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GP delle Americhe: Marc respinge Vinales, per ora…

MotoGp

Guido Meda

La sfida tra Marquez e Vinales (foto getty)

L'EDITORIALE. Il bello e il brutto della prima giornata in Texas. Austin resta territorio di caccia del campione del mondo, ma Vinales è vicino. Scoppia la Zarcomania, Rossi azzecca la prima giornata e la Ducati annaspa un po’

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Quella di Austin è una pista che per volontà del progettista Tilke contempla i passaggi tipici di alcuni dei migliori circuiti del mondo. Ha curve veloci, curve lente, cambi di direzione ripetuti ed eterni e staccate fortissime. E’ il classico tracciato sul quale serve una messa a punto di compromesso e un pilota completo per interpretarla.

Honda americana

Marc Marquez ha un’attitudine naturale a guidare nelle curve texane, così spiccata da riuscire a compensare le carenze tecniche delle sua Honda che continua a rimanere un po’ lenta in accelerazione ma bilanciatissima nelle esse. Anche a Austin come in Argentina Marquez deve forzare moltissimo le staccate per recuperare ciò che perde nelle ripartenze dai punti a bassa velocità. E’ la ragione per cui lo spagnolo continua ad utilizzare la gomma più dura all’anteriore. Ma, difetti a parte, la Honda è globalmente ben bilanciata, tanto che fino ai minuti finali quando tutti indossano la gomma morbida per fare il tempo, le Honda sono un pacchetto importante nei primi posti della classifica dei tempi. Non sono male infatti nemmeno Pedrosa, Crutchlow e Miller.

La Yamaha mangiabuche

Tra le cose brutte del 2017 texano ci sono gli avvallamenti, impropriamente chiamati “buche”. Bene, dal 2016 sono aumentati. Molto! Il lavoro delle gomme delle Formula1 e delle auto ha corrugato l’asfalto fino a renderlo fastidioso per la MotoGP. La Yamaha è la moto che le sente meno, neutra e bilanciata come è. E non è un caso che Zarco e Vinales si siano avvicinati a Marquez. Il francese ha fatto un supertempo; è due volte campione del mondo della Moto2, è quasi un veterano, eppure lo stanno scoprendo tutti adesso per quanto è intelligente, veloce e fuori dal coro. Sembra davvero il pilota prototipo della nuova generazione, pur avendo cominciato a guidare tardi, quando aveva già 17 anni. Tace, si impegna, pensa a sé e ad avere pace e serenità intorno.

Vinales in caccia

Proprio come Vinales, ma in modo intellettualmente più impegnato. Vinales in compenso resta il pilota con una marcia in più. Guai a tagliarlo fuori dai pronostici. E’ terzo con la gomma morbida, ma non è affatto lontano da Marquez per quel poco che ci è dato da capire finora sul possibile passo gara. Vinales guida sicuro, senza movimenti inconsulti mentre Marquez sembra più appeso ad un filo. Come se l’uno avesse più margine e l’altro un po’ meno. Come se uno fosse già a posto e l’altro ancora no.

Rossi con calma

Valentino Rossi a posto non è; lavora di fino, la prende da lontano, secondo un modello di lavoro che conosciamo. La sua Yamaha si muove nei primi due turni di libere, ma quando arriva il momento della gomma morbida ha un guizzo che lo mette al sicuro con il quarto tempo. Il distacco di sette decimi su una pista così lunga (più di cinque chilometri e mezzo) dovrebbe essere meno impressionante di quel che sembra. I tornanti stretti rendono ancora ostica per Valentino la fase della frenata nell’ottica di sistemarsi per il passo gara, ma anche il serpentone di curve del primo settore lo fa soffrire un po’ troppo.

Ducati in salita

Niente in confronto alle sofferenze di casa Ducati. Le osservazioni di Dovizioso sommate a quelle di Lorenzo si articolano su quattro punti fondamentali : 1) la Ducati più delle altre moto soffre molto le “buche” 2) continua a fare fatica ad andare in modo preciso al punto di corda 3) si impenna molto (“persino in sesta” cit. Dovizioso) 4) obbliga Lorenzo ad una fatica fisica importante.
Ma mentre Dovizioso sembra preoccupato, ai microfoni di Sky si presenta un Lorenzo ottimista e “convinto di avere fatto un grande passo avanti rispetto all’Argentina”. Il lavoro fatto sull’ergonomia paga, soprattutto nel finale del secondo turno quando lo spagnolo riesce a tirare fuori un tempo che ha dentro della speranza.