Beltramo ricorda Sic: "Marco, hai visto il GP d'Australia? Era un omaggio a te"

MotoGp

Paolo Beltramo

Paolo Beltramo e il suo ricordo di Marco Simoncelli, sei anni fa scomparso dopo un incidente nel GP della Malesia. Come in quella stagione, anche in questa la gara di Sepang è stata preceduta da quella a Phillip Island: battaglia e sportellate, come piaceva al guerriero di Coriano. E Meda torna al 2008: "Quella festa improvvisata che diventò caciara..."

Era il 16 ottobre di sei anni fa. A Phillip Island Marco Simoncelli otteneva, con quel secondo posto dietro a Casey Stoner e davanti ad Andrea Dovizioso, la sua miglior prestazione in MotoGP. Avrebbe dovuto essere un punto di partenza, invece fu il punto finale della sua storia, della sua vita. La settimana dopo, a Sepang, infatti, un incidente al secondo giro di quel GP della Malesia lo ha fermato per sempre.

Sei anni dopo, alla vigilia di quel 23 ottobre, si è corso ancora in Australia. Ne è venuta fuori una gara straordinaria, fatta di sorpassi e sportellate come non se ne vedevano da tempo. Io non credo alle coincidenze, perciò vedo, sento questa combinazione come un omaggio inconscio, un ricordo involontario e profondo per quel loro collega guerriero che non c’è più. Ai tempi il Sic era stato molto criticato, addirittura “processato” per quel suo modo aggressivo di correre. Adesso è successo molto di più senza che qualcuno chiedesse regole, punizioni, reprimende. Giusto perché l’essere totalmente pilota quando era in pista è stata una delle qualità migliori di Marco.

Non si tratta di voler giustificare scorrettezze, ma di salvaguardare un modo di correre che fa parte di questo sport fin dai suoi albori. Ecco, pur essendo moderno, Marco Simoncelli incarnava quello spirito antico, originale, puro. Con grinta, aggressività, ma senza volontà di danneggiare gli altri, con correttezza. Questo suo essere così tanto, così assolutamente pilota è forse ciò che ha reso così dolorosa per milioni di persone la sua mancanza. Questo insieme ad un sorriso contagioso, ad una sincerità fresca, a valori solidi, ad un’umanità profonda, ad una sensibilità unica per le sfortune degli altri e le ingiustizie della vita.

La sua gioiosa consapevolezza di essere un privilegiato, la sua solida felicità hanno colpito molto più delle sue in realtà poche vittorie. Un titolo mondiale in 250 nel 2008, tutto lì, più o meno. Ma Marco Simoncelli non era legato a numeri e record, il suo personaggio e la sua mancanza sono indissolubilmente saldati al suo modo di essere. Alla famiglia, alla semplicità, al fatto di essere così sempre se stesso che anche chi non l’ha mai conosciuto lo sentiva vicino, amico.

Ora sono sei anni, eppure sembra meno. Il suo sorriso ricciolone, la sua ironia acuta, il suo approccio di petto alle corse e alla vita sono ancora molto moderni, attuali, ci mancano. E questo nonostante forse lui fosse, insieme a Mattia Pasini e valentino Rossi, l’interprete più vero di una storia, di uno spirito antico come le corse. Il 58 lo vedi un po’ dappertutto, su moto, auto, muri, camion, caschi, tatuaggi… Ti circonda, resiste, perdura. Perché c’è la “Squadra Corse Sic58” di babbo Paolo che ha riportato quei colori nel mondiale, ma soprattutto per merito della Fondazione Marco Simoncelli che da anni ormai raccoglie fondi per la costruzione (oramai quasi terminata) della casa multifunzionale di accoglienza di Coriano, dove accogliere ragazzini sfortunati che Marco andava a trovare quando c’era e che riesce ad aiutare adesso che non c’è più…

Questo, invece, il pensiero di Guido Meda su Facebook