MotoGP, GP Argentina 2018. Guido Meda: "Miller, l'ultimo giro matto è già leggenda"

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Guido Meda

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Guido Meda analizza le qualifiche del GP di Argentina, a partire dall'impresa di Miller: "Se la slick era una follia, la follia stavolta ha vinto". Il favorito per la gara? "Pole e schieramento a parte, sembrerebbe una faccenda da Marquez, l'unico realmente a posto in tutte le condizioni, pure se nevica"

GP ARGENTINA, LA GARA DI MOTOGP GIRO DOPO GIRO

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E’ un'eresia, ma il giro della pole di Miller è stato persino meglio non vederlo! Più thrilling, più leggenda e più lavoro di immaginazione come piace ai nostalgici che vanno pur accontentati una volta tanto. Un blackout del transponder di Miller ha fatto saltare il suo cronometraggio e i suoi intertempi, proprio mentre Jackass pennellava i migliori 4800 metri della sua vita. Quando tutti lo davamo perso è spuntato sul traguardo e il cronometro è tornato ad avvampare di quel colore rosso pole che non era facile immaginare (ma Sanchini lo ha fatto, lo ha ipotizzato, bravo Sanchini). Nella giornata di alcuni errori e di altri orrori, Miller è quello degli onori. Lui, noto per aver rinunciato alla sua irrazionalità spinta e alle sue intemperanze da giovanotto scapestrato, ha beccato la pole tornando per un pugno di minuti utilissimi il matto irrazionale che era. Quando la pista era ancora bagnata ha scelto di montare le slick, che è un po' come sperare di mangiare un cono gelato a mezzogiorno nel deserto senza farne cadere una goccia. Ha rischiato di finire in terra cinque volte, poi all'ultimo invisibile tentativo la pista si è asciugata quel tanto che bastava per prendere tutti in contropiede. A partire da Marquez che con la slick ci ha provato per un giro e dopo un paio di scivolate ha preferito rinunciare per non rischiare di buttare via tutto. Se la slick era una follia, la follia stavolta ha vinto.

Non sarà Miller l'uomo del futuro Ducati, non sarà forse nemmeno protagonista qui in gara, ma il suo giro leggendario che nessuno vedrà mai per intero fa già un po' parte del mito. Quando si pensa ad una strategia così estrema poi serve anche che il pilota ci creda, che si assuma il rischio di cadere o di passare per stupidotto. Il confine tra pollo e leggenda a volte è labilissimo. Ed è così che devono aver ragionato gli altri.

Alle spalle di Miller tutti i piloti che si sono migliorati e che hanno preso le prime file sono quelli che hanno cambiato la gomma da bagnato a metà turno. A questa regola è sfuggita la Yamaha che con Rossi e Vinales è rimasta in pista tutto il tempo con la stessa gomma rain. La slick sarebbe stata un azzardo e un'altra rain media - l'unica con cui la Yamaha funzioni - andava conservata per la gara perchè non ne avevano più. La conclusione è che i due piloti Yamaha partono dietro, costretti a sperare per la gara nel tutto asciutto o nel tutto bagnato. Il mezzo e mezzo non piace, non va, non funziona, fatta eccezione per la Yamaha versione 2016 del morbidissimo Zarco che infatti parte davanti. La Ducati è nella condizione di Yamaha. Il mezzo e mezzo non funziona, l'asciutto neanche; loro sperano proprio nella pioggia, dopo che Lorenzo ha fallito il passaggio in Q2 per una scelta strategica toppata e dopo che Dovizioso in Q2 non ha fatto granchè di suo.

L'Argentina, pole e schieramento a parte, sembrerebbe una faccenda da Marquez, l'unico realmente a posto in tutte le condizioni, pure se nevica. La cosa più ovvia, che in questi casi fanno in pochi forse perchè dormire in stato di suspence è più gustoso, sarebbe quella di guardare le previsioni del tempo. Che in questo caso parlano di temporale. Roba grossa, acqua vera. Per la gioia di tutti quelli che si chiamano Marc, Andrea, Valentino, Maverick...