Matassa d'asfalto, l’inestricabile bellezza della MotoGp

MotoGp

Paolo Beltramo

Vinales e Dovizioso alla caccia di Rossi durante il Gran Premio di Germania (Getty)
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Da Marquez a Vinales, passando da Dovizioso a Rossi. La MotoGP è arrivata a metà stagione: dove regna un sostanziale equilibrio. La classe dei piloti si mescola agli errori, che non hanno risparmiato nessuno

Due fili arancioni, due blu e uno rosso: intrecciati, annodati in modo inestricabile tra di loro con qualche altro colore che spunta qua e là, a complicare ancor più il gomitolo della MotoGP 2017. Ai cinque tessitori questo intreccio fitto senza una trama evidente, non piace. A noi spettatori, invece, moltissimo. Oltre al solito godimento che è il veder Guidare gli arancioni Marquez e Pedrosa, i blu Viñales e Rossi, il rosso Dovizioso, i sorprendenti Petrucci, Crutchlow, Zarco, Folger, Lorenzo si aggiunge il sadico piacere di non sapere mai come andrà a finire la domenica che verrà. Conta nulla il fatto che un giorno sembri prevalere, appaiano sciogliersi i nodi del blu, perché la gara successiva, o quella dopo ancora ci troveremo in mano un filo rosso, o arancione, o uno dello stesso colore, ma diverso, indipendente dall’altro compagno.

Poche certezze, ma quei cinque...

Ma sì, il campionato MotoGP 2017 è davvero una matassa ancora tutta da dipanare. L’unica certezza sono quei cinque là: MM93, MV25, AD04, VR46 e DP26, ovvero Honda, Yamaha e Ducati. Questo non poteva cambiare, così come quei nomi là davanti dovevano stare, ma già gli inserimenti visti sono qualcosa di eccezionale. Piloti di team esterni o con moto della stagione precedente che lottano per il successo e vanno sul podio sono un altro motivo di incertezza, di interesse.

Campionato imprevedibile

I primi quattro fili sono annodati in pochissimo spazio, racchiusi in un’unità di misura lunga 10, con in mezzo un 6 un 5 su un totale di 129. Il quinto è lontano 26, comunque non molto a metà dell’opera. Il che vuol dire che questo campionato è - per ora - il più imprevedibile se non di sempre, perlomeno a memoria di pilota. Chi vince qui non sa se là sarà competitivo. Moto che sembravano imbattibili, come la Yamaha di Viñales nel precampionato e ad inizio stagione, messe in discussione e modificate. Moto che si diceva fossero da sistemare come le Honda che hanno il leader del campionato, piloti considerati poco vincenti come Andrea Dovizioso che portano a casa due vittorie e per un po’ anche la leadership del campionato.

I protagonisti

2 vittorie ciascuno per Marquez e Dovizioso, 3 per Viñales, 1 per Pedrosa e Rossi, 38 anni e non averli, ancora e sempre lì, a giocarsela, a dare indicazioni che diventano buone quando le cose diventano difficili. Al di sopra tutto ciò, oltre l’inizio sfolgorante, la fame, la classe di Viñales, l’imbattibilità nelle piste antiorarie, la voglia, la grinta di Marquez, la crescita di consapevolezza e risultati di Dovizioso, l’infinito di Rossi, l’altra continua eccellenza di Pedrosa. Poi la maturazione di Petrucci, la sorprendente adattabilità di Zarco e Folger, gli sprazzi di un Lorenzo ancora lontano dalla continuità e dal suo standard, gli alti e bassi di Crutchlow.

Senza commettere errori

Tutto ciò non sarebbe però stato possibile, almeno non in queste forme così estreme, se non ci fosse un’imprevedibilità fondamentale, di base: le gomme Michelin si adattano di volta in volta ad una moto piuttosto di un’altra, senza apparente possibilità di rimedio. Se su un asfalto, in una specifica condizione una moto non va, non c’è nulla che il pilota e la squadra possano fare, l’unica è portare a casa più punti possibile. Quando invece va, le condizioni sono favorevoli, si deve avere la classe per riuscire ad approfittarne senza commettere errori come - è il più clamoroso, anche se alla fine si è trattato di un errore che fa parte di una filosofia - Valentino Rossi all’ultimo giro di Le Mans. Errori o “zeri”, comunque, ne hanno commessi tutti: 2 Marquez, 2 Viñales, 1 (incolpevole) Dovizioso, 1 Rossi, 2 Pedrosa.

Adesso prudenza

Credo sia anche per questo che la matassa sia così ingarbugliata. Nella seconda metà di stagione sono convinto che i piloti cominceranno a puntare alla sostanza, guideranno con un po’ più di prudenza. Anche perché, magari, la sosta avrà portato qualche piccola modifica per migliorare le cose, per trovarsi un po’ meglio dappertutto, senza questi continui alti e bassi, questa sinusoide pazzesca che a noi tanto piace, ma che i piloti altrettanto di cuore, odiano.