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MotoGP, Dovizioso a Sky: "Ho guidato per 20 anni ad alto livello, pochi come me"

ESCLUSIVA

A Misano Andrea Dovizioso, tre volte vicecampione del mondo in top class, ha chiuso una carriera lunga oltre 20 anni. Il Dovi si è raccontato in esclusiva a Guido Meda per lo speciale #GrazieDovi. Qui l'intervista integrale al pilota romagnolo

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Per Andrea Dovizioso Misano 2022 è stata l'ultima gara della sua splendida carriera: una storia emozionante quella del romagnolo, 20 anni nel Motomondiale, con un titolo conquistato nel 2004 nella classe 125 con la Honda e 15 vittorie in MotoGP, tre volte vicecampione del mondo della MotoGP (2017, 2018, 2019) in sella alla Ducati, protagonista di alcuni duelli epici contro Marc Marquez. Alla vigilia del Gran Premio di San Marino e della Riviera di Rimini il 36enne campione di Forlimpopoli - oggi alla Yamaha WithU RNF - si è raccontato in un'intervista esclusiva a Guida Meda per lo speciale #GrazieDovi.

Sei triste o sei sereno?

"Sereno. Perché l'ho già semi-provata l'anno scorso questa sensazione e questa decisione non è stata presa ieri. L'ho metabolizzata, ma è un weekend particolare... perché chiunque incontri te lo fa notare (ride, ndr). Poi, sai, a Misano... qui ho corso la prima gara della mia lunga carriera...". 

 

Hai deciso che non finirai la stagione: perché non ne vale la pena?

"Perché quando le gare vanno come sono andate quest'anno sono molto lunghe... e la testa pensa a troppe cose. E quindi ho riflettuto sul fatto che non mi sto divertendo, non sto portando un vantaggio reale a qualcuno. Inoltre, ho un buon rapporto con Yamaha, con il main sponsor, abbiamo parlato e non c'è stato nessun problema".

 

Se pensi alla prossima settimana - intesa come al tuo prossimo futuro - non hai paura di quel senso di vuoto...

"No, perché l'ho già provata. La mia fortuna è che ho anche un'altra grande passione come il motocross e un altro progetto che mi riempie mentalmente, ci lavoro già da tempo".

 

Ora però le moto da pista escono dalla tua vita, da pilota ma anche da amatore. Anche se la tua vera passione è il cross...

"Diciamo che questo è abbastanza normale quando lo fai da tanti anni. Non hai tutta quella smania di continuare. La cosa brutta è che sono molto lontano dalle moto stradali, anche per la mia statura, sono un po' 'ciccione'... Mi trovo a disagio".

 

Ma adesso, in questi giorni, ti diverti a girare o la stai vivendo più come una sofferenza?

"Non la vivo così male, ma godi solo quando sei competitivo, quando puoi lavorare nei vari turni trovando un senso in quello che fai".

 

Senza nulla togliere alla Yamaha e a tutto il bene che ti hanno fatto, ma se avessi scelto l'Aprilia, credi che le cose sarebbero andate diversamente?

"Non amo molto parlare con il senno di poi... ma non ho rimpianti. E credo che avrei fatto fatica anche con l'Aprilia. E, in ogni caso, anche se in questa stagione le cose non sono andate come volevo, ho avuto la conferma che dalle esperienze negative si impara tantissimo. Queste situazioni difficili 'allenano', per la vita".

 

Una situazione simile in Yamaha l'ha vissuta anche Valentino Rossi. Mentre non sembra avere molti problemi Fabio Quartararo...

"Diciamo che Quartararo ha trovato una moto subito molto competitiva, che 'funzionava' già appena lui è arrivato. Questo è quello che è successo a Fabio: la moto era perfetta per lui, al netto del suo talento, che era indiscutibile già dagli anni della Moto3 e che ha contribuito sicuramente a migliorarla per vincere il Mondiale. Io non sono stato nella Yamaha prima dell'anno scorso, ma Valentino mi ha fatto capire che c'era la stessa caratteristica che ho trovato io...".

 

Cioè?

"Un unico modo di guidare: zero grip dietro. Puoi andare forte facilmente, ma vai abbastanza piano se hai un altro stile di guida. Ma io e Valentino non abbiamo un modo di guidare 'strano' e se non riesci ad andare forte è per una caratteristica, grossa, che te lo impedisce. Se invece riesci a sfruttare i veri lati positivi della moto, vinci il campionato come ha fatto Fabio".

 

Andiamo sulla tua carriera. Qual è il ricordo più fulgido, tra i mille: il Mondiale in 125, le battaglie con Marquez...

"Tantissimi. Diciamo che quando vinci un Mondiale a 18 anni ti senti molto soddisfatto, nella tua inconsapevolezza. Ma gli anni della Ducati sono stati quelli dell'adrenalina, mia e dei miei fan. Vederla nei loro occhi è stata la cosa più bella. Gli occhi non mentono, per il resto è tutta facciata"

 

In che senso?

"Ho ricevuto tanti complimenti nella mia carriera, ma credo che pochi fossero realmente sentiti. In generale non si dice quasi mai la verità. In questa società, ma anche nell'ambiente del Motomondiale: esporsi non paga. Non dico che sia tutto 'falso', ma la percentuale di verità è molto bassa".

 

Sei stato più volte indicato come l'uomo giusto per essere la voce pensante, a tutela dei piloti. Potrebbe essere un ruolo interessante per te?

"Mi fa molto piacere, vuol dire che hanno una buona considerazione di me. Ma non ho nessun dettaglio per rispondere".

 

Sei diventato papà molto presto, a 22 anni. Ti ha condizionato?

"Sicuramente, ma in modo positivo. Da pilota,  sono molto egoista, ma da quando è arrivata mia figlia un po' meno".

 

Hai condiviso questa scelta anche con lei?

"Ne abbiamo parlato, ovviamente, ma lei non è mai stata coinvolta con le moto in maniera estrema. È un po' come me, molto tranquilla...".

 

Capitolo rivalità. Marquez, in pista. Mentre con Jorge Lorenzo c'è stato un periodo di risentimento reciproco, non condividevate alcune cose da compagni di squadra. 

"Con Lorenzo ci conosciamo dal 2001, abbiamo sempre fatto il salto di categoria insieme ma non abbiamo mai provato ad avvicinarci. Con Marquez si scambiavano delle chiacchiere, ma niente di più"

 

Però non hai 'sperimentato' il Lorenzo post-ritiro?

"Non ho dubbi che sia migliorato... ma come accade a tutti i piloti dopo che hanno smesso. Quando non c'è competitività, l'approccio cambia un po'".

 

La rivalità più grande?

"Tante. Il primo è stato Marco Simoncelli, quando avevamo 8 anni. Poi sono arrivati Lorenzo e Dani Pedrosa. Valentino sembrava irraggiungibile, anche se tutti volevamo arrivarci il più vicino possibile e  nei primi anni pensavo addirittura di poter fare meglio di lui, ma ero giovane... Poi Stoner: era devastante. Quando era in forma non ce n'era per nessuno. Marquez è stato il più completo. Ho avuto la fortuna di lottare con questi campioni fino alla fine della mia carriera, questa è la cosa che mi rende più orgoglioso".

 

Perché è finita la tua storia con Ducati, non andavi più d'accordo con Gigi Dall'Igna? 

"La cosa si è incrinata gradualmente. È troppo difficile avere un ingegnere bravo in tante cose che sa anche prendere il massimo da tutti, non solo dai tecnici. Ci sono, ma raramente hanno un'empatia speciale".

 

Hai scritto un libro, 'Asfalto', in cui raccontavi di essere uno che tendenzialmente non 'buca', un po' per scelta un po' per come sei fatto. Ma forse non è vero... 

"È stato così finché non è uscito il libro, ero l'uomo invisibile. C'ero, ma non c'ero. Poi è arrivata l'esplosione. Mi sono evoluto in molte cose, ho lavorato su me stesso modificando alcuni aspetti del mio comportamento, soprattutto a livello mediatico. Mi sono aperto, ma senza essere falso. In più sono arrivati i risultati... siamo cresciuti con la Ducati e poi, ovviamente, quelle lotte all'ultima curva con i miei rivali hanno fatto il resto".  

 

Chi sarà il nuovo fenomeno della MotoGP nei prossimi 5 anni tra quelli che vedi in pista?

"Sicuramente Bagnaia. E Quartararo, ma dipenderà anche dallo sviluppo della Yamaha. Anche Bastianini e Martin hanno tutte le possibilità per fare 'boom', ma dipenderà da loro".

 

Grazie Andrea. Per il pilota e per la splendida persona che sei. Con tutto il cuore.