Roberto Carlos ricorda: "Nel mio Real Madrid fiumi di vino e birra"

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(Getty)

L'ex terzino brasiliano del Real racconta gli eccessi del gruppo blancos agli inizi degli anni 2000: "Del Bosque fissava gli allenamenti al pomeriggio il lunedì e il martedì, sapeva che al mattino quasi nessuno sarebbe stato pronto. Camacho ci disse di essere al campo alle 7: durò 10 giorni. Il nostro prepartita? Birra e vino in stanza"

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"L’atmosfera negli spogliatoi, l’atmosfera nell’hotel. C’era un grande clima tra di noi. Mi manca". A Madrid con la maglia del Real Roberto Carlos ha trascorso 11 stagioni, giocando 527 partite e vincendo 13 trofei, tra cui 3 Champions League. In quegli anni è stato anche inserito da Pelé nella lista dei 125 migliori calciatori viventi. Ora l'ex difensore brasiliano ricorda i tempi del Bernabeu in un'intervista concessa all'ex portiere della nazionale portoghese Vitor Baia e trasmessa da Canal 11.

"Con Del Bosque allenamenti al pomeriggio perché nessuno era pronto alle 11"

L'ex difensore brasiliano ha ricordato il clima che si respirava in quegli anni a Madrid, in particolare nel corso della gestione tecnica affidata a Vicente Del Bosque, tra il 1999 e il 2003. Senza risparmiare aneddoti: "Era più di un amico. Con lui non c’era bisogno di regole: ogni giocatore sapeva cosa doveva fare. Ci ha capito perfettamente. Gli allenamenti del lunedì e talvolta del martedì erano alle 17. Non li ha mai fissati alle 11 perché sapeva che quasi nessuno sarebbe arrivato a quell’ora". Ricordi di anni ricchi di avventure: "Oggi mi chiedo: come è possibile che abbiamo fatto così tante sciocchezze? Ad ogni partita finita eravamo tutti su un aereo privato. Eravamo nel terminal di Barajas. Beckham stava andando non so dove, Figo e Zidane, Ronaldo e io lo stesso. E pensare che dovevamo allenarci due giorni dopo. Ho pregato che le partite fossero il sabato per poter andare a vedere la Formula 1 la domenica. C’erano voli privati ​​dappertutto. Una follia".

"Camacho è durato tre mesi: non ci ha capito"

Chi invece rimase sulla panchina del Real per soli tre mesi, nell'estate 2004, fu José Antonio Camacho. Roberto Carlos ricorda anche perché: "Avevamo un buon rapporto con tutti tranne che con Camacho. Venne negli spogliatoi, salutò tutti in modo molto serio. Ho capito subito cosa stava per dire". E così fu: "Voglio tutti presenti domani alle 7 del mattino" il suo diktat. “Normalmente – ricorda Roberto Carlos – ci allenavamo alle 10.30. Abbiamo parlato con lui per provare a cambiare l’orario, avevamo i nostri costumi. Ma lui non ne ha voluto sapere”.  Un ricordo su tutti: "Seconda partita di campionato: avevamo l’abitudine di concentrarci lasciando i bagagli nella stanza e, prima di cena, bevendo la nostra birra e il nostro vino. Sul tavolo c’erano sempre due bottiglie di vino. Camacho entra in stanza. Ronaldo e io gli spieghiamo che abbiamo le nostre abitudini, di cercare di non cambiarle. E lui cosa fa? Toglie prima le birre e poi le bottiglie di vino. È durato tre mesi. Il mondo del calcio è piccolo". Tempi molto diversi da quelli dell'arrivo di Roberto Carlos ("Mi chiamo così perché mio padre era un fan del cantante" spiega) a Madrid dall'Inter, nell'estate 1996. "Sono arrivato nel periodo in cui il presidente era Lorenzo Sanz – ricorda - è stato terribile, non c’erano i soldi per pagare i giocatori. Poi arrivò Florentino e riorganizzò il club. Ha pagato tutti gli arretrati. Ha comprato tutti i Galacticos: Figo, Beckham, Ronaldo, Zidane. Che tempi".

"Ho dormito più volte con Ronaldo che con mia moglie"

Proprio il rapporto con il connazionale Ronaldo è uno dei più solidi lasciati in eredità a Roberto Carlos dal mondo del calcio. "L’ho incontrato nel 1993 – spiega l'ex difensore - da quell’anno mi sono sempre trovato nella stessa stanza con lui. Ho dormito più volte con Ronaldo che con mia moglie". Scherza, ma torna serio quando si tratta di commentare il dualismo tra Messi e Cristiano Ronaldo: "Sono due riferimenti assoluti, come Eusebio, Maradona, Zidane. Ho un grande amore per Cristiano, nessuno voleva che lasciasse Madrid. Pensavo fosse pazzo quando ha detto che se ne sarebbe andato. Era tutto a Madrid, lì ha vinto tutto".