Il trionfo al suo primo Giro vale un bel "10" al colombiano della Movistar. Ma ci sono voti alti anche per Aru, Ulissi e Battaglin. Più che promossi Bouhanni e Kittel tra gli sprinter, la rivelazione in salita è Arredondo. Male Evans, Basso, Scarponi

Dopo i primi dieci giorni, vederlo festeggiare sul podio di Trieste sembrava tutto fuorché scontato. Il colombiano invece ha confermato il suo immenso valore nelle tappe più dure, conquistando due successi e una meritatissima maglia rosa –
LO SPECIALE GIRO D'ITALIA 2014
Secondo anche quest’anno, dopo il 2013, non può essere davvero soddisfatto. Accarezza il sogno con una cronometro sensazionale tra Barbaresco e Barolo, ma poi, sulle grandi salite, è mezzo gradino sotto. Non basta per vincere un Giro –
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Dopo Quintana, è il migliore in salita di questo Giro d’Italia 2014. Unico dei big, insieme al colombiano, a fare il vuoto in una tappa con arrivo all’insù – e che arrivo: Montecampione! – il sardo è più di una promessa per il nostro ciclismo –
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E ben più di una promessa è anche Diego Ulissi. Arrivato al Giro dopo qualche prestazione non super nelle classiche del Nord, si è consacrato con due successi e un mezzo capolavoro anche nella cronometro vinta da Uran. Salto di qualità fatto –
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Degna maglia rossa nell’anno in cui – giustamente – sono cambiati i criteri per assegnarla, il francese ha conquistato tre belle volate, steccando solo nell’ultima vinta da Mezgec. Anche lui è del ’90, anche lui ha già un fulgido presente –
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Ha il cento per cento di “media realizzativa” agli sprint del Giro, ma solo perché si ritira prestissimo, dopo tre tappe, per un malanno. Le sue vittorie sono delle perle di potenza e classe pura, ma avremmo voluto vederlo in gara più a lungo –
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Che fosse un colombiano a vincere la classifica degli scalatori, quest’anno, era persino doveroso. Il ragazzo della Trek è determinato e perfetto nell’inseguire ogni gpm e – nell’ultima settimana – riesce a vincere anche una bellissima tappa –
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Il miglior gesto atletico, tecnico, spettacolare del Giro d’Italia numero 97 è il suo, è la rimonta spaziale con cui beffa Cataldo sul traguardo di Oropa. Il veneto si ripete così dopo il successo del 2013 e anche lui non è più solo una promessa -
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Lo prendiamo, con la sua maglia a brandelli all’arrivo della tappa di Savona, a esempio di una Movistar strepitosa nell’appoggiare il proprio capitano Quintana. Soprattutto in due occasioni: la discesa dello Stelvio e la tappa dello Zoncolan –
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Vincere in maglia rosa non capita a tutti: l’australiano – anche lui classe ’90 – ci riesce a Montecassino, in una tappa in cui ha dimostrato di essere ben più che un velocista. Peccato per il ritiro, ma può essere soddisfatto –
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Scagionato da un caso clenbuterolo à la Contador solo poche settimane prima del Giro, è stato chiamato a correrlo in extremis, per i problemi di visto di un compagno. Firma due successi-capolavoro a Savona e soprattutto sullo Zoncolan. Una roccia –
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Quando la strada sale, è sempre il primo ad attaccare. Non sempre, anzi quasi mai, raccoglie quello che sperava, ma ha il merito non da poco di animare la corsa. Il quarto posto non è da buttare: per fare di meglio deve migliorare a cronometro –
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Giovincello di belle speranze, brilla soprattutto nella prima parte del Giro, poi deve pensare solo a difendersi. Fa esperienza – e serve – e si dimostra un ottimo corridore in prospettiva. Per capirne di più, bisognerà aspettare –
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Il quinto posto finale non è male, ma un Giro così tosto era un’occasione unica per il lucano. Che attacca e sa anche guidare la squadra in modo autorevole, ma poi è mancato sulle ultime salite. Avesse almeno vinto una tappa... –
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Ha il merito di credere insieme a Quintana e Rolland alla folle – e contestata – impresa nella tappa con Gavia e Stelvio. Galleggia in classifica anche dopo che la cronosquadre aveva buttato a terra lui e mezza squadra. In fondo, però, arriva lontano –
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Sarebbe stato bello vederlo battagliare con Quintana, Uran e Aru in salita. Ma “Purito” rimedia le ennesime cadute e gli ennesimi infortuni di un’annata fin qui terribile e deve lasciare prima che arrivi qualche tappa buona per lui –
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Quattro volte secondo e una volta terzo, trova sempre qualcuno che riesce a batterlo. Non si può, in fin dei conti, fargliene davvero una colpa. Si conferma uno dei migliori velocisti in circolazione: ed è un’89, può crescere ancora –
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Chi sembra davvero aver raggiunto la fine della parabola è Cadel Evans. Che, sì, si veste di rosa dopo tanto tempo che non accadeva, controlla la corsa in modo esemplare per dieci giorni, ma crolla appena arrivano le tappe più dure –
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Brutto Giro davvero anche per Michele Scarponi, che sperava in un colpo di coda e si è ritrovato a fare da spettatore al “boom” del compagno Aru. Quel che è peggio è che si rende poco utile alla squadra e questo preoccuperà Nibali in vista Tour -
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Vedi un po’ il discorso fatto per Evans, con la differenza che il varesino non emerge mai tranne che in un’occasione, quando va in fuga verso rifugio Panarotta. Ma anche lì deve arrendersi a gambe che non sono più all’altezza dei rivali -
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