Addio a Sergio Marchionne, così ha salvato l'auto italiana

Formula 1

Guido Meda

Fortissimo, colto, eclettico, instancabile, coraggioso, resistente eppure tremendamente solo. Sergio Marchionne, abruzzese di origini semplici, è il leggendario uomo col maglione che guidando una ristrutturazione profonda, rivoluzionaria e a volte impopolare, ha prima salvato la Fiat dalle banche e poi l’ha rilanciata, costruendo un gruppo protagonista sul mercato mondiale dell'auto

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Vide lungo Umberto Angelli, identificando in Sergio Marchionne l'uomo che in 14 anni con mosse sorprendenti e geniali avrebbe trasformato l’anima sofferente della Fiat in un successo; con lui fu una raffica di azioni estreme e geniali. Marchionne entrò e non si fermò, non ebbe paura di cambiare. Non ebbbe mai nemmeno la paura di ispirare antipatia, non la ebbe del mondo, non la ebbe neppure dei sindacati arrivando al primato di spaccare gli operai e di ottenere la maggioranza del loro consenso quando, nel 2010, scelse l’uscita del gruppo da Confindustria.

Del resto Marchionne, l'uomo con tre lauree, Marchionne cresciuto alla cultura canadese, Marchionne prima commercialista, poi avvocato e quindi leader di un istituto di certificazione, si era insediato a Torino nel 2004 con le idee chiarissime sì, ma il proposito di partire dal basso. Osservò l’azienda in ogni suo angolo stabilendo che non c’è prodotto di qualità se non è di qualità la vita dei lavoratori. E sistemò le cose. Poi passò a modellare la materia finanziaria, riuscendo a restituire alla Fiat una relazione serena con le banche e alla famiglia Agnelli la centralità nella gestione di un gruppo finalmente sano e capace di generare nuovi incassi dove prima c'era debito.

Guidò così la Fiat non solo alla realizzazione di automobili appezzate sul mercato e divise per marchi dall’identità oggi fortissima (Fiat, Alfa Romeo, Abarth, Maserati Ferrari sono quello che sono grazie a lui) , ma anche - nel 2009 -all’acquisizione progressiva del gruppo americano Chrysler, ormai piegato dalla crisi; per un rilancio internazionale globale.

Diretto, pratico, immediato e forse un po' stanco, scelse infine la Ferrari per perfezionare il lavoro, di nuovo in maniera estrema: escluse Luca di Montezemolo, trattò Maranello come il gioiello di famiglia, varò la quotazione in borsa e indirizzò la strada della F1 che oggi vede la rossa finalmente vincente. La Ferrari insomma come una sorta di passatempo glorioso per il leader pronto ormai a ridimensionare il proprio potere per dedicarsi più alla passione che al lavoro. Per dedicarsi più alla vita che al management, proprio quando la vita con un colpo inaspettato e rivoluzionario in perfetto stile Marchionne, ha deciso di lasciarlo.