Formula 1, GP Germania. Sky Spy, Toro Rosso è un laboratorio viaggiante

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Parliamo di test, quelli che la Red Bull ha consentito al suo prossimo partner Honda, che oggi spinge le Toro Rosso. Sede delle prove? Il Mondiale in corso! 

GP GERMANIA, LE QUALIFICHE IN DIRETTA

Partiamo da una premessa: far parte di una grande famiglia, e quella della Red Bull grande lo è davvero, comporta oneri e onori. Negli ultimi quindici anni far parte dei programmi sportivi della azienda di bevande energetiche austriaca ha rappresentato una chance enorme per molti piloti, riusciti a cogliere l’opportunità di pianificare una carriera da professionista senza cacciare un solo euro. Al di là di chi ha raggiunto i traguardi più ambiziosi in Formula 1 (come Sebastian Vettel, Daniel Ricciardo e Max Verstappen), anche molti altri giovani pur non riuscendo a sfondare nel Circus hanno comunque trovato sbocchi alternativi professionali.  L’ultimo esempio è Jean-Eric Vergne, fresco campione di Formula E, ma la lista è ben corposa.

Anche gli addetti ai lavori che non indossano casco e tuta hanno colto l’opportunità di lavorare in un contesto rivelatosi in diversi casi un trampolino di lancio. Non solo nel team Red Bull, ma anche in Toro Rosso, ovvero la ex-Minardi che dalla fine del 2005 è diventata lo junior team del gruppo austriaco. Investimenti pianificati, una sede all’avanguardia, tutto ciò che serve per bene figurare a metà gruppo, ovvero la destinazione naturale del team chiamato ad essere l’università in cui i giovani piloti del gruppo devono confermare di essere pronti a meritarsi la grande chance.

Fin qui gli onori, indubbiamente di grande portata, ma ci sono anche gli oneri. Nel 2016, ad esempio, la Toro Rosso dovette rinunciare improvvisamente a Verstappen a causa dell’ormai famoso scambio di volanti deciso da Helmut Marko tra l’olandese e Daniil Kvyat. Verstappen salutò tutto il gruppo di lavoro di Faenza (sede della Toro Rosso) e volò in Red Bull, e Kvyat tornò nel team con cui aveva mosso i primi passi in Formula 1. Ma le motivazioni del russo erano completamente azzerate, e conquistò solo quattro punti in diciassette gare, dopo che Verstappen (con la stessa monoposto) ne aveva messi insieme tredici nei primi quattro GP. La Toro Rosso raccolse meno di quanto previsto, ma fa parte del gioco. Ogni investimento alla fine deve garantire un risultato, e la Toro Rosso è pur sempre una squadra satellite al servizio del pianeta Red Bull. Chiariamo: ben vengano strutture di questa qualità, sarebbe un gran bene per la Formula 1 averne di più, ma spesso ci scordiamo che gli obiettivi di un junior team non sono sempre frutto di conclusioni che vengono prese nel box o nella sede della squadra stessa.

L’ultimo esempio arriva dalla decisione presa dai vertici della Red Bull di sacrificare la stagione della Toro Rosso per permettere alla Honda di poter sviluppare al meglio la sua power unit in vista dell’esordio ufficiale con il team maggiore della famiglia nel 2019. Oggi la Formula 1 gira solo nei weekend di gara, e tutte le novità tecniche vengono portate in pista nelle prove libere dei Gran Premi, come siamo abituati a vedere ormai da qualche tempo. Ma se per provare una soluzione aerodinamica ci vogliono pochi giri, per valutare una power unit bisogna macinare tanti, tanti chilometri. Ecco allora l’idea Red Bull: sacrificare la stagione della Toro Rosso per consentire alla Honda di utilizzare i weekend di gara come fossero dei test. Ovviamente non vuol dire che vedremo chissà quali diavolerie tecniche montate e smontate nel box della Toro Rosso tra una sessione e l’altra, ma gli ingegneri giapponesi non si faranno problemi a portare in pista nuove soluzioni con continuità, senza badare molto alle penalità che comporta la sostituzione della power unit di turno.

Gli attuali piloti della Toro Rosso sono già al corrente della situazione, anche se ufficialmente non lo ammetteranno mai, e se nessuno glielo ha detto con chiarezza se ne saranno accorti da soli. Brendon Hartley ha già scontato tre penalità sulla griglia di partenza avendo usato ben sei motori termici nelle prime dieci gare (il regolamento ne prevede tre per l’intero campionato), ed anche il compagno di squadra Gasly ha già superato il limite montando la power unit numero quattro. Dopo aver conquistato diciannove punti nei primi nei primi sei Gran Premi dell’anno, la Toro Rosso ha visto il bilancio delle ultime quattro gare fermo a quota zero.

Il “laboratorio viaggiante” serve a non lasciare nulla di intentato in vista dello sbarco in Red Bull, e i giapponesi la chance non se la lasciano certo scappare. “Se trovano performance al banco è opportuno che la verifichino anche in pista – ha commentato a denti stretti Helmut Marko – anche se questo comporterà delle penalità da pagare”. E così Gasly e Hartley dopo l’accordo Red Bull–Honda per il 2019 sono passati dall’essere piloti di Formula 1 ad un compito di pseudo-collaudatori, magari di gran lusso e non proprio di ruolo, ma con tutti i rischi del caso. Ma così han deciso ai vertici, e bisogna adattarsi. Oneri e onori, appunto.