Napoli-Fiorentina, Spalletti: "Scudetto, ci ho sempre creduto. Ma ora di più"
NAPOLILe parole dell'allenatore azzurro alla vigilia della sfida contro la Fiorentina: "L'ultima volta con loro abbiamo preso 5 gol in casa, c'è da stare attenti. Ma ora vogliamo vincerle tutte: il Maradona pieno sarà come un mantello che ci avvolge per farci diventare dei supereroi. Osimhen sta bene. Io ho un sogno, ma non lo dico. Però se c'è un momento in cui ho creduto di più allo scudetto, è questo"
Vincere ancora per continuare ad inseguire il sogno scudetto. Obiettivo chiarissimo per il Napoli, reduce da tre successi consecutivi e ad un solo punto in classifica dal Milan capolista. Per scavalcare almeno momentaneamente i rossoneri, la squadra di Luciano Spalletti dovrà superare la Fiorentina nella 32^ giornata di Serie A. Una sfida complicata quella in programma domenica 10 aprile alle 15 allo stadio Maradona, che l'allenatore azzurro ha presentato così in conferenza stampa.
Dopo l'ultima giornata siete a -1 dalla vetta:è stato più complicato gestire la pressione?
"In base al risultato del Milan? Noi dobbiamo ragionare su quella che è la nostra possibilità di fare la nostra corsa, dobbiamo avere un’idea su quello che ci aspetta e su quello che vogliamo che ci aspetti in questo finale di campionato. Come avevamo già detto, arrivati a questo punto sarebbe ridicolo se non ammettessimo apertamente che siamo noi, il Milan, l’Inter e la Juventus a giocarci lo scudetto. Ce lo giochiamo in questo finale di campionato, al di là di quelli che sono i risultati degli avversari. Dobbiamo andare per la nostra strada. E la gestione dello spogliatoio diventa facile, perché abbiamo capito con che professionisti doc abbiamo a che fare. Il fatto che si sia in lotta per vincere lo scudetto nonostante tutto ciò che abbiamo passato, è segno che abbiamo a che fare con dei professionisti seri e con dei ragazzi veri. Nonostante le difficoltà della vigilia, nell’ultima partita hanno fatto bene. È il segnale che questi ragazzi si allenano in maniera serissima. Se non ti sei comportato da grandissimo professionista, diventa difficile avere quel livello di ritmo e di qualità che richiede una partita come quella con l’Atalanta. Ora tutti nel Napoli vogliono giocarsi questa possibilità e io sono convinto che sin da domani lo faranno vedere".
Il Napoli è più una squadra da trasferta. Cosa deve migliorare dal punto di vista mentale per approcciarsi meglio allo stadio Maradona?
"Noi abbiamo sempre voluto sviluppare la stessa idea di gioco, al di là di quando abbiamo perso o abbiamo vinto. Visto quello che si diceva, ovvero che avevamo una squadra che ogni tanto aveva delle picchiate e si perdeva nelle difficoltà, le difficoltà sono più ad andare vince fuori che in casa. Aver vinto quelle partite, ha più valore di aver perso in casa. Quelle sconfitte sono figlie di tentativi non riusciti di mettere in pratica il calcio che vogliamo fare e di qualche episodio che ci è girato contro, siamo riusciti a perdere partite senza aver subito un tiro in porta. Abbiamo avuto la volontà di ripeterci tutte le volte, al di là del risultato precedente, e non dobbiamo fare niente di differente rispetto a quello che abbiamo sempre fatto. Lo stadio pieno in questo finale di campionato era il pezzetto che ci mancava: se avremo difficoltà, basterà guardarsi intorno e diventerà tutto facile sulla reazione che dovremo avere. Il Maradona pieno vuol dire che nel cuore dei napoletani stiamo facendo bene e questo è forse più importante della classifica. I napoletani si intendono di calcio e questo è un premio che ci piace prenderci: lo stadio pieno è un po’ come un mantello che ti avvolge e che ti può far diventare un supereroe".
Ci sarà un'iniziativa contro la guerra prima della partita: il mondo del calcio cosa può fare per sensibilizzare gli animi?
“Il mondo del calcio si è già espresso più volte. Si può aggiungere anche altro, perché questa guerra sta andando avanti e qualsiasi guerra turba le coscienze. È un veleno che cola dentro le nostre case e ci impedisce di vivere serenamente. Sono immagini che turbano la sensibilità di chiunque. La rivolta della gente comune è sempre stata una cosa importante per far finire le guerre: ognuno faccia ciò che può, senza chiedersi quanto è importante. La guerra uccide chi la subisce, ma soprattutto uccide per sempre, pur rimanendo in vita, chi la fa. Quelle immagini sono insopportabili".
Quali sono le insidie della sfida di domani? Cosa le piace di Italiano?
"Alla Fiorentina intanto bisogna fare i complimenti, dando meriti alla società perché ha lavorato bene sul mercato e nella scelta dell’allenatore. Per le insidie, basta ricordare la partita di Coppa Italia, in cui ne abbiamo presi cinque in casa. Io l’allenatore l’ho portato come esempio alla mia squadra: la sua grinta sul 5-2, quando chiedeva ancora di pressare e venire a fare gol, è il modo corretto per infondere ai propri calciatori la motivazione per diventare una grande squadra. Gli va detto bravo. La partita è insidiosa, perché loro vogliono proporre un calcio moderno, facendo la partita e gestendo la palla con un calcio veloce, fatto di pressioni alte e di avvolgimento di gioco sulle catene esterne. Sarà una partita difficilissima, ma noi sappiamo quello che dobbiamo fare e vogliamo provare a vincere. Però in casa ne abbiamo presi cinque l'ultima volta… La difficoltà c'è tutta ed è stata evidenziata nella gara precedente".
Come si diventa supereroi? Siete già stati in grado di fare un capolavoro, ma cosa conta di più adesso?
"È la resilienza che fa la differenza, l’essere sempre disponibili a ripartire e a mettersi in gioco. Noi dobbiamo assolutamente tentare di vincere queste partite e l’atteggiamento deve essere quello di chi fa di tutto per portare a casa la partita, mantenendo gli equilibri e le attenzioni su quelle che sono le situazioni di gioco e le qualità degli avversari. Ma il nostro cammino, quello che deve essere, ce l’abbiamo bello chiaro. Poi ci sono le altre squadre e il risultato della prossima partita dipenderà sempre un po’ da quella precedente, ma sono convinto che i ragazzi daranno tutto in queste sette partite. È uno scudetto che possiamo vincere o non vincere, ma dobbiamo vivere questo periodo serenamente perché, al di là di come andrà, sarà una storia bellissima. Nessuno, in caso di non vittoria, potrebbe dire che è stato un fallimento perché già arrivare in Champions sarà un trionfo. I nostri calciatori sanno quello che vogliono e lo faranno vedere sin da domani, poi se sarà sufficiente e se dipenderà tutto da noi lo vedremo strada facendo, ma anche oggi in allenamento era chiaro il messaggio che loro hanno mandato sulle intenzioni. Hanno fatto bene e sono convinto che domani faremo una bella partita".
Osimhen come sta?
"Sta bene. A inizio settimana c’è stato questo avvertimento in un gesto durante la partitina, quindi abbiamo deciso di staccare. Ci sarà, ha fatto gli ultimi allenamenti andando forte e non sentendo niente. Avere Osimhen è importante, ma non averlo ci ha aiutato ancora una volta a capire la qualità dei giocatori con cui abbiamo a che fare. Non averlo ci ha aiutato a crescere e ci ha confermato quanto è forte Mertens, quanto è forte Petagna quando ha giocato, quanto è forte Zanoli, che non ha mai giocato e che quando gioca fa il Di Lorenzo, quanto sono forti Lozano e Zielinski. Osimhen è importantissimo, ma come dico sempre non lo spingete troppo perché altrimenti lo allontanate dalla squadra. Lui deve stare dentro la squadra: Osimhen è forte, ma se fa quello che deve fare".
Lobotka è l'uomo chiave di questo Napoli?
"Il play forte è quello che ti dà sempre le soluzioni, degli sbocchi per le qualità della squadra. Ma anche qui mi viene facile ricordare i momenti in cui è stato infortunato e ha giocato Demme, che è stato spesso il migliore in campo. Poi l’ho tolto, perché devo farne giocare solo 11. Ma Demme, quando entrerà, farà vedere di essere in condizione anche lui. Quello fa la differenza, dimostrare che c’è un altro che non vuole prendere il tuo posto ma che fa di tutto per giocare al tuo fianco. Questi valori fanno la differenza: per cui Lobotka è forte, ma Demme sarebbe stato forte quanto lui se lo avessi fatto giocare".
Qual è il suo sogno oggi?
"Il mio sogno diventa facilissimo da esprimere, ma non si dice. Quello degli altri che stanno con me nello spogliatoio diventa altrettanto facile da capire, ma non si dice. Se foste nello spogliatoio, vi accorgereste anche voi qual è il sogno di tutti".
Come mai Mertens ha avuto poco spazio?
"È colpa mia, il colpevole sono solo io. Mertens meriterebbe di giocare tutte le partite e avrebbe meritato più spazio per il suo modo di allenarsi e di ragionare. Poi io sono convinto che lui ha già dato un contributo importante in questo campionato, ma sono altrettanto convinto che il meglio lo ha ancora da dare da qui alla fine del campionato. Con quelli come lui, è facile non rimanere delusi. La sua intenzione e il suo sentimento verso questi colori e questa città sono evidenti. Mi dispiace, ma nel dispiacere sono anche contento di avere a che fare con delle persone così. Mi restituiscono il massimo che io posso avere. A volte avrò sicuramente sbagliato, ma nonostante mi pianga il cuore per chi rimane fuori devo continuare a fare delle scelte".
Ha dei dubbi di formazione e sulle sette storie da scrivere?
"Io i dubbi li ho sempre perché tutti i calciatori si allenano bene, quindi i dubbi verrebbero a chiunque. A volte non li ho avuti, ma perché non avevo giocatori a disposizione. Ora c’è il discorso dell’importanza delle partite che ci giocheremo che mi aiuterà nelle scelte. Tutti vogliamo vedere lo stadio partecipare alle partite e possibilmente festeggiare un gol. L’atteggiamento sarà quello giusto e lo avrà sia chi giocherà, sia chi non giocherà".
Ci sono stati dei momenti in cui ha avvertito che la squadra ce l'avrebbe fatta a giocarsela fino alla fine?
"Non ci sono stati dei momenti, io sono partito con quella intenzione di giocarmela fino alla fine. Lo dissi già dall’inizio. Su quella che era la volontà o la convinzione di avere a che fare con un gruppo che poteva dire la sua in un campionato così difficile non ho mai avuto dubbi. Ma se c'è un momento in cui ci ho creduto di più, è questo: ora".