Formula 1, la storia dell'Alfa Romeo nel Mondiale

110 ANNI

Michele Merlino

La Casa del Biscione compie i suoi primi 110 anni: ripercorriamo tutta la sua avventura in Formula 1 attraverso le tre fasi della sua storia. In principio fu la 158 disegnata da Gioacchino Colombo

I 110 ANNI DELL'ALFA ROMEO: LA DIRETTA - PILOTI - AUTO

Fortuna? Coincidenza? Politica? Il Mondiale di Formula 1 nasce nel 1950, su istanza del Conte Antonio Brivio, delegato italiano alla FIA. L’idea è logica: riunire in un’unica serie i vari Gran Premi che si corrono nelle varie nazioni, in modo da determinare un campione del mondo. In quegli anni le vetture italiane dominano e la proposta di Brivio ha le spalle ben coperte da un’industria motoristica tricolore che non è seconda a nessuno.

La gloriosa 158

Nei GP corsi dal 1946 al 1949 si nota chiaramente un predominio di Alfa Romeo e Maserati, con le ERA (inglesi) e le Talbot (francesi) a fare da comparse. La vettura che schiera l’Alfa Romeo è la 158 disegnata da Gioacchino Colombo. Non è nuova: corre per la prima volta nel 1938, curata dalla Scuderia Ferrari, prima che quest’ultima divenga una costruttrice di automobili, ma il suo potenziale enorme rimane confinato all’Italia. A causa dell’imminente Seconda Guerra Mondiale e le tensioni tra nazioni europee, la 158 rimane quasi un “segreto italiano”.

All’istituzione del mondiale nel 1950 tuttavia, la 158 è la vettura da battere: non ci sono più le Auto Union dominatrici dell’anteguerra e non ci sono nuovi costruttori o nuovi modelli. La 158, nel frattempo potenziata, si trova praticamente senza rivali: mondiale nel 1950 con Farina e nel 1951 (con la 159) con Fangio, poi il ritiro.

Perché c’è un problema: Enzo Ferrari ha abbandonato l’Alfa e si è messo a costruire vetture in proprio. E che vetture! Per l’Alfa sarebbero necessari grossi investimenti per contrastare lo strapotere dell’”ex dipendente”. Non solo: la 158/159 è arrivata alla fine della sua vita utile: il cambio regolamentare di cilindrata per il 1952 richiede una vettura progettata ex novo, e l’Alfa dice basta con la Formula 1.

Turbo e non

Il ritorno dell’Alfa Romeo alle corse è nell’aria nella seconda metà degli anni ‘70: la fornitura dei 12 cilindri boxer alla Brabham a partire dal 1976 è la base su cui costruire una monoposto vera e propria, che fa il suo esordio nel 1979, sviluppata dalle officine Autodelta, nome con cui l’Alfa si iscrive al mondiale di Formula 1. La 177 è una vettura sperimentale, che sfocia nella più matura 179, affidata per la stagione 1980 a Bruno Giacomelli e Patrick Depailler. L’Alfa in questo primo anno deve subito fare i conti con la perdita del francese, nei test di Hockenheim: Vittorio Brambilla e poi Andrea de Cesaris prendono il suo posto. L’Alfa mostra un buon potenziale, ma è una bomba ad orologeria: vede solamente tre volte il traguardo su 26 partenze. Giacomelli è quinto in Argentina e Germania ed ottiene la pole a Watkins Glen, ma paga quasi sempre la fragilità della 179. Il progetto evolve con la 179B, C e D, per poi diventare la 182: sono le monoposto con cui l’Alfa corre nel 1981 e 1982, conquistando due podi, prima di imboccare la strada del Turbo. Nel 1983 appare la 183T e conquista due podi, un podio anche nel 1984 a Monza con Patrese, poi, il disastro. Per il 1985 i piloti sono gli stessi del 1984, Patrese e Cheever, ma la 185T sembra fatta di cristallo: si rompe spessissimo ed il team è costretto a schierare di nuovo la 184T. L’Alfa vive una stagione terribile: non riescono a mettere a segno nessun punto, patiscono 17 guasti in 25 partenze e, con il settore delle auto di produzione Alfa ugualmente in crisi, non ha senso continuare.

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Il presente

L’Alfa Romeo rientra alle corse, nominalmente, nel 2018, grazie a un’idea di Sergio Marchionne. Di questi tempi non è pensabile fondare un team ex-novo e pensare di essere competitivi: l’esperienza di HRT, Virgin e Lotus/Caterham è sotto gli occhi di tutti. E’ meglio percorrere la strada dell’acquisizione di un team esistente, con personale, tecnologia e monoposto già collaudate. Marchionne quindi mette gli occhi sulla Sauber, che nel 2018 si schiera con il nome di “Alfa Romeo Sauber F1 Team”. I motori sono già del gruppo Fiat/FCA (Ferrari) e, al pari del nome, comincia anche il cambiamento cromatico: le Sauber vengono ornate con un cofano rosso corsa ed il logo del biscione. La transizione fa un ulteriore passo avanti nel 2019, quando il nome Sauber sparisce: il team è ufficialmente “Alfa Romeo Racing” e le vetture sono, a tutti gli effetti schierate come Alfa. L’unico ricordo della Sauber è nella sigla della monoposto, C38. Tutte le Sauber infatti sono state contraddistinte dalla “C” seguita da un numero. Il motivo? “C” è l’iniziale del nome della moglie di Peter Sauber, Christine.