Pantani, trionfi e cadute: la leggenda del 'Pirata' a 20 anni dalla morte
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Il 14 febbraio del 2004 ci lasciava il grande campione romagnolo, eroe tragico e amatissimo: l'ultimo capace di vincere Giro e Tour nello stesso anno. La storia di Marco attraverso gli scatti più iconici della sua carriera
di Alfredo Corallo
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- Dopo un lungo inseguimento, Lucio Battisti era riuscito a riprendere e staccare Gianni Morandi, in 'fuga' con la sua Belinda nella classifica dei 45 giri. È così, sulle note di Mi ritorni in mente, che il 13 gennaio del 1970 al "Bufalini" di Cesena - alle 11.45 - nasce Marco Pantani: come nel più nostalgico dei déjà vu. Mamma Tonina sta bene, il bimbo è una bellezza: pesa quasi 4 chili! E non vede l'ora di conoscere la sorellina Manola, babbo Paolo e i nonni Delia e Sotero, in dolcissima attesa nella loro casa di Via Saffi, a Cesenatico.
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- Marchino cresce a piadina e squacquerone, la specialità di famiglia, e muove i suoi primi passi sul campetto di calcio dell'incantevole borgo romagnolo. "Amava giocare a pallone - ci raccontò una volta Paolo Pantani - all'ala destra: era leggerino, ma volava su quella fascia! Certo, non la passava mai... voleva dribblarli tutti e il mister si arrabbiava. E pure i compagni non è che facessero salti di gioia...". Tifosissimo del Cesena e milanista come il babbo, alla bici, insomma proprio non ci pensava. Ancora per poco...
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- "Il calcio gli piaceva - confermava la signora Pantani - però si arrabbiava perché lo mettevano sempre in panchina. Allora mi prendeva la bicicletta e inseguiva i coetanei della "Fausto Coppi", la squadra di Cesenatico. Ma loro avevano le bici da corsa, e lui la mia 'Graziella'. Quando tornavo a casa dal lavoro, era distrutto, ma felice. "Sono stato con loro - mi diceva - ma non mi hanno mica staccato...".
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- Finché un bel giorno, i ragazzi della Coppi - che spesso lo sfottevano, rigorosamente in slang felliniano: "Lasa 'ndè il palòne, burdèl, che il calcio l'è roba da fighetti! Vieni a farti il culo con noi..." - andarono a parlare con il babbo. Se andava forte con una 'Graziella', figuriamoci con una bici da corsa. "Parlai con Roby Amaducci (il primissino coach di Pantani, ndr) e dissi a Marco: va bene, ma se non ci riesci col ciclismo vieni a cambiare tubi con me o vai a fare le piadine con la mamma".
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- E fu sempre il signor Paolo, idraulico, a indicargli la rotta da seguire. Al debutto, a Case Castagnoli di Cesena, il 22 aprile 1984 di nascosto gli infilò un biglietto nella tasca della magliettina. "Gli scrissi: non aspettare la volata, che ti fregano! Sulla salitella scappa, che arrivi da solo...". Il finale, insomma, era già scritto: "Vinse - rammenta Pantani Senior - e non si fermò più. Poi tornava a casa e lavava la bici nella vasca da bagno, l'asciugava col fon e se la portava a letto...".
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- A 16 anni è già l'astro nascente del ciclismo romagnolo, ma la sua carriera da juniones non nasce sotto una buona stella: nel 1986 finisce contro un camion e rimane in coma per 24 ore; qualche mese dopo prende in pieno un'auto, riportando varie fratture. Ma non si abbatte e scala, uno ad uno, i gradini del podio al Giro d'Italia dilettanti: terzo nel 1990, secondo nel 1991 e vince nel 1992, conquistando anche la classifica scalatori.
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- Nell'agosto del 1992 entra nella Carrera Jeans di Davide Boifava, da gregario del Diablo Claudio Chiappucci. All'esordio assoluto si piazza quinto al Giro del Trentino e debutta al Giro d'Italia '93, costretto precauzionalmente al ritiro a poche tappe dalla fine - da 18° in classifica generale - per via di un problema al tendine d'Achille. Ma si rifarà...
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- Nel 1994 torna al Giro e il 4 giugno, nella 14^ tappa Lienz-Merano, scatta a un chilometro dalla vetta del Passo di Monte Giovo e incide il suo nome per la prima volta nella storia della corsa rosa. Pettorina numero 34 e giù in discesa libera: con tutto il peso dietro, il mitologico 'sedere' sulla ruota posteriore che ancora lo vediamo rincorrere e superare a 90 all'ora Pascal Richard, in fuga dalla mattina. È il colpo di fulmine, un proiettile al cuore degli innamorati di pedivelle, sudore e montagne da scalare.
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- Per niente sazio, il giorno dopo plana come un camoscio sul Mortirolo e sull'Aprica apre le folle alla maniera di Mosé imponendo ai rivali un distacco monstre al traguardo: due minuti e cinquanta secondi al suo capitano Chiappucci, 3'30" a Miguel Indurain e oltre quattro alla maglia rosa Evgenij Berzin, che alla fine quel Giro lo vincerà. Ma che sinfonia: Pantani sul podio di Milano al secondo Giro in carriera davanti a un 'dio' come il navarro al ritmo di 400 watt. "Il cardiofrequenzimetro? Io vado a orecchio...".
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- Già che c'è... fa un salto anche al Tour e stupisce, nel suo stile: dopo le prove generali al Tourmalet (2° all'arrivo di Luz Ardiden) e ormai con i gradi di capitano per il ritiro di Chiappucci, mette paura a Indurain sull'ascesa al Monte Calvo, che completa con il tempo record di 28'20"; si arrende soltanto a Ugrjumov nella cronoscalata Cluses-Morzine Avoriaz e sfila sulla passerella degli Champs-Élysées indossando la maglia bianca di miglior giovane, terzo sul podio con Miguelón e il russo, nel gotha del ciclismo internazionale.
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- Nella primavera del 1995, un altro scontro con una macchina durante un allenamento lo costringe a saltare il Giro, ma non il Tour, rinfrancato dalla prova di forza sul Bisberg Peis, al Giro di Svizzera. Sbarca in Francia con un nuovo look, piratesco, capelli rasati e orecchino, e torna a Cesenatico con un cospicuo tesoretto: le vittorie sull'Alpe d'Huez e nella tappa pirenaica di Guzet Neige, insieme alla 'solita' maglia di meilleur jeune. Ma lontano, lontanissimo nella generale dal pentacampeón Indurain.
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- È ancora lo spagnolo a 'privarlo' di un oro che, per l'andamento della corsa, con tanto di fuga nella penultima tornata, avrebbe meritato nella gara in linea dei Mondiali disputata l'8 ottobre del 1995 a Duitama, in Colombia. Unico superstite della spedizione azzurra a giocarsi la maglia iridata, si preoccupa troppo di marcare il favoritissimo Indurain e finisce per lasciarsi scappare l'altro iberico, Abraham Olano, arrivato ugualmente primo al traguardo nonostante una ruota posteriore a terra per l'intero, lunghissimo rettilineo conclusivo.
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- Dieci giorni più tardi ancora un incidente, il più grave della sua carriera, alla Milano-Torino. A 7 chilometri dall'arrivo, a metà della picchiata che da Pino Torinese porta al capoluogo piemontese, Marco si schianta contro un fuoristrada che procede incredibilmente nel senso contrario alla corsa. Il bilancio è devastante: frattura scomposta di tibia e perone sinistro, contusioni al volto, ai gomiti, alle ginocchia. "Caro Beppe, se sono vivo è per un miracolo", sussurra al suo direttore sportivo Martinelli, che lo stringeva tra le braccia.
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- Ma il ragazzo ci aveva fatto l'abitudine e 5 mesi dopo l'incidente torna in sella per prepararsi alla stagione 1997. Tra un allenamento e l'altro, si diverte con gli amici al karaoke (canta le canzoni del suo idolo Vasco Rossi, ma il suo cavallo di battaglia è Gente di mare di Raf e Umberto Tozzi) e partecipa a un paio di puntate di Mai Dire Gol da 'assistente' dei Bulgari, 'intervistato' dal deejay balbuziente 'Johnny Glamour', tutte creature di Aldo, Giovanni e Giacomo.
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- Il 1997 si apre con una grossa novità: la Carrera abbandona le corse e Pantani - affiancato da Roberto Conti e dal neo-professionista Stefano Garzelli - firma per un piccolo team romagnolo, la Mercatone Uno, patrocinato da Romano Cenni e guidato da Luciano Pezzi, già diesse di Felice Gimondi. La Vuelta a Murcia e le classiche di Primavera avevano rinvigorito il corridore, pronto - finalmente - per competere ai massimi livelli nei Grandi Giri.
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- Ma lo 'zampino' della malasorte è sempre in agguato quando c'è di mezzo Marco, stavolta al Giro. Il 14 maggio è in programma la 9^ tappa, da Mondragone a Cava de' Tirreni: nella discesa del Chiunzi, che conduce sulla Costiera, un gatto siamese attraversa la strada provocando la caduta di diversi corridori, tra cui - ovviamente - Pantani. Che chiude con 20 minuti di ritardo per una coscia sinistra fuori uso e si ritira. Molto peggio, in verità, andrà al povero Puffy, che morirà qualche giorno dopo per i danni subiti nell'impatto.
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- "Avrei voluto essere battuto dagli avversari, invece ancora una volta mi ha sconfitto la sfortuna", le parole del romagnolo in ospedale. Ma recupera in tempo per il Tour '97 - il primo con la 'bandana' - e per scrivere altre due pagine memorabili alla Grande Boucle: il bis da record all'Alpe d'Huez (percorso in 37 minuti e 35 secondi) e il capolavoro di Morzine, che gli vale il podio di Parigi al fianco del vincitore Jan Ullrich e di Richard Virenque (Indurain aveva appeso la bici al chiodo ad inizio anno).
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- Dopo sfortune indicibili e il ritiro del 1997, Pantani pensò al Giro '98 come il trampolino perfetto per vincere il Tour, ma senza strafare: almeno finché Zulle non si azzarderà a "doppiarlo" (+3 minuti e mezzo) nella cronometro. "Purtroppo il ciclismo dà molto più spazio ai cronoman che agli scalatori, ma non possiamo portare Zulle in carrozza fino a Milano". Tre tappe dolomitiche per ribaltare 4 minuti di svantaggio: l'alba di una stagione dorata che sbocciò come una rosa al fiorire dei primi di giugno.
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- Pantani aveva già stuzzicato la 'talpa svizzera' sul Piancavallo, ma il vecchio Alex non aveva mollato la maglia rosa. Così, la scalata al Giro si apre nell'Asiago-Selva Val Gardena delle 5 stelle: Duran, Staulanza, Marmolada, Pordoi e Sella. L'attacco va sferrato sulla Regina delle Dolomiti, che il romagnolo s'era fatto raccontare strada facendo dal compagno Conti, ormai esausto: "Oh, ma quand'è che attacchi? Guarda che io non ce la faccio più...". E lui: "Ma quando inizia la Marmolada?". "Marco, siamo già a metà della Marmolada...".
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- Pantani è una furia: riprende Tonkov, mentre Zulle s'inchioda sul Passo Sella. Sul rettilineo finale - con la rosa virtuale sulle spalle - lascia vincere il compagno di fuga Guerini. Ma il russo non ci sta e risponde sull'Alpe di Pampeago: il Giro si decide a Plan di Montecampione, nella penultima tappa. È un caldo bestiale, il duello s'infiamma a 16 chilometri dal traguardo: via il cappellino (Tonkov), via gli occhiali e il piercing (Pantani) che la vetta è a un passo. Ma il russo è cotto: "Non sentivo più le mani, le gambe, mi sono arreso".
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- Tonkov spera ancora di recuperare il minuto e 33" che lo separa dal Pirata nella crono di Lugano, ma ora è un altro Pantani: tiene l'impugnatura del manubrio come un vero cronoman, cura ogni dettaglio della bici, fa alzare il sellino di un millimetro e non ce n'é più per nessuno. "La paura di perdere questa maglia mi ha dato delle energie incredibili", confessa all'arrivo. Dedica il successo a Luciano Pezzi, un secondo padre per lui, gravemente malato. E i compagni si rasano a zero come Marchino: "Per lui faremmo qualsiasi cosa".
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- L'Italia aveva il suo nuovo eroe, l'unico che avrebbe potuto vendicarci a Parigi per la 'rosicata' Mondiale del rigore di Gigi Di Biagio che aveva lasciato un'eco di rimpianti grossa come una casa sulla traversa di Saint-Denis: il fragore di quel legno rimbombava ancora nei timpani dei tifosi italiani che, ora, si affidavano a Pantani per rovinare la festa ai cugini, gonfi di champagne dal 12 luglio, ormai, 'fenomenali' contro il Brasile orfano di Ronaldo. È il Tour del 1998, bellezza: "Pirata riporta a casa 'sta Gioconda, va là...".
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- Pantani si presentò con spirito garibaldino e la smania imperialistica del primo Napoleone: il re del Giro è pronto a issare il Tricolore e far risuonare l'inno di "Romagna mia" sotto l'Arco di Trionfo. D'altronde, il tonfo di quell'eliminazione si era udito fino a Dublino, dove il giorno precedente alla finalissima era partita l'85^ edizione del Tour e anche Marco non era rimasto indifferente ai rigori azzurri, calciati da due suoi beniamini milanisti (Costacurta e Albertini) e dall'idolo di sempre Roberto Baggio.
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- Ricordate la 'dritta' del babbo al suo debutto? Perché tornò utile a Marco sul Galibier in quel pomeriggio di tregenda che fu la 15^ tappa e che lo proiettò per sempre nel mito. Piove, è un freddo boia e Pantani - già vincitore a Plateau de Beille - deve recuperare 3 minuti in classifica da Ullrich. A 4 km e mezzo dalla cima lo scatto del Pirata, che lascia di sasso il rivale e stronca sul nascere l'azione di Leblanc. Allo scollinamento ha un vantaggio di 2'46" sulla maglia gialla e sull'ultima salita esagera: al traguardo sarà di 9 minuti!
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- Dopo Fausto Coppi, Jacques Anquetil, Eddy Merckx, Bernard Hinault, Stephen Roche e Indurain anche Pantani riesce nell'impresa di vincere Giro e Tour nella stessa stagione, regalando all'Italia la Grande Boucle a distanza di 33 anni da Felice Gimondi che, il 2 agosto, lo premierà sul podio degli Champs-Élysées. Sulle orme di Bottecchia ('24 e '25), del Campionissimo ('49), Gino Bartali ('38 e '48) e Gastone Nencini (1960). "E i francesi ci rispettano, che le balle ancora gli girano...".
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- La gloria e un'immensa popolarità accompagnano Pantani al Giro d'Italia del 1999, toccando l'apice del suo fulgore il 30 maggio, nella 15^ tappa, autore della più grande impresa del ciclismo moderno. Pantani veleggia in maglia rosa, ma sulla salita che porta al Santuario di Oropa la catena fa crack: con l'aiuto dei gregari supera 49 corridori, riprende Paolo Savoldelli (secondo in generale) e a 3 km dall'arrivo - su pendenze del 10-13 per cento - stacca Jalabert. Non si accorge nemmeno di aver vinto, finché non sarà abbracciato dai compagni.
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- Sulle Alpi, completa l'opera: vince a Pampeago e si ripete a Madonna di Campiglio, accumulando un vantaggio abissale sui più diretti inseguitori Savoldelli (5'38") e Ivan Gotti (6'12"). Il 5 giugno, al risveglio, la 'sentenza' dei test medici: il suo valore di ematocrito è del 51,8%, di poco superiore al margine di tolleranza dell'1% sul limite massimo consentito dai regolamenti. Pur non risultando positivo a un controllo antidoping, viene escluso dal Giro "a scopo precauzionale" e sospeso per 15 giorni. È l'inizio della sua odissea.
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- Marco, 'benedetto' dal Santuario di Oropa, ma 'scomunicato' a Madonna di Campiglio, rinuncia al Tour e si chiude in casa, vittima di una forte depressione e della cocaina. "Pochi giorni dopo l'esclusione - ricorderà il giornalista - a sorpresa, mi cercò per farsi intervistare, pur sapendo che fui uno dei primi a denunciare il doping nello sport. 'Almeno lei mi starà ad ascoltare', mi disse. Lo raggiunsi a Cesenatico e lo intervistai. Era travolto da un sistema più grande di lui, spezzato e messo all'angolo, completamente solo".
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- "Hai tutta l'Italia che ti sta guardando in questo momento: c'è qualcosa che vorresti dire guardandola dritta negli occhi?", chiede Minà. E Pantani: "Vorrei dire che sicuramente esistono i problemi, che tutti possiamo sbagliare. Ma dovremmo imparare a pensare qualche secondo in più, piuttosto che dare dei verdetti e condannare le persone ancora prima che abbiano commesso qualche cosa. Perché nella nostra società, non solo nello sport, si viene condannati ancora prima che ci si possa difendere".
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- Il percorso di riavvicinamento alle corse è oscuro, travagliato, ma l'onesto contributo al compagno di squadra Garzelli - vincitore del Giro 2000 - invoglia Pantani a sfidare Lance Armstrong al Tour. È una lotta impari - in futuro sapremo perché - ma il Pirata ha uno scatto d'orgoglio, anzi due: batte in volata il texano sul Mont Ventoux e lo stacca, addirittura, di 51 secondi sul Courchevel. Due 'graffi' che non intaccheranno il dominio dello statunitense, ma ne urteranno i nervi.
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- "Non mi è piaciuto come si è comportato l'elefantino". Il cowboy che amava sparare sulla Croce Rossa non aveva perdonato all'irriducibile romagnolo la 'scoppola' subita sul Courchevel e il suo sfogo al traguardo, che tratteneva dall'umiliazione del giorno prima sull'Izoard, quando Armstrong lo aveva staccato con un'azione al limite dell'irrisione nel momento del suo massimo sforzo. "Mi era rimasto sullo stomaco che mi fosse scattato in faccia - dirà a caldo Pantani - ma è il leader e bisogna rispettarlo".
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- In quella conferenza stampa del 17 luglio, Armstrong non si limitò al vezzeggiativo disneyano, ma ci tenne "candidamente" a precisare che sul Mont Ventoux gli aveva concesso la vittoria. "Di errori ne commettiamo tutti, io ne ho fatto uno grande: farlo passare - attaccò l'americano -. Quel pomeriggio ero io il più forte, ma l'ho lasciato vincere perché aveva trascorso un anno terribile. Da allora il suo comportamento mi ha molto deluso, mostrando il suo vero volto. Gli ho fatto un regalo: ora so che non avrei dovuto".
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- L'utopia dello scalatore italiano si materializzerà sul Col de Chatillon-Cluses, sull'ultima salita di quell'edizione, quando era ancora 6° in classifica generale, ma con un distacco impossibile di 9 minuti da Armstrong. L'arrivo a Morzine fu un Calvario, in serata l'annuncio del ritiro, ufficialmente per un problema intestinale. Fu il canto del cigno per Marco. Il secondo dei 7 Tour 'fake' per lo statutinense, tutti revocati nel 2013 per il sistematico utilizzo di pratiche dopanti del corridore e della sua squadra.
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- Sfibrato dai processi, dalle calunnie, dalla droga, Marco non ha più voglia di fare la guerra, come la Sally di Vasco. Fa un'ultima apparizione al Giro 2003 - chiudendo 14°, nonostante tutto - ma non è più lui. Il resto è solo dolore, per la famiglia che reclama ancora giustizia, i veri amici, per tutti quei tifosi lo hanno amato - e continuano ad amarlo - incondizionatamente. Perché - come diceva Adriano De Zan, storico commentatore della Rai - "Quando la strada si rizza sotto i pedali Pantani è il più forte, non c'è niente da fare".
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- La sera del 14 febbraio 2004 il suo corpo viene ritrovato senza vita a Rimini in una stanza del residence "Le Rose", morto a causa di un edema polmonare e cerebrale conseguente a un'overdose di cocaina e psicofarmaci. E ci ritornano in mente le sue parole a Gianni Mura: "Perché vado così forte in salita? Per abbreviare la mia agonia". E i versi di Tradimento e perdono, scritta per lui da Antonello Venditti: "Era San Valentino, l'ultimo arrivo. E l'hai tagliato tu".