriamo sia davvero così. 

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