IL PUNTO. Se il buongiorno si vede dalla sera, siamo a posto: le luci del Qatar hanno promesso che questo sarà un mondiale fatto di gare avvincenti, divertenti, combattute, incerte. Riuscire a sorprendere anche quando vince il favorito non è facile. Eppure, magari anche per quell’infinita incertezza legata alla pioggia, è stato un inizio di campionato bellissimo.
Viñales - ha vinto da favorito, ma se l’è sudata. Ha iniziato con un po’ di nervosismo, qualche imprecisione, poi dopo una decina di giri -metà gara- ha cominciato a martellare e ha preso e superato tutti. Con Dovizioso è stata lotta bella e insondabile fino quasi alla fine. Insomma, lo spagnolo nuovo compagno di Rossi, ha superato a voti pienissimi tutti gli esami: ha gestito tensione e pressione, è stato freddo, analitico e preciso in gara, ha lottato corpo a corpo senza esitazioni o tentennamenti. Una bella bega. Anzi “La Bega”. Con lui dovranno fare i conti tutti quelli che vorranno vincere gare e titolo.
Dovizioso - Tre volte consecutive secondo a Losail, roba da fare incavolare chiunque, se la guardi così, senza approfondire. Se, invece, si analizza la prestazione di Andrea Dovizioso, questa volta si tratta di un secondo posto pieno, soddisfacente. Non ha sbagliato, ha dato tutto. Semplicemente Viñales alla fine ha capito, seguendolo, i possibili varchi e poi, all’ultimo giro, ne aveva di più. Resta forte, insomma, la sensazione di un Dovizioso più tosto, più forte, più convinto e consapevole. Il successo di Sepang 2016 sembra avergli davvero dato quel pizzico, quel pochissimo che gli mancava per essere stabilmente nel club dei favoriti, di chi parte per vincere sempre e non ogni tanto.
Rossi - L’eterno, infinito, inesauribile Valentino Rossi è l’altra bellissima conferma del Qatar. In difficoltà dai test post campionato di metà novembre a Valencia, fino alle prove e addirittura al warm-up della gara di Losail, quando è stato importante si è ritrovato davanti con la possibilità di fare podio, come quasi sempre, come fa da 22 stagioni. Non è un miracolo, ma una conferma per gli scettici, per quelli che non vedono o ricordano i dati di fatto. E cioè che VR46 nelle ultime quattro stagioni è finito una volta 3° e tre 2° nel mondiale. Il che significa, al di là degli episodi, che se l’è giocata sempre. D’altronde come non considerare che quello di domenica sera a Losail è stato il podio numero 222 per lui? Un supereroe vero, in carne ed ossa, passione, istinto e cuore. E tanto cervello: crederci, provarci e riuscirci così, in extremis sono doti soprattutto sue, uniche. Condivise con chi lavora con lui che non smette mai di provarci e crederci. Lo sai che è così, eppure, riesce sempre a sorprenderti. Sempre.
Marquez e Pedrosa - I due spagnoli sono sembrati opachi. Come le loro Honda. In situazioni simili portare a casa i due piazzamenti sotto il podio farà arrabbiare i piloti, ma è molto meglio di nulla. Sembrava che l’HRC avesse lavorato meglio dello scorso anno, invece qualche problemino da risolvere nella gestione del motore c’è. E poi Marquez ha scelto la gomma sbagliata proprio sullo schieramento. Il fatto che sia riuscito ancora una volta a limitare la sua foga è segno di massima pericolosità sul lungo periodo, cioè per il titolo.
Lorenzo - Ducati è sembrata a due facce. Quella sorridente e soddisfatta del Dovi e quella scura di Lorenzo. Già Jorge non era al massimo del suo adattamento alla moto italiana, poi ci si è messo anche il tempo imprevedibile che ha costretto tutti a improvvisare, cosa nella quale Lorenzo non eccelle. Insomma un debutto deludente, che però significa ancora nulla. Ducati fa ogni sforzo per migliorare (tre giorni di test a Jerez tra Qatar e Argentina, con Pirro, ma pure coi due piloti ufficiali) svilupperà set-up e elettronica, mentre si dice che proverà qualcosa di nuovo in aerodinamica. Probabilmente il cupolino a “squalo martello” e magari addirittura delle “ali” sulla tuta del pilota (spalle e schiena). Vedremo.
Iannone - C’è poi la certezza Iannone: il mezzo errore (concorso di colpa nel tamponamento di Marquez) che lo ha tolto dalla gara ha svelato un Andrea maturo, umile, consapevole, grato e aperto. L’atteggiamento giusto per arrivare, ma soprattutto restare dove la sua guida già lo porterebbe: tra i primissimi.