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Europei 1988, la storia dell'8^ edizione vinta dall’Olanda

Europei

Fabrizio Moretto

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Il genio di Van Basten è il filo 'arancione' degli Europei del 1988, gli ultimi prima che la geografia continentale cambi per sempre. Paese ospitante è la Germania Ovest prossima a riunirsi con la Germania Est, a condannare l'Italia è invece l'ultima versione calcistica dell'Unione Sovietica

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Una rete da copertina. Una di quelle che sfugge i limiti del tempo e finisce nella storia. Come la magia al volo di Van Basten a Euro 1988: una volée così unica – visto anche il contesto di una finale – e poetica da meritare una sorta di copyright, perché a tutti è capitato di desiderare di imitarla ma nessuno in fondo ci è mai riuscito. È ancora lì, a simboleggiare un trionfo tanto agognato dopo che la rivoluzionaria Arancia Meccanica di Cruyff e compagni si era fermata per due volte a un tanto così dal titolo Mondiale e che rappresentò anche la fine calcistica dell’Unione Sovietica che, tre anni dopo, si sarebbe definitivamente sciolta. A fare da teatro ospitante alla competizione (con Francia e Jugoslavia tra le escluse di lusso dopo il flop alle qualificazioni) fu la Germania Ovest, Paese che al contrario dopo quest’edizione si sarebbe riunificato, mettendo fine col crollo del muro alla guerra fredda: i tedeschi inaugurarono l’Europeo con un pareggio contro l’Italia, col botta e risposta tra Mancini e Brehme e con quest’ultimo che sarebbe approdato in Serie A proprio in quell’estate insieme al connazionale Matthaus.

Euro '88

Italia agli Europei 1988: l’ultimo scherzo sovietico

Una nazionale giovane e frizzante fu la scommessa di Azeglio Vicini, erede di Bearzot dopo la delusione a Messico ‘86 ed ex guida tecnica dell’U-21 vice campione d’Europa. Tanti di quei giovani, tra cui Zenga, Donadoni e Giannini, furono portati in Germania per iniziare un nuovo ciclo che li avrebbe portati a essere protagonisti anche nel successivo Mondiale da padroni di casa. E mentre l’Italia restava ammaliata dal genio di Maradona, i poster per i talenti di casa nostra erano dedicati a Vialli e Mancini, i gemelli del gol. Roberto segnò la prima rete assoluta della competizione, Gianluca regolò la Spagna per 1-0 nella partita seguente. Il 2-0 contro la Danimarca decretò il secondo posto nel girone, dietro alla Germania, e il passaggio in semifinale contro l’Urss. La gioventù azzurra, tanta delizia nella fase a gironi, si rivelò una croce contro i sovietici. L’inesperienza fu pagata cara e la coppia Lytovcenko-Protasov spense i sogni e le speranze degli italiani.

27 Jun 1984:  Michel Platini of France with coach Michel Hidalgo after victory in the European Championship Final against Spain at Parc des Princes in Paris. France won the match 2-0. \ Mandatory Credit: David Cannon /Allsport

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La disfatta di Sua Maestà

Ben più intricato fu l’altro raggruppamento, caratterizzato dalla figuraccia dell’Inghilterra che riuscì nella nefasta impresa di chiudere a zero punti. Cattivi presagi si materializzarono fin dall’inizio quando, in una gara dalle mille tensioni contro l’Irlanda – in un periodo di forte contrapposizione tra le forze indipendentiste irlandesi e il governo di Margaret Thatcher -, subì una clamorosa sconfitta firmata da Houghton. Beffa resa ancora più amara dalla presenza sulla panchina green di Jackie Charlton, campione del mondo nel 1966 e fratello del più noto Bobby, impresa che insieme ai risultati successivi conseguiti nel corso degli anni gli valse persino la cittadinanza onoraria. Sull’altro campo anche l’Olanda di Rinus Michels – artefice del ‘calcio totale’ -, trascinata da campioni come Gullit e Rijkaard e da altri come Van Breukelen, Koeman, Van Aerle e Vanenburg (freschi vincitori della Coppa Campioni col Psv Eindhoven), partì col piede storto e con la grana Van Basten che, nonostante una stagione da campione d’Italia col Milan ma costellata da infortuni, non accettò di buon grado la panchina nella prima giornata contro l’Urss, gara terminata con una sconfitta. La voglia era quella di abbandonare tutto ma nella successiva partita contro gli inglesi fu schierato titolare e una sua tripletta indirizzò il passaggio del turno a favore degli Oranje. Per suggellarla servì un’ultima vittoria contro l’Irlanda (nel frattempo in grado di raccogliere anche un pari contro l’Unione Sovietica), un 1-0 deciso da un colpo di testa pregno di effetto di Kieft (altro ex Serie A con Pisa e Torino). Era fatta e insieme ai sovietici approdarono in semifinale.

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La rivincita del ‘74 all’insegna del glamour

Con maglie destinate a far tendenza, il 21 giugno 1988 ad Amburgo fu l’occasione per gli olandesi di prendersi la rivincita contro la Germania a 14 anni di distanza dalla finale Mondiale. Il filo in comune era rappresentato proprio da Michels, Ct anche di quella Olanda, che sfidava ora in panchina Beckenbauer, al tempo invece capitano dei tedeschi. Un rigore per parte tenne l’incontro in equilibrio fino all’88’, momento in cui il destro in diagonale di Van Basten spezzò definitivamente l’equilibrio e regalò la finale ai Tulipani. Un successo tale da essere festeggiato in patria senza freni, al punto da riunire per le strade dei Paesi Bassi il più alto numero di persone dai tempi del secondo dopoguerra.

20.06.76 CSSR - Deutschland Jugoslawien, Belgrad, 20.06.1976, Fussball, UEFA EM 1976 in Jugoslawien, Finale, CSSR - DFB Deutschland (5:3 i.E.): v.l. Ivo Viktor, Antonin Panenka (beide CSSR) mit dem EM Pokal. *** 20 06 76 CSSR Germany Yugoslavia, Belgrade, 20 06 1976, Football, UEFA Euro 1976 in Yugoslavia, Final, CSSR DFB Germany 5 3 i E v l Ivo Viktor, Antonin Panenka both CSSR with the Euro Cup

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Olanda-Germania 1988

Il genio Van Basten e la gioia di un popolo (fuori controllo)

L’Urss era stato il primo ostacolo sul cammino europeo e fu anche l’ultimo, nella finale dell’Olympiastadion di Monaco di Baviera. Questa volta, però, l’esito fu diverso. Il milanista Gullit, con un colpo di testa, sbloccò la sfida, poi nel secondo tempo arrivò il momento clou: cross dalla sinistra e destro al volo incrociato di Van Basten. Tutti in piedi ad applaudire il cigno di Utrecht, 2-0 (compreso un rigore parato all’ex Pallone d’Oro Belanov) e maledizione spezzata per l’Olanda campione d’Europa. Fu anche una delle ultime immagini dell’Unione Sovietica a livello calcistico, già alle prese sul fronte interno con la Perestrojka e la Glasnost di Gorbaciov. Sarebbe crollata pochi anni dopo, così come non ressero – ma per motivi di gioia - le case battello di Amsterdam, affondate dal peso delle persone che vi ballavano sopra. Un milione di persone affollarono la capitale olandese quando la Nazionale sfilò con la coppa su una grande barca al ritorno dalla Germania. Una felicità senza precedenti.

Tifosi dell'Olanda 1988