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I cinesi siamo noi: il primo "no" arrivò da Icardi

Serie A

Alfredo Corallo

Il proprietario dell'Inter Zhang Jindong tra il capitano Mauro Icardi e l'allenatore Stefano Pioli (foto da Instagram)

Dopo il "rifiuto" del capitano interista all'offerta del Tianjin Quanjian di Fabio Cannavaro è arrivato anche quello di Kalinic, che ha scelto di rimanere a Firenze e, dunque, in serie A, che torna decisamente di moda. E la battuta di Antonio Cassano è da commedia all'italiana: "E che ci vado a fare là?"

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"Steven, figlio mio, stanotte ho avuto un terribile incubo: i cinesi venivano a Milano e ci portavano via Icardi. I cinesi, capisci?!". "Daddy, rilassati. Il Mauro l'è un bravo fioeu. E poi guarda che i cinesi siamo noi, sveglia...". Sono trascorsi pochi giorni dalla "grande paura" di perdere il loro campione - abbiamo provato a immaginare il risveglio di Mr Zhang e del rampollo di casa Suning in versione "bauscia" - e il "no" dell'accoppiata Wanda-Maurito al Tianjin Quanjian di Fabio Cannavaro sembra avere lanciato una moda, direttamente dalla capitale del fashion: anche Nicola Kalinic ha scelto di rimanere alla Fiorentina (rifiutando un contratto da 12 milioni di euro netti a stagione per i prossimi tre anni) e in Inghilterra Dimitri Payet ha fatto lo stesso con l'Hebei China Fortune (che avrebbe sborsato 500mila sterline a settimana per il francese).

"I soldi non sono tutto nella vita". Ma i due "no" di Icardi e Kalinic - che ci interessano più da vicino - denotano un segnale importante, sulla scia di quanto aveva dichiarato Jorge Mendez al nostro Alessandro Alciato durante i Globe Soccer Awards a proposito dei 100 milioni (e passa) offerti al suo assistito Cristiano Ronaldo: "I soldi non sono tutto nella vita". E a rendersene (finalmente) conto è stata anche la stessa Federcalcio di Pechino con la nuova regolamentazione, che - se applicata - limiterebbe di fatto gli investimenti "folli" dei club sul calciomercato. Il più clamoroso quello per Carlitos Tevez - accolto come un re a Shanghai - che guadagnerà circa 38 milioni di euro all'anno (quasi 78 euro al minuto), diventando il calciatore più pagato di sempre.

Totò e Cassano a Pechino. Uno come Antonio Cassano, ancora oggi, a 34 anni "suonati", in Cina impiegherebbe due secondi a diventare un idolo (potrebbe farlo tranquillamente anche in serie A, ha appena rifiutato le avances del Palermo). Ma nella vita c'è un tempo per tutte le cose, e per il talento barese - che attende con fiducia la risoluzione del contratto con la Sampdoria - la moglie e i figli rappresentano il suo autentico tesoro. E a questo proposito ieri ci ha regalato una battuta degna della migliore commedia all'italiana: "Andare in Cina? E che ci vado a fare là?".

Ma i cinesi, non eravamo noi? Ecco, un "assist" dovrebbe arrivare anche dai calciatori. Perché le "colpe" - nel caso di un'eventuale cessione pesante - non potranno poi essere addossate esclusivamente al magnate di turno. Sono pur sempre uomini d'affari, e non potremmo biasimarli di fronte alla famigerata offerta "monstre". Inoltre, sarebbe anacronistico parlare di paradosso, di un corto circuito geopolitico, se "i cinesi" venissero a fare shopping a Milano "dai cinesi". Insomma, alla fine a rimanere "fregati" sarebbero soltanto i tifosi. Steven potrebbe chiamarsi tranquillamente Stefano e una "crisetta" d'identità sarebbe legittima anche per lui, che non è nato a Nanchino ma a Sesto San Giovanni, che ormai l'è l'istess. "Ma come, dovevamo conquistare il mondo e adesso vendiamo i campioni? E poi a chi, alla Cina? Ma i cinesi, non eravamo noi?".