Parla il capitano della Juventus: "Ho fatto il tampone e sto attendendo l'esito, ma non ho sintomi e sto bene. Vi racconto come sono diventato bianconero: è stata una scena surreale". In collegamento anche Trezeguet: "Mi aiutò molto nell'inserimento, era un attaccante unico"
Giorgio Chiellini, come altri calciatori della Juventus, è in isolamento e sta trascorrendo le sue giornate al J Hotel. Il difensore bianconero ha parlato di questa sosta forzata a causa dell'emergenza coronavirus: "Sto bene innanzitutto ed è la cosa più importante – ha dichiarato al canale YouTube della Juventus - Ho fatto il tampone, sono in attesa dell'esito ma non ho sintomi. Sono al J Hotel, ho ritenuto opportuno rimanere qui mentre la mia famiglia da quasi due mesi è giù a Livorno. Oltre a me qui ci sono Rugani, dei fisioterapisti e i due chef dell'albergo. Passo la giornata come tanti: faccio degli esercizi, guardo delle serie tv, ho rispolverato la PlayStation come quando ero giovane e faccio qualche videochiamata con gli amici. Esco dalla camera solo al mattino, quando me al rifanno".
"Ecco come mi sono trasferito alla Juve"
"Durante questa pausa posso mettere altro lavoro nelle gambe e riavvicinarmi al livello degli altri - ha proseguito Chiellini che ha racconta poi l'inizio della sua avventura bianconera -. Ricordo bene come sono arrivato alla Juve, è stata una scena surreale. Ero in comproprietà con la Roma, il presidente del Livorno mi chiamò a Milano e mi disse 'Ti vendo a una delle tre squadre migliori d'Italia ma devi accettare' e io gli risposi 'Ci mancherebbe!'. Arrivato in hotel vidi Moggi, Giraudo e Bettega e subito capii tutto". Poi una parola per ogni compagno di squadra: "Barzagli è una roccia, Buffon è Superman, Pirlo è poesia, Bonucci è uno sceriffo, Lichtsteiner è svizzero sempre e comunque mentre Trezeguet sarà sempre e solo 'il bomber'".
"Trezeguet mi ha aiutato tanto, era unico"
Con Chiellini, era ospite della trasmissione anche Trezeguet: "Di David ho un ricordo bellissimo, a quei tempi ero un giovane in un gruppo con un'età media abbastanza alta – racconta il capitano della Juve - Mi ha aiutato ad abbattere un po' di barriere che aveva un ragazzo di 21 anni che entrava in un gruppo di grandi campioni e mi sono sentito uno della Juve. Poi è riuscito a farmi fare qualche assist, solo lui e pochi altri potevano riuscirci. Ricordo che dopo ogni allenamento si metteva a fare cross e tiri, aveva una coordinazione sia con il destra che con il sinistro che non ho mai rivisto in nessuno. E i portieri che rimanevano lì, non solo prendevano gol a ripetizione, ma venivano anche sbeffeggiati. I miei gol di testa? Sono soprattutto d'istinto, ne ho fatti molti su secondo palle e in situazioni sporche. Ho lavorato tanto sui punti deboli, mentre gli attaccanti lavorano più per perfezionare le loro caratteristiche per fare gol".