Maldini: "Coronavirus? Da atleta conosco il mio corpo, combattevo un avversario nuovo"
Serie AIl direttore dell'area tecnica del Milan è risultato positivo al Covid-19. Le sue parole al Corriere della Sera: "Il peggio è passato, un atleta conosce il suo corpo ma è un virus nuovo. Il fisico combatte contro un nemico che non conosce". E aggiunge: "Milano si rialzerà, è abituata a ripartire. Gli italiani si stanno comportando benissimo. Rivaluteremo cose che ci sembravano scontate come cenare con gli amici e abbracciare una persona amata"
"Sto abbastanza bene, ho ancora tosse e ho perso gusto e olfatto. Ma non è una normale influenza". Paolo Maldini non ha dubbi: l’ex calciatore e oggi direttore dell'area tecnica del Milan è risultato positivo al coronavirus e ha raccontato il suo momento al Corriere della Sera. "Conosco il mio corpo, un atleta conosce se stesso. È un virus nuovo, il fisico combatte contro un nemico che non conosce. I dolori sono particolarmente forti. Che sintomi ho avuto? Dolori alle articolazioni e ai muscoli. Febbre mai oltre il 38 e mezzo. Mi sono curato solo con la tachipirina. Non ho preso antivirali perché non ho mai avuto difficoltà respiratorie".
"Riuscire a isolarsi del tutto in famiglia è difficile"
L’ex bandiera del Milan ha anche spiegato di non sapere come ha contratto il virus. "Mia moglie ha avuto un’influenza molto lunga, è stata tre settimane a letto. Prima ancora il nostro primogenito, Christian, che vive con noi, ha avuto una brutta influenza. Il tampone? Sono venuti i medici della Asl, con guanti e mascherine. Era martedì scorso. Dopo due giorni è arrivato il verdetto: positivo. All’inizio non era possibile farlo, perché i miei sintomi per quanto forti potevano essere quelli di una normale influenza. Poi ho scoperto che un amico, che avevo incontrato il 23 febbraio, era positivo, come un’altra persona che lavora con me. Non sappiamo chi ha iniziato la catena". Anche il secondogenito Daniel, 18 anni, è positivo. "Ha dolori e febbre – racconta Maldini – io sapevo già di avere il virus. Sentivo che non era un’influenza come le altre; e poi per l’influenza avevo fatto il vaccino. Un mio amico ha avuto problemi respiratori, è ricoverato all’ospedale di Legnano, non dorme, ha gli incubi". Da 18 giorni Paolo Maldini è in famiglia: "Riuscire a isolarsi del tutto è molto difficile. Abbiamo cercato di mantenere le distanze. Ognuno dorme nella sua camera, ma pranzo e cena li facciamo tutti insieme. Questa esperienza ci ha riuniti".
"Il finale di campionato ci sarà"
Nel corso dell’intervista Maldini rassicura sui contatti con i giocatori del Milan ("Non li vedevo da 14 giorni. Nessuno di loro è positivo") e si è soffermato sullo stop dei campionati: "Se il calcio doveva fermarsi prima? Sì. Già giocare a porte chiuse è una violenza, per i tifosi e per i calciatori. Giocare a porte aperte Liverpool-Atletico, con 4mila tifosi madrileni sugli spalti, quando già si sapeva che Madrid era un focolaio, è stata una follia". Secondo il dt rossonero, però, "un finale di campionato ci deve essere e ci sarà. Quando non possiamo dirlo ora. Nel calcio è impossibile non soltanto giocare, ma pure allenarsi senza contatto. Non ci si rimette in due giorni da questo virus. Tutti i calciatori devono avere il tempo di riprendersi e allenarsi". Nessun dubbio nemmeno sul capitolo rinvio delle Olimpiadi: "Vanno rinviate. Oggi non si possono organizzare le selezioni, non ci si può preparare a dovere per l’appuntamento della vita".
"Gli italiani si stanno comportando bene, Milano si rialzerà"
Da dirigente del Milan, Maldini è riuscito a lavorare nonostante l’isolamento in casa ("Le tecnologie aiutano, abbiamo fatto la riunione di Lega in conference call") senza dimenticare gli affetti: "L’altro giorno mio fratello ha compiuto cinquant’anni, e l’abbiamo festeggiato online". I pensieri sono però tutti per la sua città e il Paese: "Milano si rialzerà, è abituata a ripartire. Ma ci aspetta un periodo durissimo e la politica deve fare molto di più. Credo che gli italiani si stiano comportando molto bene. Abbiamo i nostri difetti, ma nelle difficoltà non siamo egoisti: pensi ai medici che si offrono volontari. Noi crediamo di essere peggiori degli stranieri, ma non è così. Meglio fare la coda per la spesa che per le armi, come in America. Quanto ci cambierà l’epidemia? Le persone sensibili rivaluteranno i rapporti. Cose che ci parevano scontate, come cenare con gli amici e abbracciare una persona amata, ora ci mancano moltissimo, e domani le apprezzeremo di più".