Gigi Datome ospite a Sky: “Sogno una medaglia con la Nazionale”

Basket

Con Carlo Vanzini e Geri De Rosa in studio, il capitano della nazionale di basket Gigi Datome ha parlato della situazione coronavirus in Turchia, del futuro della Nazionale e del motivo per cui non ha voluto rimanere in NBA dopo due stagioni tra Detroit e Boston: "Io qui a Istanbul sto bene, ma non si può mai sapere cosa succederà"

CORONAVIRUS, GLI AGGIORNAMENTI IN DIRETTA

A #CasaSkySport è il turno di Gigi Datome, in collegamento dal suo appartamento di Istanbul dove sta affrontando — come tutti — l’emergenza coronavirus. “Ho instaurato una sorta di routine, con tante dirette su Instagram e tante telefonate con gli amici per sapere come vanno le cose in Italia” ha raccontato in collegamento con lo studio di Carlo Vanzini e Geri De Rosa. “Sto entrando in un mondo che mai avrei immaginato come quello del tabata e degli elastici: è un modo per passare il tempo, sfogare un po’ di energia e farsi trovare pronti per quando si ricomincerà, anche dal punto di vista mentale. Le giornate in un modo o nell’altro sono comunque piene, cerco di stare attivo, anche di studiare il turco: lo imparo perché dopo cinque anni sarebbe una vergogna non saperlo per niente. Sono al primo o al secondo livello: diciamo che se devo dire una cosa, riesco a farmi capire da uno che non sa l’inglese”. I discorsi sul presente e sul futuro, ovviamente, passano in secondo piano in questo momento in cui il mondo è alle prese con una pandemia: “Devo essere sincero: vista la situazione attuale non sto pensando troppo al pre-olimpico o alla stagione col Fenerbahce o ad altro. La prossima stagione sarà diversa per tutti, la crisi colpisce in maniera ‘democratica’: lo sport non sarà più uguale a prima. Bisogna rendersi conto che il campo dove avremmo dovuto disputarlo al momento è riempito di lettini per l’emergenza. Con questa emergenza è difficile fare pensieri che vadano al di là. Sono convinto che quando ci saranno le condizioni per giocare potremo fare qualcosa di bello con la nazionale. A novembre compirò 33 anni, non ne ho ancora 38: se starò bene fisicamente, ci sarò al pre-olimpico”. Quello di vincere qualcosa con la nazionale rimane comunque il sogno nel cassetto di Datome: “Il fuoco è sempre acceso, è quello che mi permette di rimanere sempre ambizioso. Mi manca vincere una medaglia con la Nazionale, ci proviamo da tante estati e vogliamo provarci ogni anno, perché può sempre arrivare il momento giusto in cui tutto si allinea per 10 giorni e si arriva fino in fondo. Poi l’importante è che ci provino anche gli altri dopo di noi".

Sul ruolo di sindacalista dei giocatori di Eurolega

“Stiamo parlando anche con l’Eurolega per capire se si può ricominciare a giocare, siamo un loro interlocutore e mi piace sapere cosa succede nel mio mondo, perciò il telefono è sempre attivo. Ci vorrebbe buonsenso da parte di tutti per fare il bene comune: ora ci sono delle emergenze che noi giocatori non possiamo neanche immaginare, ma ciascuno deve pensare al suo mondo e a come portarlo avanti”

 

Perché non sei rimasto in NBA?

“C’era la possibilità di rimanere, perciò non è stata la NBA a decidere per me. La possibilità di venire al Fenerbahce con un allenatore Obradovic e un progetto vincente era allettante, mi fa sentire bene e mi trovo bene qui in Turchia con Gherardini, i compagni e la tifoseria. Era difficile non rimanere perché qui sono contento”

 

La stagione 2012-13 a Roma

“Ho un ricordo bellissimo, eravamo partiti per salvarci e siamo arrivati in finale scudetto. Erano tanti anni che Roma non viveva una stagione del genere, con tanto di invasioni di campo ai playoff. Aspettavano da tanto, il ricordo più bello è proprio la felicità dei tifosi oltre ai rapporti con compagni e staff tecnico”

 

Che allenatore è Obradovic

“Abbiamo un rapporto molti intenso, in questi cinque anni abbiamo vissuto momenti belli e difficili. È stato lui a scegliermi per questo progetto e a confermarmi anno dopo anno, c’è stima e affetto tra di noi e sono orgoglioso di un avere un rapporto con lui. È bello avere uno che ti indica la squadra con la sua leadership. La squadra per lui è sempre la cosa più importante e non accetta niente di diverso da questo: è molto onesto in quello che fa e quello che pensa”