In Evidenza
Tutte le sezioni
Altro

F2, cinque anni senza Anthoine Hubert: dalla gioia di Monte-Carlo al buio di Spa

IL RICORDO

Lucio Rizzica

Il 31 agosto del 2019 accade quel che nessuno si aspetta. Che nessuno desidera, che nessuno vorrebbe mai raccontare. Il filo rosso dei due momenti indimenticabili per Hubert apre e chiude l’intero libro della giovane vita di un ragazzo di quasi 23 anni. Dalla gioia di Monte-Carlo al buio di Spa

F1, GP BELGIO: LA DIRETTA DELLA GARA

Condividi:

Il 25 maggio del 2019, sul suggestivo tracciato di Monte-Carlo, al termine del giro di formazione della gara Sprint di Formula 2, una monoposto rosa va a posizionarsi sulla piazzola della pole position. Merito della regola dell’inversione della griglia, certo, ma il pilota è bravo, è veloce, è appena arrivato nella serie cadetta dalla F3 di cui è il fresco campione ed è bello che gli si presenti una chance così importante proprio là dove i francesi si sentono di casa.

Perché Anthoine Hubert è di Lione, che sarà pure distante più o meno cinquecento chilometri dal Principato e non proprio dietro l’angolo ma, passando per Cannes e Avignone, in direzione Clermont Ferrand, viaggiando lungo l’A7 e l’A8, nessun francese è sembrato mai soffrire né la fatica né il traffico per tornare a casa. Figurarsi uno come lui, per il quale è quasi una passeggiata. E la sarebbe ancor di più se questa benedetta corsa andasse a finire bene.

La partenza qui è fondamentale e la BWT Arden di Hubert scatta come un fulmine quando si spengono i semafori al via. Alla Sainte-Dévote, Anthoine è già in testa e da quel momento non sbaglia più nulla fino alla fine. Ma negli ultimi giri la Carlin di Louis Delétraz, ginevrino, duro di testa e di carattere, capace di mettere a soqquadro un intero social per ritrovare degli auricolari persi durante un volo, le tenta tutte per sorpassarlo in un duello surreale.

Delétraz sembra un furetto a motore: prova a intrufolarsi ovunque. Ci prova al Loews, al Portier, in frenata alla Rascasse, cerca staccate impossibili e sorpassi improbabili, ma Hubert è sempre lì davanti a lui, a frenarne ogni iniziativa sul nascere. E' invalicabile. E sul traguardo il casco rosa del francese passa per primo sotto la bandiera a scacchi, con appena 59 millesimi di vantaggio sullo svizzero. Un trionfo al fotofinish, da cineteca.

Hubert è raggiante. Ha vinto la sua prima gara fra i cadetti e ora può guardare al futuro con fiducia. Ma non sa che a volte il futuro è sleale. Diceva il predicatore e politico Henry Ward Beecher che “ogni domani ha due maniglie. Possiamo afferrarlo con la maniglia dell’ansia o con la maniglia della speranza”. Di sicuro Hubert dopo Montecarlo il suo domani avrebbe voluto afferrarlo con la maniglia della speranza. Anche se a mio modesto parere, purtroppo, però Anthoine quella maniglia l'ha mancata.

Nella vita, ahimé, succede. E anche fin troppo spesso. A tre mesi appena da quel meraviglioso giorno, il mondo intorno ad Anthoine cambia e si capovolge. E il 31 agosto del 2019 accade quel che nessuno si aspetta. Che nessuno desidera, che nessuno vorrebbe mai raccontare. Il filo rosso dei due momenti indimenticabili per Hubert apre e chiude l’intero libro della giovane vita di un ragazzo di quasi 23 anni. Dalla gioia di Monte-Carlo al buio di Spa.

Spa-Francorschamps è un luogo iconico del mondo dei motori, anche se negli anni le sue caratteristiche sono notevolmente cambiate. Il tracciato originale era un’epopea di quasi quindici chilometri lungo le Ardenne (più breve, ma altrettanto duro e spettacolare di quello posto ‘a specchio’ al di là della stessa dorsale montuosa della Vallonia del Sud, il Nurburgring), che collegava strade pubbliche e borghi come Francorschamps, Malmedy e Stavelot.

Un fiumiciattolo, quasi un torrentello, l’eau rouge, affluente destro dell’Amblève, che sfocia nei pressi di Stavelot e dà il nome a una salita ripidissima, preceduta da una forte depressione e un punto cieco, di dislivello di circa 25 metri: il Raidillon, che culmina all’Acqua Rossa (‘Eau Rouge’, appunto). Un tratto veloce e pericoloso dove non c’è grande pilota che non sia andato almeno una volta fuori pista, pur di tenere con coraggio giù l’acceleratore per preparare il rettilineo successivo.

Quel giorno di fine agosto, tutto va ‘esattamente come non sarebbe dovuto andare. Una lunga catena di eventi negativi in sequenza che da il via a una carambola fatale. L’auto di Giuliano Alesi colpisce una barriera uscendo proprio dall’Eau Rouge, forse perdendo il controllo per un calo di pressione dello pneumatico posteriore destro. Ma questo non si saprà mai. Nonostante mille e più di mille accurate indagini tecniche.

Per evitare Alesi, Boschung (un altro svizzero) e Hubert si spostano, ma si toccano. Il francese sta andando a più di 260 km/h, è senza l’ala anteriore persa al Raidillon -dove ha colpito le barriere- e rimbalza in pista in traiettoria proprio in uscita di curva. Già ci sono le bandiere gialle esposte, ma Correa arriva sui detriti dell’auto di Alesi e perde a sua volta il controllo, andando a impattare su Hubert a circa 218 km/h, con un angolo di 86°. Hubert subisce una decelerazione di 81G.

 La quantità di energia che si trasferisce e va a dissiparsi nell’impatto si traduce in un trauma violentissimo e fatale per Anthoine e in lesioni gravissime alle gambe per JM Correa (che rischierà l’amputazione di un piede, subirà diversi interventi chirurgici e soffrirà molto per Anthoine Hubert, al quale era legato da un rapporto molto speciale). Da quel giorno di agosto sono trascorsi oggi cinque anni. Dal giorno in cui quel casco rosa si è fermato per sempre a Stavelot.

2020 Belgian GP

Hubert non è mai stato dimenticato. Il suo numero, il suo nome hanno viaggiato ancora sulle monoposto. In suo onore viene premiato il miglior ‘rookie’ dell’anno. Correa è tornato a correre ed esulta portandolo sempre con sè nel cuore. Si torna a parlare prepotentemente di Anthoine ogni volta che si torna a Spa, un po’ olimpo e un po’ inferno del mondo dei motori. E soprattutto a Spa sembra a tutti ancora più evidente che JM Correa non entra più in macchina da solo.

Anthoine Hubert in tre mesi -cinque anni fa- è passato dal sogno alla morte ed ha pagato un prezzo carissimo alla sua passione. La malinconia prende alla gola. So bene che ‘motorsport is dangerous’quanti amici, quanti ragazzi ho visto morire in questi anni. Ho imparato a considerarlo, non ad abituarmi. Un anno fa, sempre a Stavelot, è morto il 19enne Dilano Van’t Hof, a Interlagos in minimoto 40giorni fa Lorenzo Somaschini, argentino. Aveva nove anni.

Come abituarsi? Impossibile. L’unico modo per continuare a far vivere Dilano, Lorenzo, Anthoine è non dimenticarli. Ricordarli, ricordare che hanno vissuto e amato la loro vita fino alla fine. E ci giuro che a Spa, socchiudendo gli occhi, vedrò ancora sfrecciare nel sole quella monoposto numero 19 e quel casco rosa, rosa come la macchina. In fondo la morte non può toglierci il ricordo e i ricordi sono il nostro secondo cuore. E vanno lasciati palpitare…