Manchester City, Walker viola ancora il lockdown: "Non mi perseguitate"

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Il terzino del Manchester City ci è ricascato: dopo il festino di un mese fa, ha violato la quarantena altre tre volte in sole 24 ore. Ma il giocatore si difende: "Ho attraversato momenti duri, non mi perseguitate e lasciate stare la mia famiglia"

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Errare è umano, perseverare è diabolico. Lo sa bene Kyle Walker che, dopo essere stato beccato lo scorso mese ad organizzare un festino in piena quarantena, è stato 'pizzicato' a violare ancora il lockdown altre tre volte nel giro di 24 ore. Secondo quanto riportato - con tanto di foto - dal Sun, il giocatore del Manchester City avrebbe lasciato la sua abitazione a Prestbury per recarsi a Rotherham, distante 43 miglia, a festeggiare il compleanno della sorella. 4 ore passate insieme e da lì un altro spostamento, verso casa dei genitori, nella quale sarebbe rimasto circa una mezz'ora. Il giorno seguente, infine, è andato in bici ad Hale, dove possiede un'altra abitazione che affitta, in compagnia di un amico. Un lungo tragitto, ripercorso dal tabloid inglese, che potrebbe mettere ancora più nei guai il terzino perché Oltremanica sono ancora vigenti rigide restrizioni in seguito all'emergenza coronavirus.

"Ho attraversato uno dei periodi più difficili, non perseguitatemi"

In occasione del festino organizzato in casa, Walker si era scusato e aveva ricevuto una pesante multa dal Manchester City. Questa volta, però, il giocatore dei Citizens ha voluto difendersi. "Mi sento come se fossi rimasto in silenzio troppo a lungo - ha scritto sui social -. Alla luce del recente articolo, mi sento di non avere altra scelta se non affrontare la questione pubblicamente. Di recente ho attraversato uno dei periodi più difficili della mia vita, di cui mi assumo la piena responsabilità. Tuttavia, ora mi sento come se fossi molestato. Questo non riguarda più solo me, ma influenza anche la salute della mia famiglia e dei miei figli piccoli. In relazione agli eventi di mercoledì, ho viaggiato a Sheffield per consegnare a mia sorella un biglietto d'auguri e un regalo, ma anche per parlare con una delle poche persone di cui credo di potermi fidare. Mi ha abbracciato per ricordarmi quanto sono importante per lei e quanto io sia amato. Che cosa dovevo fare: respingerla? Ho quindi viaggiato a casa dei miei genitori per prendere dei pasti cucinati in casa. Sono stati due mesi estremamente difficili anche per loro, perché tutto quello che ho passato lo hanno vissuto con me. Che cosa hanno fatto i miei genitori e mia sorella per meritare che la loro privacy venisse invasa dai fotografi che mi seguivano nelle loro case? Mi sento come se fossi costantemente seguito. Non mi sento nemmeno al sicuro nei confini della mia casa. Perché meritano di sentirsi così anche loro?

Sono in una posizione privilegiata come atleta professionista e posso assicurarvi che non lo dò per scontato. Ma a che punto vengono presi in considerazione i miei sentimenti? La mia famiglia è stata fatta a pezzi e tutto questo è stato trascinato sulla stampa. Mi chiedo: quando ne avrete abbastanza? In un momento in cui l'attenzione è comprensibilmente concentrata sul Covid-19, a che punto viene presa in considerazione la salute mentale, una malattia che colpisce ognuno in modo diverso? Sono un essere umano, con sentimenti di dolore e turbamento come tutti gli altri. Essere sotto gli occhi dei riflettori come atleta professionista non ti rende immune a questo. È triste, ma sento come se la mia vita venisse esaminata senza contestualizzarla. Capisco se le persone sono arrabbiate con me, ma era importante che comprendessero meglio la mia vita. Grazie per il tempo che avete speso ad ascoltare le mie sensazioni".