Scudetto Napoli, le pagelle di Stefano De Grandis
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Se i primi due scudetti nella storia del Napoli avevano la faccia di Maradona, il terzo ha tanti volti: da Spalletti a capitan Di Lorenzo, da Osimhen a Kvara, da Kim a Lobotka. Impossibile sceglierne uno, facilissimo invece celebrare la loro stagione in voti e parole...
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- Ha raccolto complimenti sia in Italia che in Europa, dove ha esportato spettacolo in Champions League. Ha vinto il campionato con 6 giornate di anticipo, ma soprattutto ha fatto crescere i suoi giocatori. Lobotka, Di Lorenzo, Rahmani e Mario Rui hanno cambiato compiti e rendimento. E gli altri sono stati messi in condizione di dare il meglio nel ruolo originario. Sintesi del lavoro del perfetto allenatore
2/19
- Orfano di Ospina, Meret ottiene la abilitazione a portiere di assoluto livello. Quest’anno le gioca tutte e va assai meglio di quando doveva rispettare e avallare la staffetta. Tecnicamente è portiere di qualità. In più, risulta efficace quanto essenziale nella interpretazione del ruolo. Pochi miracoli, ma ancora meno sbavature. Dimostra che la logica del doppio titolare, in porta, spesso paga poco
3/19
- All’origine, si chiamava terzino-ala: cioè il difensore che partiva dalla terza linea per trasformarsi in attaccante laterale. L’invenzione di Spalletti è stata chiedergli di entrare dentro al campo, di aiutare nella costruzione non solo, andando al cross, ma diventando un interno di centrocampo: un mediano a tratti regista. Uno capace di fare tutto tranne una cosa: giocare male
4/19
- In una difesa così l’albanese ha vestito i panni del gregario e per questo ha lavorato sodo. Ha spinto sui pedali quando DiLo rimaneva alto, ha dato una mano a Kim nel gioco aereo, s’è incollato agli attaccanti più complicati quando c’era da sgobbare. Poche licenze, e rarissimi avversari in grado di lasciarlo sul posto. Esempio di applicazione, anche nelle citazioni di Spalletti
5/19
- Chiamato a rimpiazzare un difensore da Top Five in Europa, è riuscito nell’impresa impossibile: farlo dimenticare, più che non farlo rimpiangere. Forse meno forte fisicamente di Kalidou, ma presente nel gioco aereo, disinvolto nel far ripartire l’azione e velocissimo nelle chiusure. Il Napoli, con lui squalificato, si espone al contropiede ed esce dalla Champions League. Non è un caso
6/19
- Spalletti lo aveva già avuto e lo ha portato a Napoli a prezzo di saldo. Altro capolavoro, per un difensore che ha mantenuto inalterato il reparto nei casi frequenti in cui ha dovuto sostituire Kim o Rahmani. Velocità e applicazione gli hanno permesso di rifilare a Ostigard il ruolo di quarto difensore. E pur limitandosi alla ordinaria amministrazione, in un caso è comparso nel tabellino dei marcatori
7/19
- Nel Napoli di Sarri, il peso dell’eredità di Ghoulam gli aveva tolto spessore, e fatto perdere la sua arma più importante: il piede mancino capace di impostare e di arrivare al cross. Spalletti gli restituisce fiducia e ruolo funzionale in mezzo al campo. E Il Maestro rispolvera lo strumento, con cui gestisce ogni pallone e arrota calci piazzati. Nessun gol, solo due legni. Ma 6 assist per la causa
8/19
- Il cambio strategico di Rui, a seconda delle necessità. Contro un’ala più pesante, per regalare centimetri alla difesa, o per aggiungere un cursore da lanciare al galoppo, soprattutto a livello internazionale. Per la difesa è stato un titolare aggiunto, il re del ballottaggio.
9/19
- Coi piedi ci sa fare, e partecipa con disinvoltura alla manovra ad alto ritmo della squadra, ma è anche l’unico centrocampista di peso. Gioca da interno destro, ma quando c’è da chiudere, ripiega a fianco di Lobotka per chiudere la cerniera davanti alla difesa. Difficile trovare la sua firma sulla costruzione dei gol segnati, ma l’impronta sulla solidità del gruppo spicca in grande rilievo
10/19
- E’ una delle grandi intuizioni di Spalletti, che non solo lo recupera dal Dimenticatoio, ma gli consegna la macchina per cucire. Diventa il sarto delle trame di gioco, impone il ritmo e l’intensità, sposta il baricentro più avanti o più indietro a seconda delle necessità. Il vero insostituibile, anche se non fa gol: perché privo di un’alternativa con le stesse caratteristiche.
11/19
- Arretrando di dieci metri rispetto alla stagione precedente, torna a splendere come nelle stagioni migliori. Se lo sguardo è rivolto verso la porta, può scambiare di pima e accelerare, cercare l’uno due e la penetrazione in area, o cercare la soluzione da fuori differentemente con il destro e con il sinistro. Tecnica talmente superiore, che il bottino dei gol risulta inferiore alle potenzialità
12/19
- In teoria ha tutto. Tecnica, muscoli e fisico. E anche la duttilità per contrastare o per costruire. Ma la continuità di Anguissa, assieme alla sua condizione di giocatore di passaggio, hanno ridotto i suoi spazi. Qualche ingresso al posto di Zielinski assieme alla indicazione di farsi trovare pronto per qualsiasi necessità a centrocampo. Ma in sostanza pochi squilli in rapporto alle potenzialità elevate
13/19
- Quando ne hai bisogno, lui c’è. Da mezzala offensiva per dare il cambio a Piotr, ma anche con ala, di qua o di là, o sulla trequarti. Però attenzione: il macedone non è un tappabuchi. Semmai è un titolare aggiunto, uno che arricchisce. O che risolve le sfide complicate col suo grandissimo senso del gol. Entra e segna, molto spesso. E senza fare storia se poi deve tornare a sedersi in panca
14/19
- Il Napoli lo prese per fargli fare gol, Spalletti lo ha costretto l trasloco definitivo. Mai centravanti, manco con Osimhen, Simeone e Raspadori fuori causa: si è talmente specializzato nel lavoro sulla destra – scatti, dribblimg, cross e anche copertura – da diventare quasi inappetente in zona gol. L’alter ego di Politano, con cui ha diviso alla pari la responsabilità del ruolo di ala destra
15/19
- Che preferisca giocare col sinistro è palese, eppure vive sulla destra, da’ il meglio su quella fascia, la utilizza per stringere e tirare, e lascia il corridoio per Di Lorenzo. Ma per non essere scontato, si è talmente impegnato, che ora arriva l’ottimo cross anche col piede sbagliato. Usa il modo opposto di Lozano per attaccare la fascia. Il piano B, l’altra strategia: è diversamente titolare
16/19
- Non credo si possa chiedere di più a un centravanti. Oltre ai gol, puntuali e costanti, c’è il lavoro per la squadra. Le corse per dettare il passaggio, le sportellate con i difensori, lo stacco per andare a saltare anche dopo la frattura multipla al viso. E poi la voglia di esserci e di segnare sempre, non a caso anche nella partita che assegna il titilo. Per i tifosi del Napoli è Zorro. Per la mascherina e per la gloria restituita a un popolo
17/19
- La differenza, rispetto al Napoli bello e inconcludente degli anni passati, l’ha fatta soprattutto lui. Ha dimostrato che gli avversari potessero essere puntati, saltati, ubriacati. E che la squadra avesse l’opportunità di sterzare come lui, per imboccare strade sconosciute. Esuberanza e gambe prepotenti: ecco il gap importato dalla Georgia rispetto alla squadra tecnica e fragile delle stagioni precedenti.
18/19
- Prendere il posto di Victor non era contemplato. Quindi per lui, Spalletti avrebbe dovuto cambiare strategia: via una mezzala e spazio a un sottopunta. L’idea c’è stata, ma i risultati straordinari del 4-3-3 l’hanno velocemente cancellata. Allora Giacomo si è accontentato delle briciole, complice anche un lungo infortunio. Ma è suo il gol che inchioda la Juve allo Stadium e fa partire i fuochi in città
19/19
- Sostituto di Osimhen, e non sempre come prima scelta. Eppure ha ottimizzato le sue poco numerose presenze in campo, riempiendole di gol, migliorando come sponda per i suoi compagni, ed evidenziando una grande efficacia nel gioco areo. Se possibile, è diventato più forte giocando di meno. Titolare in qualsiasi squadra priva di un Totem al centro dell’attacco