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Ibra: "Futuro? Sto parlando con il Milan, vedremo"

Festival sport

Lo svedese è stato uno degli ospiti più importanti nel giorno di chiusura del Festival dello Sport organizzato a Trento dalla Gazzetta. L'ex fuoriclasse rossonero ha ripercorso la sua lunghissima carriera, ha parlato del suo rapporto con Mino Raiola e ha anche detto la sua sulla questione scommesse. Poi un'anticipazione sul suo futuro: "Se rientro nel calcio è per fare la differenza"

BALOTELLI RISPONDE A IBRAHIMOVIC A MODO SUO

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Accolto dai bambini con le maglie delle squadre in cui ha giocato, è stato Zlatan Ibrahimovic uno degli ospiti più importanti dell'ultimo giorno al Festival dello Sport organizzato dalla Gazzetta a Trento. L'ex stella del Milan ha voluto ripercorrere tutte le tappe della sua lunghissima carriera regalando aneddoti e svelando alcuni dei suoi segreti. Nella lunga intervista anche il suo rapporto con Mino Raiola e un'anticipazione sul suo futuro.

"Ritorno al Milan? Vediamo cosa succede..."

"Ho un’altra libertà, non ho programmi e sto facendo cose per me stesso". Così Zlatan Ibrahimovic alla domanda sul suo futuro. "Non ho nessun capo che mi dice cosa devo fare o seguire, sto prendendo tempo per capire cosa voglio fare. Ci sono più offerte adesso che quando giocavo ma io voglio fare qualcosa per fare la differenza". Poi precisa: "Non voglio essere un simbolo del passato, ma vediamo cosa succede, ho avuto qualche meeting con il Milan e stiamo parlando, vediamo che succede…se uno può portare qualcosa ha un effetto, altrimenti…

"All'Ajax mi pesava il paragone con Van Basten"

Ripercorrendo la sua infanzia e la sua carriera, Ibra ha parlato delle difficoltà incontrate quando dalla Svezia si è trasferito all'Ajax: "All’inizio era molto difficile perché tutti si aspettavano che fossi il nuovo Marco Van Basten, ma non ero a quel livello, era la prima volta fuori dalla Svezia, ero solo e c’era tanta pressione per i risultati. Ero anche l’acquisto record dell’Ajax e quel paragone mi pesava molto, ma non ho mollato, ho sempre lavorato e anche se avevo fiducia in me stesso non sempre dipende da te. Poi il secondo, terzo anno è andata sempre meglio. Ad Amsterdam ho incontrato Mino Raiola, lì è iniziata la mia carriera". 

"Raiola come un padre, è stato forte fino alla fine"

Sul suo rapporto con lo storico procuratore recentemente scomparso: "Ci siamo conosciuti facendo gli arroganti, lui mi serviva e quindi ho “mollato” un po’, dopo tre mesi mi ha portato alla Juventus. La prima volta che ci siamo visti è stato in un ristorante giapponese: io arrivo con una macchina costosissima, mentre lui ha ordinato per otto persone, dicendo di non preoccuparmi perché avrebbe mangiato tutto. Poi tira fuori fogli con statistiche di bomber come Vieri, Trezeguet, Sheva, Inzaghi: avevano statistiche diverse dalle mie, che avevo fatto 5 gol in 20 partite. Allora lui mi ha chiesto dove avrebbe potuto portarmi con quei numeri, per cui ho risposto che se avessi avuto i numeri di quei calciatori mi avrebbe venduto anche mia mamma…". Dopo l'aneddoto, però Zlatan si fa serio e aggiunge: "Mi sono affezionato, è stato come un padre. Siamo cresciuti insieme, siamo diventati forti insieme: lui è diventato il più forte di tutti nella sua categoria, io nella mia. Nel suo ultimo periodo ero con lui quasi tutti i giorni, non era facile: quando vedi una persona in difficoltà è una questione di emozioni. Io volevo portare positività ed energia, non volevo parlare della sua malattia. Per com’è fatto lui, pensava sempre per gli altri. È stato forte fino alla fine".

"Capello diceva che dovevo essere un killer"

Dopo l'Ajax c'è la Juve con il sergente Capello, Zlatan ricorda: Mi disse 'Ti tiro fuori tutto 'l’Ajax' e ti metto a posto'. Voleva che fossi più concreto, tutti i giorni facevamo lavori davanti la porta, senza pause. Mi nascondevo dietro Thuram e Cannavaro ma mi trovava sempre. Mi ha detto che avrei dovuto essere un killer, mi diceva che la mia tecnica era migliore di quella di Van Basten ma i miei movimenti no, per cui dovevo guardare come si muoveva". Poi sui compagni di squadra in bianconero: "Trezeguet è stato molto intelligente in quel periodo: mi diceva ‘tu fai ciò che vuoi, io ti aspetto avanti’. Notavo che mi mancava il gol, gol che faceva Trezeguet. Poi ho capito l’importanza di segnare, e allora ho detto a Trezeguet: ‘aspetto anch’io davanti adesso’." Poi ancora sul periodo in bianconero: "Gli scudetti della Juventus sono 38 perché abbiamo lottato ogni giorno dimostrando che eravamo i più forti in Italia. Non sono 36, gli scudetti della Juve sono 38". 

"Balotelli e Leao imparagonabili..."

Sul passaggio all'Inter: "Quell'estate ero più vicino al Milan, loro avevano il playoff Champions e mi hanno chiesto di aspettare. Lì però l’Inter si è inserita e hanno chiuso l’accordo". Poi sull'allora compagno di squadra Mario Balotelli: "Quando un ragazzino può trasformare il suo futuro grazie al talento, e lui ne ha avute tante senza sfruttarle…ha perso tutte le occasioni". Al paragone tra Mario e Leao: "Non si può paragonare Leao a Balotelli, quel tacco contro in Newcastle non è riuscito ma è da geni. Per quello lui è in campo e Balotelli in tribuna…". 

"Mai pensato che l'Inter non fosse all'altezza, ma lì ho fatto la storia"

Sempre sul suo periodo all'Inter: "Mi sentivo più forte di quando ero alla Juve e all’Ajax, ero più completo, aiutavo la squadra. Mancini mi dava fiducia e responsabilità, poi è arrivato Mourinho e sentivo che stavo crescendo piano piano per arrivare agli obiettivi". Poi aggiunge: "Non ho mai pensato che non fosse una squadra alla mia altezza, ma prima di me non avevano vinto per 17 anni pur avendo grandi campioni. Per cui mi son detto che se fossi andato all’Inter e avessi vinto sarei rimasto nella storia, bisogna vincere prima nel tuo Paese prima della Champions".

"Semifinale Inter-Barça? Se ci fosse stato il var..."

Sulla sua tappa al Barcellona: "È stata un'eperienza positiva, ho vinto cinque trofei in un anno. Era un sogno andare lì perché a quell’epoca tutti parlavano di quel club e mi dicevo di essere nella squadra più forte del mondo. Quando mi hanno chiamato ero carico, all’Inter avevo fatto tutto ciò che potevo e volevo crescere ancora per provare altre sfide con me stesso, per capire dove potevo arrivare". Poi ancora: "I primi sei mesi sono andati bene, poi è cambiata l’atmosfera, il pensiero ma da qualcosa di negativo nasce sempre qualcosa di positivo: mentalmente sono diventato più forte". Infine punge la sua ex squadra: "Semifinale con l’Inter? Mi piacerebbe riuscire a ricordare cos’ha detto Mourinho a Guardiola…all’andata abbiamo perso 3-1, se ci fosse stato il var…però niente scuse abbiamo perso". 

"Milan? Ronaldinho mi ha preso per mano e..."

Dopo il Barça, il passaggio al Milan: "Era un momento non facile, c’è stato il Trofeo Gamper e so che il Milan parlava con Mino per capire se potevo andare via da Barcellona. Mi ricordo bene che eravamo nel tunnel del Camp Nou e tutti i giocatori rossoneri mi dicevano ‘dopo la partita torni con noi’. Nello spogliatoio post-match è venuto Ronaldinho, mi ha preso per mano e mi ha detto ‘dai, andiamo a casa’". Poi rivela: "È venuto anche Galliani a casa nostra, mia moglie non sapeva chi fosse e mi ha chiesto perché fosse qui, quando le ho risposto che voleva portarmi al Milan lei mi ha detto ‘cosa aspettiamo?’"

"Berlusconi aveva un'aura particolare"

Sul suo rapporto con Berlusconi: "Era molto buono, lui ha un’aura particolare che senti quando entra in una stanza. Mi stimava tanto e aveva un carisma che ti prendeva. Lui era il calcio, era il Milan perché ha cambiato la storia del calcio e del Milan. Mi ha portato in rossonero dandomi la possibilità di sorridere ancora, è stato grazie a lui che sono arrivato. Mi diceva anche come giocare, come muovermi. Mi stimolava come uomo e come calciatore". 

"Al Psg non volevo andare, mentre allo United..."

Ibra rivela anche il suo iniziale rifiuto al Psg dopo l'avventura al Milan: "Era difficile perché non volevo muovermi da Milano visto che lì ero tornato ad essere felice. Prima delle vacanze dopo il campionato ho detto a Galliani che non volevo essere venduto strappando questa promessa. Dopo tre settimane arriva una chiamata da Mino e dice che è già fatta e che sarei andato al Psg ma io non volevo assolutamente muovermi. Avevano venduto me e Thiago Silva, io ho provato a immaginarmi come sarebbe stato giocare la Ligue1. Alla fine sono andato mettendo dei punti assurdi nel contratto pensando che sarebbero stati loro a rifiutare e invece hanno accettato in venti minuti. Comunque sono un uomo di parola e da lì è andato tutto bene…". Diversa invece la trattativa per andare al Manchester United: "Avevo 35 anni, volevo provare e mi aveva chiamato Mourinho. Come club lo United è tra i top 5 al mondo, ma non ero sicuro e ho chiesto tanti consigli, tutti mi dicevano di non andare perché se fossi andato male lì nessuno si sarebbe ricordato di ciò che avevo fatto prima. Questi “no” mi hanno dato la carica e allora ho deciso di andare: solo io posso camminare sul fuoco…".

"Ultimo scudetto quello più bello"

Sul ritorno a Milano in rossonero: "Ho avuto più soddisfazione con questo scudetto che di tutti gli altri. Non eravamo favoriti, nessun giocatore era ancora una superstar e non erano abituati a certi palcoscenici. Poi c’era anche la situazione societaria: non si capiva se vendevano o meno, se restava l’allenatore o meno, è arrivato il Covid…ma noi siamo rimasti uniti passo dopo passo, ci siamo sacrificati l’uno per l’altro". Poi aggiunge: "Piano piano si è formato questo gruppo e mai avevo avuto un collettivo e un’atmosfera così uniti. Non c’erano fenomeni, solo io…ma tutti sono cresciuti grazie al compagno accanto. Giocare negli stadi vuoti ci ha anche aiutato, ma quando siamo arrivati al top ed è tornato il pubblico ci hanno dato la spinta extra e diventavamo più forti giorno dopo giorno". 

"Ho visto compagni piangere e ho capito cosa avevamo fatto"

Sempre sullo scudetto vinto nella stagione 2021/22: "Dopo la partita scudetto contro il Sassuolo, ho visto nello spogliatoio alcuni giocatori e membri dello staff che piangevano: lì ho capito cosa avevamo fatto e che ero riuscito a fare ciò che avevo promesso il giorno in cui sono tornato. Per questo la soddisfazione è stata totalmente differente. Ho detto a Tomori che vincere a Milano non era come vincere a Londra, questo rimane nella storia per sempre. Poi ho avuto un infortunio pesante ma sono rimasto vicino alla squadra". 

"Tonali e le scommesse? Bisogna capire cosa è successo"

Protagonista di quello scudetto è stato Sandro Tonali "Per me quand’era arrivato dal Brescia era troppo tifoso del Milan, gli ho detto ‘basta, non sei più tifoso, devi fare un passo avanti per fare felici i tifosi, tu non devi esserlo più’ da lì nel secondo anno volava", ha detto Ibra. Che parla anche della recente vicenda scommese che ha visto coinvolto proprio l'ex Milan: "So poco di questa storia, perché non l’ho mai visto in difficoltà o che stava male. Non si giudica se non si sa, se poi è ludopatico bisogna aiutarlo perché è come una droga, ma io non conosco la situazione. Bisogna capire se è andato al casinò, quello l’ho fatto anch’io. Se ha fatto scommesse sul calcio è un’altra storia, ma se ha giocato al blackjack è un’altra storia, ognuno fa ciò che vuole con i suoi soldi".

"Dispiaciuto per Maldini. Lukaku? Gioca per me..."

A termine del suo intervento, Ibra parla anche di Maldini: "Era sempre presente, ogni giorno parlava con noi e con Pioli. Ha fatto un grande lavoro, alla fine abbiamo vinto e l’obiettivo era quello. È cresciuto tanto e mi dispiace quello che è successo, per la storia che rappresenta per il Milan, per il figlio che ha giocato con me. Ma sono anche felice che abbia fatto ciò che ha fatto per il Milan come calciatore e come dirigente". Infine una battuta su Lukaku: "È andato a giocare nella città del Papa? Beh sta giocando per me…quello che è successo con lui mi dispiace. Lo conosco, ci ho giocato e so che non è quel tipo di giocatore rispetto all’episodio del derby, non mi aspettavo questo atteggiamento. Gli hanno fatto capire che è qualcosa che in realtà non era, si è sentito re di Milano, stava facendo bene ma non era da lui quel comportamento, non è un ragazzo cattivo, al contrario..."