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Vuelta di Spagna: la storia e la maglia rossa degli ultimi anni

Ciclismo

Alfredo Corallo

Nell'albo d'oro della Vuelta ci sono le "firme" di grandi corridori come Gimondi, Merckx, Anquetil, Hinault e nell'ultimo decennio Nibali, Froome, Contador, Aru, Valverde, Quintana e Simon Yates, vincitore dell'ultima edizione. Una corsa ricca di storia, ma spesso - e ingiustamente - un po' "snobbata"

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El Fénix - così lo chiamavano in Spagna - aveva appena strappato (per 11 secondi) la maglia amarillo al cantabrico José Pérez Francés con una fuga d'antologia, 57 chilometri in perfetto stile "Nuvola Rossa": soltanto quattro giorni separavano ora Felice dal sogno di diventare il primo italiano a cingersi della tripla corona - la vittoria nei tre Grandi Giri - ed eguagliare il francese Jaques Anquetil. Ma il risveglio del nuovo leader maximo della Vuelta sarà tutt'altro che dulce: è scoppiata una bomba, sono stati quelli dell'ETA, i terroristi baschi; gli organizzatori scelgono la linea della prudenza, la Vuelta si ferma: oggi non si corre. 

IL "CANNIBALE" DI SEDRINA

È in quel mondo lì, sconquassato dalla Rivoluzione studentesca e dalla Primavera di Praga, nel pieno del Maggio francese, che nel 1968 Gimondi vince il Giro di Spagna. Che riprende, come se (quasi) nulla fosse successo, all'indomani dall'esplosione: da Pamplona a San Sebastián, per l'ultima cronometro che a Tolosa deciderà la corsa. Il bergamasco è una furia, Perez non può che inchinarsi alla classe del "cannibale" di Sedrina che dà un minuto e mezzo (1'32") allo spagnolo e vola a Bilbao per riscrivere la storia del pedale. Che a dirla tutta "quello là", che del cannibale vanta il (meritato) copyright, il triplete lo farà "solo" nel 1973, quando - peraltro - le prese di santa ragione dall'immortale Felice, al Mondiale di Barcellona, che sempre Spagna è, o almeno lo era.

Felice Gimondi, scomparso lo scorso 16 agosto, in uno scatto del maggio 2018 per il cinquantennale della vittoria nella Vuelta del 1968 (foto Lapresse)

 

FURIE ROSSE

E allora guai a sottovalutare la Vuelta a España, relegata troppo spesso nell'immaginario collettivo a una cugina più che a una sorella del Giro d'Italia e del Tour de France; una sorta di ciliegina sulla torta piuttosto che zuccherino/premio di consolazione per salvare una stagione andata a male. Perché se qualcuno non se ne fosse accorto sull'albo d'oro della carrera iberica sono marchiati a fuoco i nomi di Gimondi, Eddy Merckx, Anquetil, Raymond Poulidor, Luis Ocaña, Freddy Maertens, Bernard Hinault; e, se non bastasse, nell'ultimo decennio ci hanno messo la firma i migliori artisti del ciclismo contemporaneo: Chris Froome, Alberto Contador, Alejandro Valverde, Nairo Quintana, il campione in carica Simon Yates e naturalmente le nostre maglie rosse Fabio Aru e Vincenzo Nibali, un altro che di triple corone se ne intende. Senza dimenticare la commovente impresa del 42enne yankee di Okinawa Chris Horner, il più vecchio di sempre a vincere un giro. Un Grande Giro.

Il sardo Fabio Aru è stato l'ultimo corridore italiano a vincere la Vuelta, nel 2015 (foto Lapresse)