È morto Ezio Vendrame, il George Best del calcio italiano: aveva 72 anni

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Considerato negli anni '70 il George Best del calcio italiano per il suo talento e i suoi 'colpi di testa', Vendrame è morto a 72 anni in provincia di Treviso. Una carriera ricca di follie e aneddoti, come quella volta che dribblò tutti suoi compagni di squadra, portiere compreso e si fermò sulla linea di porta

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"Se devo parlare con degli imbecilli, preferisco morire di solitudine". Ezio Vendrame concludeva così una delle sue ultime interviste, spiegando senza mezze misure il perché della sua scomparsa dalla scena pubblica. Oggi, il genio del calcio friulano, definito da molti come il George Best italiano per il suo modo di essere e andare sempre "contro", se ne è andato definitivamente via all’età di 72 anni, sconfitto da una malattia che ne ha tormentato gli ultimi anni della sua esistenza vissuta in provincia di Treviso. Genio e sregolatezza, binomio mai così azzeccato come nel suo caso. Calciatore prima (Udinese, Spal, Vicenza, Napoli e Padova), allenatore (Pordenone e Venezia) poi, ma anche scrittore di poesie e romanzi e amante della chitarra. Una carriera da anticonformista tra genio e sregolatezza vissuta tra mille "eccessi" e altrettanti aneddoti, come quando in un Padova-Cremonese di fine stagione, con il risultato fermo sullo 0-0, puntò verso la sua metà campo, dribblò tutti i suoi compagni di squadra, portiere compreso, e si fermò sulla linea di porta per poi ricominciare tranquillamente l’azione. Il motivo? "Così l'emozione era salva", raccontò nel suo libro "Se mi mandi in tribuna godo" proprio Vendrame. Uno che spesso mirava a prendere il palo anziché far gol "perché più divertente".

 

Irriverente e geniale in campo, look ribelle con barba incolta e capelli lunghi che tanto piaceva alle ragazze dell’epoca e tecnica che faceva impazzire i tifosi in quegli anni ’70 che lo hanno visto grande protagonista: quella di Ezio Vendrame è la storia di un talento sprecato o comunque non espresso in tutto il suo enorme potenziale. L'idolo di chi vive in controcorrente. L'allora presidente della Juve Boniperti lo paragonò a Kempes per capigliatura e modo di stare in campo; altri, per quella sua eccentricità da artista lo paragonavano a uno che, come lui, 'pennellava sul campo' ma per il quale il calcio non era tutto: Gigi Meroni, farfalla granata caduta troppo presto. Vendrame che però a una partita di calcio preferiva molto spesso rinunciare, fingendosi infortunato per trascorrere delle ore in dolce compagnia femminile. Ezio esordì in serie A nell'estate 1971 con il Lanerossi Vicenza dove per tre anni diventò l'idolo assoluto dei tifosi. Buttata via la sua grande occasione calcistica nel Napoli di Luis Vinicio, che lo lasciò sempre ai margini del suo progetto proprio per via dei suoi 'colpi di testa', approdò al Padova in serie C, dove rimase due stagioni, collezionando 57 presenze. Nella stagione 1978-79 contribuì anche alla promozione del Pordenone in serie C2.

 

Talento e "follia" calcistica che toccò picchi altissimi, come quando fermò il gioco durante una partita del Padova per salutare l’amico cantautore Piero Ciampi, scovato casualmente sugli spalti dal campo. Un unico rimpianto in carriera: il tunnel fatto al suo idolo di sempre, Gianni Rivera. "Trovandomi solo e avendo voglia di giocare mi sono ricorso", scrisse in uno dei suoi libri. Vendrame era questo e molto altro. L’avventura da allenatore fu invece meno fortunata e si interruppe dopo molti successi, di fronte all'invadenza dei genitori dei baby calciatori: "Allenerei solo una squadra di orfani", fu il suo famoso commiato alla panchina. Un giorno invece, quando ancora faceva il calciatore, rivolgendosi a un gruppo di tifosi che lo osannavano, e di fronte a uno stupefatto Giussi Farina, disse una frase: "Vi ringrazio per tutto l'affetto che mi dimostrate, però mi sembrate un po' fuori di testa: sono solo uno fortunato a tirar calci a un pallone, non un operaio che si fa un culo così per arrivare a fine mese, e nemmeno un chirurgo o un altro medico che salvano vite umane". Parole che lo descrivono al meglio e che oggi tornano più che mai d'attualità. Nel 2005 la sua partecipazione da opinionista al Festival di Sanremo ricordata anche per un attacco a Gigi D'Alessio.