L'esterno peruviano è arrivato al Mondiale dopo una stagione deludente al Watford, ma nell'esordio contro la Danimarca ha giocato una gran partita, rivelandosi come uno dei migliori giocatori della sua Nazionale
In passato, i Mondiali di calcio assolvevano principalmente due funzioni, entrambe particolarmente gradite agli addetti ai lavori: da una parte, le Nazionali mettevano in mostra le maggiori novità tattiche, effettuando una sintesi di ciò che i club, nei rispettivi campionati, elaboravano in campo nel quadriennio precedente; dall’altra facevano da vetrina per calciatori altrimenti sconosciuti, che si proponevano all’attenzione del grande pubblico.
La prima funzione è venuta meno nel momento in cui i tecnici hanno potuto muoversi più facilmente da un paese all’altro, portando con sé le proprie idee, mescolandole con quelle degli altri per crearne di nuove. I club hanno sottratto alle Nazionali il ruolo di laboratori, anche perché oggi, grazie alle dirette televisive, è più semplice seguire l’evoluzione della tattica, in un arco temporale molto inferiore alla cadenza quadriennale imposta dalla Coppa del Mondo.
La seconda funzione, nonostante gli investimenti in scouting e in tecnologia, è ancora piuttosto viva: l’atmosfera di un Mondiale riesce sempre a tirar fuori da ciascun protagonista quel qualcosa in più.
Nelle prime partite di questo Mondiale uno dei giocatori che più hanno rubato l’occhio è stato André Carrillo, l’ala peruviana che ha provato a caricare sulle sue spalle la "Blanquirroja" nell’esordio sfortunato contro la Danimarca, anche per via della scelta di Gareca di tenere inizialmente in panchina la stella Guerrero. Carrillo non è riuscito a evitare una sconfitta al Perù ma la sua gran partita ha riportato l’attenzione su un giocatore che, se guardiamo alla sua carriera, possiamo pensare sia stato messo da parte troppo presto.
In effetti Carrillo non è un calciatore di primo pelo, è un classe 1991 con alle spalle una lunga esperienza europea iniziata quando era appena ventenne e fu acquistato dallo Sporting Lisbona (dall’Alianza di Lima). Già allora era utilizzato da attaccante esterno a destra, nel 4-3-3, e nella sua miglior stagione (quella 2014-15) ha segnato 7 gol e servito 18 assist.
Con l’avvicinarsi della scadenza del suo contratto quinquennale, però, sono iniziati i suoi problemi: nel settembre 2015 Carrillo si è rifiutato di firmare la proposta di rinnovo dello Sporting e per tutta risposta il presidente Bruno de Carvalho lo ha messo fuori squadra. Da metà settembre a giugno 2016, Carrillo non ha giocato più neanche un minuto. Dal primo luglio è diventato un giocatore dell’odiatissimo Benfica.
In quel periodo qualcosa in Carrillo si è rotto, al Benfica non è riuscito a imporsi in prima squadra (3 presenze da titolare, 17 da subentrante) e ha faticato nel 4-4-2 di Rui Vitoria dove giocava più lontano dalla porta.
Così, Carrillo ha accettato la proposta di prestito al Watford, dove ha ritrovato una sua vecchia conoscenza: Marco Silva, allenatore dello Sporting Lisbona nella meravigliosa stagione 2014-15. La magia però è durata solo pochi mesi e Silva è stato esonerato a gennaio, da lì in avanti le prestazioni di Carrillo sono andate in sofferenza e il peruviano è sparito lentamente.
L’esordio mondiale
Contro la Danimarca, Carrillo ha saltato l’avversario in dribbling 3 volte su 5 (solo Pione Sisto ha fatto di meglio tra i giocatori in campo), e ha messo un compagno in condizione di tirare verso la rete 4 volte. In una occasione si è messo in proprio quando, rientrando sul sinistro, ha impegnato Schmeichel in una respinta bassa.
Carrillo ha svariato su tutto il fronte d’attacco, come testimonia anche la posizione accentrata nel grafico che registra la media dei suoi tocchi palla. Ha cercato di confondere le idee alla retroguardia danese ma con grande istinto associativo, andando ad appoggiare l’azione di entrambi i terzini per creare superiorità numerica sul lato forte.
Predilige comunque l’isolamento a destra, il lato dove può sfruttare le sue capacità tecniche nell’uno contro uno e il suo piede forte, quando poi riesce a liberarsi al cross. E con Stryger Larsen ha combattuto una battaglia anche sul piano fisico, reggendo il confronto più che bene.
Carrillo gioca quasi solo col piede destro, nel quale però ha una buona sensibilità in ogni sua parte, anticipando anche la giocata con l’esterno piede, restando sempre concentrato e in equilibrio quando si è trattato di gestire palle sporche, rimbalzanti o servite con imprecisione da un compagno.
Come si capisce dalla posizione media di Carrillo contro la Danimarca, non parliamo solo di un’ala muscolare che resta novanta minuti sulla linea laterale.
C’è un’azione che descrive bene l’intera partita di Carrillo: quella sviluppata intorno all’undicesimo minuto. L’azione si sviluppa a sinistra e Carrillo la segue al centro, riceve la sponda di Jefferson Farfan con la difesa danese chiusa. Finta il dribbling, accelera il passo e poi lo rallenta coprendo il pallone con la gamba sinistra, lo fa solo per scrollarsi di dosso la marcatura di Delaney. Una volta ripreso il controllo del corpo e della palla, con l’avversario ormai a una distanza gestibile, Carrillo rallenta per attendere l’arrivo di Advincula sulla fascia destra. Scambia con il terzino e con un tacco di destro e una repentina torsione sul posto, si sbarazza di nuovo di Delaney, poi accelera e cerca la giocata a due con Cueva. L’azione termina solo per l’impazienza e l’imprecisione del suo compagno nel gestire il passaggio di ritorno verso Carrillo.
Un esempio della partita di Carrillo, in cui non si è limitato solo alla fase offensiva. Carrillo ha assorbito con efficacia i tagli in sovrapposizione interna di Delaney, quando Advincula era attirato fuori dalla posizione larga di Stryger Larsen, ha letto spesso le intenzioni del portatore di palla avversario muovendosi in anticipo e finendo per recuperare 9 palloni in ogni zona del campo (rappresentati dalle croci in verde nel grafico di Stats Zone poco sopra).
Sul futuro di André Carrillo si sa solo che ritornerà al Benfica.
Le sue prestazioni scadenti in Premier League hanno convinto il Watford a non esercitare il diritto di riscatto. Il suo mentore, Silva, ora siede sulla panchina dell’Everton e chissà che i due non possano di nuovo ritrovarsi.
Ma siamo proprio sicuri che un’ala così tecnica e veloce, forte fisicamente, umorale sì ma devastante sul cambio di passo, non possa tornare utile a nessuna squadra italiana?