Man City-Liverpool: sei più mancunian o scouser? Scopri per chi tiferai domenica
Due città, due inviati, due squadre e un solo punto a dividerle in classifica. Vicinissime geograficamente (divise da soli 50 km), ma lontanissime idealmente. Un percorso nella cultura popolare, musicale, sportiva per capire ancora meglio che - prima ancora delle due formazioni e dei loro allenatori migliori del pianeta - si affrontano anime all’opposto (diretta domenica dalle 17 su Sky Sport Uno).
di Filippo Benincampi e Gianluigi Bagnulo, inviati rispettivamente a Manchester e a Liverpool
- Delle tante bandiere che i tifosi del Manchester City portano in giro per l’Europa ce n’è una a cui sono particolarmente affezionati. “The biggest small team in the world” è la combinazione perfetta tra il sarcasmo britannico con forte impronta autoironica e un luogo comune difficile da sradicare. Negli ultimi 10 anni non c’è dubbio che il Man City abbia prima trasformato la città da rossa in blu e poi dominato la Premier League.
- Ma 5 campionati vinti, svariate coppe nazionali e record di ogni tipo, non bastano a cancellare agli occhi del paese quello che il Manchester City è stato prima. Maine Road, le strade malfamate del Moss Side, e un inquietante saliscendi tra la Prima e la Seconda Divisione. In attesa di conquistare l’acclamato status di grande club, ai tifosi non resta che scherzarci su.
- Nel loro vocabolario, alla parola tradizione trovi Liverpool Football Club, senza discussione. Basterebbe guardare quella scritta che conduce al terreno di gioco di Anfield, accarezzata dalle mani di chi ha utilizzato i piedi meglio di tutti, ovvero tutti i giocatori più forti del mondo che sono rimasti affascinati da quelle tre parole: THIS IS ANFIELD. Te la sbattono in faccia subito la loro realtà, qui sei in un posto diverso, qui sei nel museo del calcio. Dove dentro il rumore è inimitabile e fuori fanno chiasso i ricordi, le leggende del passato.
- Le statue di Bob Paisley e Bill Shankly, la tribuna dedicata a Sir Kenny Dalglish, le panchine che portano nomi e presenze di chi ha fatto la storia del club. Il canto laico più famoso del mondo, You’ll Never Walk Alone, è loro. La curva più famosa del mondo, la Kop, è loro. Nella testa di chi vive per quella squadra che indossa il colore della passione, il calcio in generale, è loro. E non provate a fargli cambiare idea. Vi risponderanno: siamo il Liverpool Football Club, dal 1892.
- Il calcio è importante, essere Mancunians di più. Nessuna definizione è più fedele di quella di Tony Wilson, leggendario produttore discografico e fondatore della Factory Records: “Questa è Manchester, qui facciamo le cose diversamente. Che sia il suono della batteria nel cuore della città o la passione in una partita di calcio”.
- Rimboccarsi le maniche è nel DNA di una città storicamente abbandonata al suo degrado. Camminando per il Northern Quarter, la zona di maggiore sfogo artistico della città, si ammira la vera essenza del Mancunianesimo: l’inclusione. Dagli anni 80 i locali accolgono persone di ogni tipo: neri, gay, studenti di design, ragazzi della working class. Il fermento culturale di Manchester nasce e resta sulla strada.
- L’epitome dell’ingegno machiavellico dei Mancuniani è la progettazione del Manchester Ship Canal, la mossa con cui Manchester sottrae il monopolio del commercio a Liverpool.
- L’orgoglio lo capisci dall’accento sotto i baffi. Gli Scousers lo marcano come fosse un passaporto vocale, per far sentire la differenza con gli altri, fregandosene degli sfottò del resto d’Inghilterra, perché tanto difficilmente vivono bene senza il Liver Bird (le cui ali sono dipinte al Baltic Triangle) a sovrastare le loro teste.
- Quell’uccello mitico, mezzo cormorano metà aquila che sovrasta e rappresenta Liverpool, è uno scudo di protezione di un popolo che si esalta nella trasformazione dei suoi difetti in pregi. Il florido porto commerciale dell’800 ha reso Liverpool – prima della costruzione del famoso Manchester Ship Canal – assolutamente dominante in zona. Oggi gli scousers sono figli di quella mentalità, fieramente convinti di essere unici, convintamente opposti a tutti gli stereotipi che si portano dietro.
- Il primo dice che se una persona non di Liverpool incontra uno Scouser, come prima cosa gli dirà “calm down”. Loro rovesciano il concetto, raccontando di essere riconoscibili ovunque, perché si vestono meglio, perché sono generosi, perché sanno divertirsi come nessuno. Perché hanno senso d’appartenenza. Se vuoi parlare di calcio con uno scouser c’è solo una domanda da fargli: “Red or Blue?”. Le altre squadre d’Inghilterra non esistono. Manchester figuriamoci.
- L’unica città che poteva non soccombere all’incontrollabile successo dei Beatles non poteva che essere Manchester. I due concerti dei Sex Pistols nel 1976 alla Free Trade Hall rappresentano il punto di rottura in tutta la scena musicale inglese. Inizia una rivoluzione dal basso (in pieno stile mancunian) senza precedenti. Dal punk al post-punk, dalla dance alla musica rave.
- Una rivoluzione che abbraccia non solo la musica ma aspetti della vita di tutti i giorni: nasce un nuovo modo di vestire, modi di essere differenti rispetto al passato. Buzzcocks, Joy Division, A Certain Ratio. Più tardi Stone Roses, The Smiths e Happy Mondays.
- Usano le parole per descrivere gli affanni del quotidiano. Evolvono alla velocità della luce. Sono seminali. Gli Oasis devono tutto il successo ai loro padri. L’Hacienda di Tony Wilson è il luogo sacro che accoglie i credenti della scena musicale più caotica di tutti i tempi. Si chiama MAD-chester, non per caso.
- Dai Docks a Lime Street, c’è ancora l’eco del gruppo più famoso di sempre. A livello di scena musicale, Liverpool è la Seattle inglese, anche se per entrare nella storia della musica sarebbero bastati esclusivamente loro, i Fab Four, quei quattro ragazzi che hanno trasformato la geografia di Liverpool.
- Oggi la loro statua a Pier Head è tappa fissa dei turisti, così come l’emozionante Cavern Club a Mathew Street, dove nacque il mito. C’è chi ancora oggi va a Liverpool solo per fare il Beatles Tour, che ti porta fino a Penny Lane, dove John Lennon e Paul McCartney si incontravano per prendere l’autobus.
- Ma Liverpool ribolle di creatività ancora oggi: da Gerry & The Pacemakers (gli autori di YNWA) ai Frankie Goes To Hollywood, dagli Eco and The Bunnyman fino ai The Christians, la città ha sempre suonato a modo suo. Sound of Liverpool.
- Se Pep Guardiola ha scelto di restare a Manchester più di quanto sia stato a Barcellona o Monaco, un motivo ci sarà. “Non avrei mai immaginato di stare qui così tanto” – ha detto una volta. Sicuramente il primo impatto a Manchester è di quelli che restano. Emarginati, lunatici, never-do-wells in giro per le strade ti fanno chiedere perché diavolo sei finito lì.
- Ma c’è qualcosa di diverso, qualcosa che intriga. Qualcuno dirà i soldi, va bene. Ma quelli non fanno la felicità e difficilmente si legano al concetto di amore, costantemente espresso da Pep quando parla del Manchester City e della sua vita a Manchester.
- C’è poi un giorno che ha legato indissolubilmente Guardiola alla città: 22 maggio 2017. La Manchester Arena viene attaccata dai terroristi durante il concerto di Ariana Grande. La figlia di Pep è lì. Si salva ma resta la ferita. Enorme, mai rimarginata. Si trova in tutti i murales della città. I LOVE MCR, I love Manchester Arena. Perché a Manchester, l’amore è la risposta. Come a Liverpool, l’unica cosa che hanno in comune.
- “Jurgen Klopp is the new king of the Kop” cantavano al suo arrivo i tifosi dei Reds, incredibilmente consapevoli di come quell’allenatore avrebbe cambiato le loro vite. Il suo volto oggi è dipinto ovunque in città, dal famoso murale a Jordan Street in cui batte la mano sul petto al colorato sorriso disegnato di fianco alle ali del Liver Bird pochi metri più in là al Baltic Triangle.
- Per non parlare della Jurgens Bierhaus, la birreria a lui dedicata. I tifosi del Liverpool lo amano follemente all’inizio, dal 2015, quando poco dopo il suo arrivo tirò fuori dai denti la frase che avrebbe cambiato il modo di ragionare: “we have to change from doubters to believers”.
- Non dobbiamo dubitare, ma sognare. Un motto che è diventato poster, mantra, scritta che ritorna, anche sulle maglie che vengono polverizzate in città, raffiguranti la sua inconfondibile sagoma: cappello e occhiali. La sua esultanza in cui carica il pugno sotto la curva è diventata un must, il momento più atteso dopo le vittorie.
- Klopp fin qui ha portato in città 5 titoli, tra cui una Champions storica e un campionato leggendario che per questa gente vale molto di più, visto che mancava da 30 anni. Il suo 4-3-3 verticale, aggressivo, spettacolare, esaltante è valso oltre 200 vittorie. Quando mise piede in città si presentò come “Normal One”, poi di normale non c’è stato più nulla. Jurgen Klopp è storia in movimento nella storia Reds.
- La stella più luminosa della galassia Citizen è un acronimo: KDB: All’anagrafe si chiama Kevin De Bruyne, e apparentemente è un ragazzo timido. Così ha rivelato al Player’s Tribune in una profonda intervista in cui rivela le prese in giro che riceveva al Genk per l’accento e il colore dei capelli. Il campo ha ribaltato le prospettive, come spesso succede. De Bruyne è la definizione di “Big-game-player”. 5 gol al Chelsea (qualcuno si morde ancora le mani), 5 all’Arsenal, 3 a Man Utd e Tottenham, “solo” 2 al Liverpool.
- La timidezza invece non è mai stata un problema per Phil Foden. D’altronde se nasci a Stockport, provincia di Manchester e un supermercato come principale luogo d’attrazione, non hai grandi chance. A meno che i piedi non abbiano un talento cristallino. Tifoso del Man City dai primi giorni d’età, nell’Academy grazie alla scuola. Faceva la mascotte a calciatori che oggi gli chiedono l’autografo.
- Tutto ciò che a Liverpool è storia diventa parte della città, così poche settimane fa a pochi passi da Anfield lo street artist John Culshaw ha dipinto un meraviglioso murale di Momo Salah. Nei giorni in cui l’egiziano sta definendo il rinnovo che potrebbe fargli chiudere la carriera al Liverpool, gli viene reso l’omaggio che merita. 153 gol con i Reds, partendo largo a destra in quel tridente che ha fatto scuola.
- Ora dovrà provare a dimenticare la delusione del mancato mondiale col suo Egitto, magari segnando a quella squadra che ha già punito 7 volte di cui l’ultima, memorabile, nella partita d’andata.
- Se lui è la stella, sulla sua stessa fascia c’è il local hero, il classico eroe costruito in casa all’inglese: Alexander Arnold, che da queste parti chiamano semplicemente Trent. Anche lui rappresentato in un murale che cita una sua frase dopo la vittoria della Champions League: “i’m just a normal lad from Liverpool whose dream has just come true”, un normale ragazzo di Liverpool che ha realizzato il suo sogno.
- Il miglior terzino destro del mondo, che nei giorni liberi si diverte in una rubrica insieme al gemello di fascia opposta Robertson, entrò nel club a 6 anni. Oggi che il doppio 6 dietro la schiena è diventato marchio riconoscibile, tutto il mondo sogna un terzino così. Lui, invece, sognava solo di giocare a calcio nella sua squadra dell’anima.