Il rinnovo non è affatto scontato. Mentre il pilota chiede una gratitudine che Ducati non riesce a soddisfare si presenta l’alternativa Honda
L’incantesimo
Con la propria metà del box Ducati ora Andrea Dovizioso ha trovato l’alchimia. E’ immerso nell’armonia perfetta dei suoi uomini, quelle che di norma richiedono tempo per comporsi. Infatti di tempo ne è passato. Qualche anno. Lui e i suoi ora sanno sempre cosa fare, sanno come farlo. Si comprendono, si scornano, si abbracciano, approfondiscono, discutono, stemperano, condividono, vincono, perdono. Sanno persino convertire Jerez da pista nera a pista da podio, come ha dimostrato il Gp di Spagna fino al momento in cui l’incidente con Lorenzo e Pedrosa ha mandato tutto all’aria. Non ci fosse stato quel problemino neanche tanto marginale dei punti persi, sarebbe stato persino da tornare a casa felici per come la Ducati, con il suo Dovi sopra, è progredita. E’ fantastico quello che, a partire dallo scorso anno, sta succedendo, tanto da rendere davvero horror la prospettiva di una separazione che, per quanto paradossale, non è affatto scongiurata.
Le alternative di Dovi
Dovizioso ha l’alternativa? Ce l’ha. Ne ha persino due, mettendo insieme la Honda e la Suzuki, dove la prima ha molto più corpo e senso della seconda. Prendere il posto di Pedrosa su quella che sembra la miglior moto del campionato sarebbe un’opportunità straordinaria, con dentro una fregatura però: quella di finire per fare il secondo di Marquez, a vita. Strano no? Sei l’unico che lo batte e vai a fargli da secondo? Un tipo di progetto dunque, con un limite palese, politico e sportivo. Ma è comprensibile che l’idea possa essere allettante, specie se Dovizioso non fosse convinto al cento per cento di Ducati e se pensasse che Ducati non lo sia di lui. Premesso che quello che vorremmo noi sarebbe di poter raccontare per tutta la vita altri mille bellissimi capitoli della storia di Dovi sulla Ducati (che è molto più nostra, più originale, più calda ed emozionante), ci deve essere stato qualcosa in questo periodo che è andato un pochino oltre i soldi.
I soldi
Le cifre non si conoscono. Si possono fare al massimo delle ipotesi plausibili. Dovizioso potrebbe aver chiesto sette milioni a stagione (dal milione e mezzo che guadagna ora) e Ducati facendo un buono sforzo potrebbe averne offerti cinque. Ma sappiamo anche che a Bologna hanno mosso dei passi ulteriori verso Andrea. In un mondo normale volendo continuare il rapporto ci si potrebbe incontrare a sei, con un sacrificio bilaterale che faccia comunque contenti entrambi e buonanotte. Via, avanti, si ricomincia.
Le ragioni di Dovi: questione di principio
Dovizioso ha una maniera corretta e riservata di esprimersi. Al massimo fa filtrare mezze frasi. Se prima bastona poi compensa. Assolve in pubblico per non dover litigare in pubblico. Smussa, abbozza. Ma su questa sua richiesta sta fermo. E’ tattica negoziale, afferma un principio o segnala un fastidio? Oppure punta alla negoziazione come mezzo per affermare un principio? Forse tutte e tre le cose insieme. Nei mesi scorsi l’intuito e la frequentazione assidua del paddock ci hanno portati a pensare che possa aver pesato il fatto di non vedersi rinnovato il contratto alla svelta durante l’inverno, quando aveva dimostrato di poter essere l’unico in grado di vincere con Ducati e molto; poi ci sta anche che Andrea stia confrontando i propri risultati e la propria storia con l’ingaggio e i risultati di Lorenzo, che non è sempre stato tanto gentile con lui né in pista né fuori (un campione del resto fa così) senza che Ducati fosse nella reale condizione di moderarlo. Quindi è plausibile che a questo punto le impuntature di Dovi siano più di principio che economiche. Con le spalle coperte dalle alternative si riflette con maggior serenità; sarebbe un errore cedere alla pressione del tempo e all’isteria (non è da Dovizioso), per quanto entro Le Mans (o il Mugello al massimo) la questione in un modo o nell’altro dovrà risolversi.
Le ragioni di Ducati: i budget sono sacri
D’altro canto vanno però considerate le ragioni di Ducati. Non si può contestare a Dall’Igna di aver voluto tentare la carta Lorenzo fino a scomodare, ma solo eccezionalmente, un budget enorme per riuscirci. Non si può dimenticare che la gestione di un campione ingombrante per palmares e carattere come Lorenzo sia tutt’altro che una passeggiata di salute. Però è stata più semplice grazie a Dovizioso alloggiato nell’altra metà del box; lo puoi trascurare un po’ Dovizioso, sapendo che lui comunque capisce, si adegua ed evita le scene di gelosia. Non si può negare ad un AD come Domenicali il diritto di avere degli obiettivi e delle strategie negoziali che tengano conto dei budget che per un’azienda sono sacri. E non si può nemmeno impedirgli di esprimere pubblicamente l’idea che “anche senza Dovizioso Ducati potrebbe avere comunque un grande team, magari con Crutchlow” (o magari con Iannone, ndr). Si può non essere d’accordo, ma non impedirgli di pensarlo.
Conquistare Dovizioso
Ma è proprio quello che serve a Dovi per essere stimolato a dire sì, oppure è una pericolosa arma a doppio taglio? E se fosse che quel milione mancante serve a Dovi come segnale per il futuro? Quel gesto che lo fa sentire davvero unico, indispensabile e al centro del progetto? Non è facile per un’azienda con un brand così forte e autosufficiente mettere in secondo piano il proprio prodotto e in primo piano l’uomo. Ma se Dovizioso è davvero l’obiettivo in questo momento il principio potrebbe essere accantonato. Magari cedendo alle sue richieste. Funziona così con certi uomini chiave, a maggior ragione con i piloti che – per quanto educati – sono da sempre un misto la di individualismo e di autostima. Lui che rivendica la paternità dello sviluppo della moto insieme a Gigi Dall’Igna e che tante volte ha sentito dire in giro che la Desmosedici è progredita grazie alle indicazioni di Lorenzo, forse spera che sulla carena gli scrivano “Sei il ducatista numero 1”. Forse basterebbe questo. Chissà. Anche perché Lorenzo, che era la vera scommessa, ha raccolto proprio pochino. Viene in mente Rossi: nel 2004 preferì passare alla Yamaha che gli diceva “abbiamo bisogno di te”, invece che alla Ducati che gli diceva “abbiamo una grande moto per te”. L’ego del pilota fu attratto più dalla prima affermazione. Misero lui al centro. Fu una mossa furba, o semplicemente azzeccata, ma funzionò.
L’uomo chiave
La sensazione è che un ruolo importante in questa trattativa lo debba avere Paolo Ciabatti. Il project leader Ducati è uomo di grande esperienza e grande buonsenso. Un moderato, ma di principio, che sa essere tenerissimo o di polso quando serve. Ciabatti è anche un grande conoscitore dei piloti e della loro psicologia, ha una fotografia chiarissima delle dinamiche aziendali e, non secondariamente, è un solido cardine di relazione tra la casa e il main sponsor, che le sue esigenze le ha e vanno pure tenute in buon conto. Se c’è una soluzione, una buona soluzione, è probabile che molto debba essere modellata dalle sue mani.
Il fattore Lorenzo
Al netto del fatto che di Jorge Lorenzo non si sa granché. Mentre tutti lo danno fuori, per come è fatto lui potrebbe anche chiedere pochissimi soldi e decidere di restare. Ancora in Ducati ad aspettare di completare il proprio ciclo formativo di vincente. Specie se Dovi dovesse andare via. Da quel che si è capito non ci sarebbero abbastanza soldi per pagargli un signor ingaggio, ma è anche vero che di soldi Jorge ne ha abbastanza e vederlo rimanere per orgoglio personale non sarebbe nemmeno una grande sorpresa. In alternativa potrebbe davvero andare in Suzuki, dove un buon posto glielo hanno offerto e dove sarebbe pronto a trasferirsi armi e bagagli insieme a lui anche lo sponsor Monster del team Tech3. Ora che la squadra francese è con Ktm nelle mani di RedBull, Monster, che ne è concorrente, cerca un partner forte per reggere il confronto.