Messias: "Il Milan la squadra del cuore, la mia forza è l'umiltà"

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Il nuovo acquisto rossonero si racconta: "Un'emozione essere arrivato qui, il Milan è la mia squadra del cuore. Ce l'ho fatta con umiltà e lavoro, quando ero nei dilettanti non ci speravo più e giocavo giusto per divertirmi". Sui nuovi compagni: "Giocare con Ibra e Giroud sarà semplice"

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“Quando ho visto la scritta Milan mi sono emozionato”. È iniziata così l’avventura in rossonero di Junior Messias, il brasiliano ex Crotone che con il suo approdo in uno dei club più blasonati del mondo completa la favola del ragazzo che si manteneva facendo consegne e giocava a calcio tra i dilettanti, appena arrivato in Italia.

"Ibra e Giroud? Con loro è più facile"

“Il Milan è la squadra del cuore e per cui tifavo e sono emozionato di essere qua, le sue prime parole in un’intervista al canale tematico del club, in cui conferma le sue qualità fuori dal campo: “Sono umile e lavoro per il gruppo, e questa è una mia forza”. Di sicuro lavorerà anche per Ibrahimovic (“è straordinario”) e Giroud: “Giocare con loro diventa più facile: ti fanno capire, con i movimenti, che quando serve loro la mettono dentro”.

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Umiltà e lavoro

Umiltà come ricetta per il successo, dunque. "Se sono arrivato è perché ho lavorato tanto, ho sofferto, ho fatto dei sacrifici. Quando arrivi, quindi, devi dimostrare per te stesso, per gli altri, per la squadra, per il gruppo, tutti insieme.  Ci vuole sacrificio, ci vuole lavoro. Io non ho mai pensato di arrivare così in alto, però, anno per anno e stagione per stagione, io lavoravo per giocare in Eccellenza e quando sono arrivato in Serie B lavoravo per quella categoria. I sogni si avverano, basta crederci”.

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"Facevo le consegne, ora il Milan"

Messias ha poi raccontato i suoi inizi, dal Brasile all’Italia: “Ho imparato a giocare per strada con gli amici, ma a volte anche da solo. Dove c'era uno spazio per calciare un pallone, lo facevo anche da solo. Era una cosa bellissima ed era quella che mi piaceva di più. Ci si diverte. I miei genitori mi hanno sempre spinto, poi la mia famiglia, mia moglie, i miei figli: dopo che li ho avuti sono cambiato veramente".

"Quando sono arrivato in Italia era tutto diverso, non ero mai uscito dal mio paesino. Era tutto un altro mondo, mi sono ambientato subito e ho iniziato a lavorare. C’era mio fratello, che avevo portato con me, ma è tornato in Brasile dopo 30-40 giorni, mentre io sono rimasto qua. Ad un certo punto non ci credevo più, giocavo giusto per divertirmi e non pensavo di poter arrivare a questo livello. Nei campionati dilettantistici si gioca per 10 mesi, poi negli altri due mesi andavo a lavorare e facevo le consegne. Questa cosa mi ha fatto vedere i valori della vita e mi ha spinto tanto”.

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