Strappa il pallone agli avversari (anche) con la testa e poi la usa per giocarlo, bene. Jolly e centrocampista moderno. L’idolo è Riquelme e Mata il sosia, ma solo in volto. Una rissa con Felipe Melo e due elfi portati sempre con sé per scaramanzia. Chi è Nahitan Nandez, l’uomo su cui punta il Cagliari. Fino al 31 gennaio tutte le sere su Sky Sport Football e Sky Sport 24 "Calciomercato l'Originale", con Bonan, Di Marzio e Fayna
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Limitarsi alle sola garra charrúa sarebbe un errore. Perché Nahitan Nandez va oltre la definizione del tuttocampista uruguaiano che non molla un pallone, corre a perdifiato e per difendere usa anche la testa; non nel modo convenzionale. Lo fece al Mondiale contro la Russia e poi anche con la maglia del Boca Juniors, la squadra da cui lo vuole strappare il Cagliari che condivide con lui un “Maestro” del pallone. Oscar Washington Tabarez è l’uomo che l’ha fatto esordire in nazionale e quello che l’ha portato al Mondiale, a giocarsi le partite più importanti della sua carriera. Lui per tutta risposta ha dato tutto per i colori della celeste, compreso quel contrasto in tuffo di testa per difendere la cosa più preziosa che ha: il pallone. Bravo a strapparlo agli avversari, dunque nel pressing e nelle due fasi, autentico jolly del centrocampo uruguaiano che, con lui in Sardegna, potrebbe diventare sempre più italiano dopo Vecino, Bentancur e l’ex Samp Torreira.
Di tutti e quattro Tabarez ammira soprattutto lui, Nahitan Nandez, una vita e due squadre, Peñarol e Boca: tre contando anche l’eterno Uruguay di cui è stato capitano nell’Under 20 e poi uomo quasi inamovibile in Russia. La sua posizione ideale è in mezzo, ma in passato ha giocato un po’ ovunque, da laterale a mezzala, caratteristiche che ne fanno un jolly abile nel recupero palla ma anche con la tecnica necessaria per non perderla. Moderno e intelligente, con Riquelme come idolo, da sempre e per sempre, e Mata come identikit, anche se solo nel volto: “Dicono tutti che ci assomigliamo ma io sono più bello”. Ironico, forse vanitoso e un po’ fumantino di carattere come quando nel maggio del 2017 venne processato in Uruguay insieme ad altri due compagni per una rissa in Libertadores contro la Fluminense dove nella mischia c’era anche Felipe Melo. Ma anche scaramantico, visto che prima di ogni partita porta sempre con sé due elfi che gli ha regalato la madre e che fa baciare ai compagni prima di scendere in campo.
Il resto sono i suoi numeri: quelli di un giocatore, classe ’95, cresciuto nel Peñarol e da sempre circondato da “italiani” d’adozione. Uno dei sui primi allenatori è stato Paolo Montero, che qualche dritta sulla garra charrúa gliel’avrà sicuramente data. Tra i compagni di squadra in Uruguay gente come Gargano ex (anche) del Napoli, Cristian Rodríguez passato da Parma o Diego Forlan. Senza contare Tabarez e i suoi compagni di merende nel centrocampo della celeste. Nel 2017 il passaggio in Argentina per 3,4 milioni: "Mi hanno detto che sembro nato per giocare nel Boca. Sarei felicissimo di diventare un idolo della tifoseria". Ma poi ecco il Cagliari alla finestra, dopo un campionato vinto al primo colpo (l’unico trofeo della sua carriera), un gol al River che l’ha fatto diventare già idolo dei suoi tifosi e poi quell’assist bellissimo a Benedetto nella finale maledetta. Campo tagliato a fette e pallone perfetto per l’illusione del Bernabeu: 1-0 Boca sul River, che poi avrebbe vinto la finale di Libertadores e il Superclásico più improntate di sempre 3-1. La storia scritta, e poi cancellata dalla rimonta. Ora la nuova pagina potrebbe essere in Sardegna.