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Boscoscuro: "Costruttore in MotoGP? Mai dire mai. Che soddisfazioni Iannone e Quartararo"

a skysport.it

Paolo Beltramo

Luca Boscoscuro si racconta: dalla carriera da pilota a quella da costruttore, passando per il rapporto con i piloti e i tanti talenti scoperti. L'intervista per Sky Sport realizzata da Paolo Beltramo

MERCATO PILOTI: LA GRIGLIA VERSO IL 2025

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A metà degli anni '90 è stato campione europeo della 250 con un’Aprilia. D’altronde per un ragazzo che voleva fare il pilota ed era nato il 27 dicembre del 1971 a Schio, la casa di Noale rappresentava un faro, un porto sicuro, un destino sognato. E difatti Luca Boscoscuro è arrivato lì, anche se poi ha corso pure con una Honda. Nel 2000 è stato compagno "maggiore" di Roberto Locatelli nel team di Vasco Rossi, l’anno successivo ha smesso. Smesso di correre, ma non con le corse: ha studiato da team manager e lo è diventato grazie alla scuola di Giampiero Sacchi, godendosi anche gli anni di Simoncelli e Locatelli in Gilera nel 2007-8-9. Poi ha cominciato a fare il costruttore con le sue Speed-up nell’allora esordiente Moto2. Adesso le Boscoscuro vincono spesso, quasi dominano in Moto2 e da 2 sono diventate 4, brillando nel mare di Kalex. Una storia interessante, bella, fatta di passione, ambizione, capacità, voglia. Sentiamolo, questo “piccolo” costruttore italiano che nelle corse vuole percorre la stessa strada - vincente - di Ducati e Aprilia. Dalla sua ha anche una grandissima capacità nel riuscire a scoprire talenti inespressi, campioni da innaffiare, coltivare perché sboccino. Un grande talent scout, pure. Sentiamo.

Ciao Luca, hai smesso dopo aver corso nel team di Vasco. Chiuso in bellezza?

"Nel mio sogno c’era di lottare per vincere. Ma di vincere non c’era verso, quella era la situazione e ad un certo punto bisogna rendersi conto di come si è".

 

Hai dei rimpianti per la tua carriera da pilota, oppure sei soddisfatto perché ha messo le basi per quello che sei diventato?

“Da pilota ho fatto più di quello che mi immaginavo perché essendo veneto non disponevo di quell’organizzazione che c’è in Emilia Romagna, perciò ero una specie di mosca bianca. Sono partito disputando il campionato l’italiano, poi ho vinto l’europeo. Nel mondiale in quegli anni c’erano due categorie: quella di chi aveva le moto ufficiali e di chi correva con quelle clienti. Sono riuscito a 'vincere' il mondiale privati, perciò alla fine posso dire di essermi tolto le mie soddisfazioni. Ho anche fatto degli errori di scelta perché ad esempio nel '97 quando in Aprilia c’era Pernat ricevetti da lui la proposta di fare il collaudatore e correre 4 gare come 'wild card'. Non accettai perché allora mi sentivo più pilota che collaudatore, ma fu un errore perché correre allora con le moto ufficiali era una cosa diversa, mi avrebbe permesso di fare più risultati. Ma non ho rimpianti. Allora c’era la 250, ma anche la 500 e cercavano due collaudatori”.

Beh, mi sembra che le tue capacità tecniche ti siano comunque state utili per la carriera di costruttore.

“Sicuramente aver corso mi aiuta a valutare i piloti e anche le moto quando girano. Quando senti i commenti dei piloti interpreti meglio e sai dove devi intervenire”.

 

Insomma si può dire ancora una volta che Carlo Pernat aveva lo sguardo lungo eh…

“Ahahah… Carletto è il numero uno, inutile dirlo. Sono molto contento di quello che ho fatto fino ad oggi, ma le mie aspettative restano sempre alte. La domenica quando non va come dico io, sono sempre inca**ato nero. Questo a volte può essere un limite, ma spesso ti spinge a cercare con più forza di ottenere quello che vuoi la domenica dopo”.

 

Hai fatto anche il team manager in Gilera con Simoncelli.

“Ho fatto il direttore sportivo per i primi anni, dal 2002 al 2007, poi sono diventato team manager quando il team è diventato interno con Gilera. Sacchi mi ha dato quel ruolo e quell’esperienza mi ha aiutato molto per riuscire a fare quello che faccio adesso. Lavorare con piloti di quel livello, Simoncelli, ma anche altri, mi ha

dato moltissime informazioni”.

Al Sic volevamo e vogliamo bene in moltissimi. Cos’aveva di unico, di speciale?

“Era un ragazzo normalissimo, non se la tirava, ci metteva l’anima. I suoi primi due anni in 250 sono stati molto duri e in quelle difficoltà è riuscito a trovare dentro di sé la determinazione per esprimere il suo grande talento nel modo giusto. Questa è una delle problematiche di moltissimi piloti. Marco è stato bravo e intelligente a riuscire a tirar fuori le sue qualità, il suo talento. Tener duro, non mollare mai è importantissimo. È stato anche molto importante che abbia poi trovato le persone giuste di cui circondarsi, a cominciare da Aligi Deganello, perché avere la gente giusta al proprio fianco è fondamentale. Ci sono tanti piloti che messi sotto pressione si perdono”.

 

Soprattutto a quell’età lì, in quella fase di crescita sia sportiva, sia umana.

“Certo! Oggi hanno messo un limite di età per correre nel mondiale di 18 anni, secondo me è giusto. Prima vedevi arrivare dei ragazzini di 16 anni sottoposti a pressioni pazzesche, perché i team alla fine vogliono i risultati. Se non vai, dopo due anni sei da buttare via! No, non è così. Spesso ci sono le ambizioni dei genitori che credono che i loro figli siano tutti dei Rossi o dei Marquez e se non va come vorrebbero è sempre colpa degli altri. Invece non funziona così”.

 

Tu sei uno di quei pochi che è riuscito a capire i piloti, ad aspettarli. Ad esempio: se non avesse trovato te forse Fabio Quartararo non sarebbe mai arrivato dove è.

“Avrebbe fatto molto più fatica, ma questo è dovuto alla 'scuola' che ho fatto quando dal 2002 al 2009 ho lavorato con gente molto più esperta di me e con tanti piloti forti. Ho seguito Jorge Lorenzo quando è arrivato a 15 anni in Derbi, ho visto la sua evoluzione: era uno che dava sempre tutto, che non era mai contento. Ha vinto 5 mondiali e ha corso contro piloti come Rossi, Marquez, Pedrosa, Stoner... loro hanno fatto la storia, almeno quella moderna”.

L’aver lavorato in un reparto corse e in un’azienda come Aprilia credo ti abbia insegnato molto. Di là è passata gente come Witteveen, Albesiano, Dall’Igna, Coco…

“Con loro non ho lavorato direttamente, ma se oggi faccio il costruttore è perché ho avuto la fortuna di collaborare con un’azienda dove le moto si costruivano veramente. Essendo stato a contatto con molti di loro ho cercato di assorbire come una spugna, e ho fatto della mia passione il mio lavoro”.

 

Beh, diciamo che sei una bella spugna… e detto ad un veneto…

“Ma sono un veneto anomalo, perché non bevo… però è vero che assorbo”.

Com’è iniziata la tua storia di costruttore? Era il 2010…

“Quando nel 2009 è finita la 250 e Piaggio, Aprilia e Gilera hanno deciso di smettere e di non correre nella nuova Moto2, io non avevo voglia di andare in Superbike, non era quello che volevo. Così ho deciso di creare il mio team. Avevo un accordo con la moto Aprilia e con loro, senza nulla togliere agli altri, credo che saremmo stati meglio di Suter e di chi c’era. Si è presentata una problematica con Aprilia che ha aperto una nuova opportunità. Nella Stagione 2010 abbiamo corso con un telaio inglese. Nel 2011 visto il notevole apporto dato alla casa inglese  mi sono detto che io come si faceva una moto lo sapevo, quindi perché non  sfruttare le mie capicità. Comunque nel 2010 abbiamo fatto una bella stagione con Iannone, quell’anno lì ho apportato parte delle mie competenze al brand inglese. Abbiamo fatto terzi nel mondiale, 5 o 6 pole e 8 o 9 podi. È stato un anno molto positivo”.

 

Già con Iannone, che era un ragazzino allora, hai cominciato a mettere in mostra la tua capacità di scopritore di talenti.

“Anche con Pol Espargaro. Era molto più semplice comprare la moto e pagare un pilota già pronto. Io invece investivo sul talento di piloti che ancora non erano sbocciati. Mi dovevo inventare qualcosa visto che non avevo le disponibilità di molti altri team”.

Sarà stato anche dovuto alla necessità, però probabilmente costruire la moto e far crescere i piloti snobbati o sottovalutati deve essere ancora più bello.

“Sì, ad esempio quando nel 2014 ho preso Sam Lowes nessuno lo considerava poiché arrivava da un differente campionato, in quell’anno Sam con noi è cresciuto. E l’anno seguente abbiamo vinto una gara e fatto pole position, podi e quarti al mondiale. Perché non bisogna dimenticare che stiamo parlando di un mondiale: vorresti, ma non si può vincere tutte le domeniche. Perciò bisogna essere umili e lavorare duro”.

 

Tra i piloti che hai “scoperto” quali sono quelli che ti hanno soddisfatto di più?

“Da quando ho il team Iannone, per il suo grande talento. Secondo me non lo ha gestito nella giusta maniera, ma i numeri li aveva e li ha ancora altissimi. Se invece devo riferirmi ad una storia recente direi sicuramente Quartararo che ci ha dato soddisfazioni incredibili. Era un pilota che non voleva nessuno, nelle prime due gare non abbiamo preso punti, in quel 2018. Con lui siamo cresciuti tantissimo, quando prendi un pilota, cresce e con te vince è bello per tutti. Fabio parla sempre bene di me, dal mio canto gli sono molto grato, perché senza il suo talento noi non saremmo mai riusciti a diventare così competitivi. Lui è un pilota che sa quello che vuole e dove andare a parare”.

 

Forse il più forte che hai avuto è lui, ma anche adesso che corrono in quattro con la tua moto, non direi che le cose vanno male…basti pensare ad Aldeguer che ha già il contratto con Ducati.

"Pensa che Fermin l’ho messo sotto contratto a 15 anni, mi sentivo un po’ il cuore in gola a vederlo correre su una moto che faceva 300 all’ora. Lui però era già così grande fisicamente che non poteva competere in altre categorie. Nel 2020 abbiamo partecipato al campionato europeo e abbiamo vinto 9 gare su 11, le altre due le abbiamo vinte con Lopez. La coppia di piloti che ho quest’anno l’ho messa insieme in quell’anno".

Credis foto: IG @boscoscuromoto

Insomma a te la pandemia ha fatto bene in fondo…

“Bene non so, ma non posso lamentarmi perché nel 2019, il primo anno coi motori Triumph dopo l’era Honda, siamo partiti di nuovo da zero. Abbiamo fatto bene anche se non abbiamo vinto gare, totalizzando 6 secondi posti e 10 podi con Navarro che non era mai riuscito a raggiungere il podio in Moto2 e Di Giannantonio pilota esordiente. Bene soprattutto considerando che di solito i debuttanti in Moto2 fanno un po’ di fatica. Ha fatto bene e ne sono orgoglioso”.

 

Il Diggia ha dimostrato anche in MotoGP di essere uno buono

“Per me è soltanto questione di maturità nell’approccio. L’anno scorso quando ha corso il rischio di rimanere a piedi, ha reagito trovando dentro di sé la spinta giusta per andare forte, ha vinto una gara, ma è andato forte. Quest’anno a parità di moto c’è soltanto Marquez che gli sta davanti. Con la GP23 è il secondo”.

 

Ti dà un po’ fastidio il fatto che tutti questi ragazzi che spesso hai scoperto tu e che comunque fai crescere, ad un certo punto se ne vadano per correre in MotoGP?

“No, no. Io sono in Moto2, so benissimo dove sono. Ogni mio pilota che passa in MotoGP è per me una vittoria, significa che abbiamo lavorato bene. È inutile stare qua a pensare che va via. Mica posso tenere un pilota 20 anni in Moto2, non ha senso. La MotoGP è il massimo e tutti i piloti devono sognare di andare là e vincere. Per riuscire a fare questo devi prima andare forte in Moto2 e quindi il nostro lavoro è quello di mandare in MotoGP un pilota che sia capace di andare forte e magari anche di vincere. È questa la mia missione attuale”.

 

Sembra che tu ci riesca piuttosto bene.

“Io ce la metto tutta sempre. Poi non tutte le ciambelle riescono col buco, però io mi impegno al massimo sempre”.

Com’è strutturata la Boscoscuro? Ci sono degli ingegneri, quante persone.

“Come ti dicevo il 2019 per noi è anno zero. Ci strutturiamo per essere contruttori. Da solo non fai niente. C’è gente che lavora con me da tempo e insieme riusciamo a fare questo. Non è merito mio, è merito nostro, lavoriamo insieme e non siamo una struttura grande. Boscoscuro è una piccola organizzazione dove ci sono ingegneri e tecnici dedicati allo sviluppo della moto da competizione. Costruiamo con passione e dedizione”.

 

Però nella tua categoria produci una moto vincente, competitiva. Sei già al massimo.

“Io con il Team che utilizza la moto Boscoscuro vorrei vincere tutte le domeniche, ma so che non è possibile. Nelle corse ci vuole il pilota, pensare che la sola moto possa fare la differenza è sbagliato. Se hai dei piloti forti e la moto è la migliore, allora puoi lottare per vincere. L’esempio per me è Ducati. È la moto di riferimento e ha i piloti più forti in questo momento”.

 

Visto che ci siamo arrivati parlando, ti chiedo: secondo te Ducati ha fatto bene a fare le scelte che ha fatto sui piloti?

“Pensavo avrebbe portato Martin nel team ufficiale, mi sembrava la scelta più logica. Premettendo che bisognerebbe conoscere tutte le dinamiche, ritengo che Marquez sia uno dei piloti oggi più forti quindi è meglio averlo con te che contro. Non so, è andata così e un po’ mi spiace per Martin che secondo me meritava di andare nel team factory. Io però parlo come uno che legge i giornali, conosco tutti quei piloti, però non so quali ragionamenti ci siano dietro alle scelte. È un peccato anche perdere uno come Bastianini. Da un lato però sono anche molto contento che Martin sia andato in Aprilia, lì ho tanti amici e ricordi, l’idea di vederli lottare per vincere mi fa molto piacere. Spero che prendano un italiano da affiancare a Jorge, secondo me Vinales non è stato sempre costante. Tra i due di quest’anno i complimenti vanno fatti ad Aleix, che ha tenuto duro, ha lavorato tanto, ha fatto crescere la moto anche nei momenti difficili. È stato davvero il 'capitano', uno che non ha mai mollato e se l’Aprilia è una moto competitiva molto merito è suo. Da Vinales mi sarei aspettato di più, tipo che guidasse più spesso come ha fatto quest’anno ad Austin. Mi sarebbe piaciuto che ci fosse andato Bastianini, uno che sa vincere, che è davvero forte”.

Cosa guardi di più in un pilota?

“Quelli che arrivano al mondiale hanno tutti talento. La differenza la fa la testa, l’approccio che hanno. Se un pilota continua a dare colpe a destra e a manca, non si prende mai le responsabilità di una prestazione non ottimale non mi piace. Bisogna aiutarli a capire che non sono le scuse a fare la differenza. I due piloti che ho adesso non cercano mai di scaricare le loro mancanze se ne hanno. Questo lo apprezzo tantissimo. Anche Garcia, che corre con una Boscoscuro, capisce le gare, le gestisce, porta a casa il massimo senza stendersi per tentare l’impossibile, il che è il sistema per portare a casa il mondiale. Ogura, dal canto suo, è forte e sta dimostrando grandi capacità a confronto con la scorsa stagione in cui sembrava un po' sottotono”.

 

Un altro talent scout fenomenale mi sembra sia Jorge Aspar Martinez, vero?

“È bravissimo, non bravo. Poi bisogna dire che è uno dei pochi team che parte dall’ETC (European Talent Cup), perciò li vede tutti fin dall’inizio e quelli interessanti li mette sotto contratto. Non è per caso che sia sempre in lotta per vincere il mondiale Moto3”.

 

Alonso per esempio mi sembra un pilota fortissimo        

“È un pilota che ha un potenziale altissimo, bisogna valutare e attendere perché ad esempio anche Guevara sembrava un pilota da prestazioni esagerate in Moto2, ma ad oggi non ha ancora dimostrato di essere fortissimo sebbene il talento non gli manchi”.

Allora l’anno prossimo lo prendi tu?

“…potrebbe anche essere, perché no? Il salto dalla Moto3 alla Moto2 è grande, bisogna stare molto attenti. I piloti forti della prima categoria non è detto che lo siano anche nella categoria maggiore. Guarda Dalla Porta, campione del mondo, vedi Masia campione del mondo, vedi Guevara. Lasciamo stare Acosta che ha vinto alla seconda stagione, ma andava subito fortissimo. Uno come lui è chiaro che abbia qualcosa di molto speciale. D’altronde è stato 2 volte campione del mondo in 3 anni…”.

 

Non ce la farà come Marc Marquez a vincere il titolo alla prima stagione in MotoGP, però un po’ di fastidio glielo sta dando anche lì...

“Io pensavo che Brad Binder fosse un grande pilota, ma lui non ti dico che lo stia ridicolizzando, ma massacrando sì. E viene da chiedersi un’altra cosa: quanto competitiva è la KTM e quanto è forte lui? Perché anche prima vedevamo la Honda vincere e pensavamo quanto fosse competitiva, poi è andato via Marquez e vediamo dov’è la Honda, si giocano l’ultimo posto. Roba da non credersi”.

 

Adesso una domanda difficile: secondo te chi sono i futuribili? Se vuoi puoi non rispondere perché sarebbe come dirmi chi vuoi prendere.

"Aldeguer va in MotoGP e si sa. Io credo che un altro pilota salirà se Augusto Fernandez non verrà riconfermato. Smette Espargaro e va via lui. Quindi ci sono due posti e non vedo altri campionati dove possano prendere piloti. Andassero a prendere Razgatlıoğlu in Superbike sarei contento, ma non credo lo facciano".

Quanto ti piacerebbe una Moto2 dove invece di avere il monomotore ci fossero molte case a fornire il propulsore?

“C’è una cosa da dire: la questione è economica. Il cambiamento dalla 250 alla Moto2 è stato fatto perché costava troppo. Questa categoria a mio giudizio è molto formativa per i piloti, il lato economico non è variabile così forte da precludere a qualche team di vincere. In 250 o eri nel team ufficiale, o era impossibile vincere. In quegli anni se non avevi la moto ufficiale, Aprilia, Honda o Yamaha che fosse, non avevi le gomme ufficiali, le sospensioni ufficiali. Non avevi il mezzo competitivo. Potevi anche essere un ottimo preparatore, ma non potevi mai arrivare a livelli top. La 250 di una volta secondo me è la moto più bella per correre e formare i piloti. Ma rifare qualcosa del genere con le case impegnate farebbe lievitare i costi a livelli impossibili. In quel passato anche un pilota magari non eccelso poteva stare davanti e vincere grazie alla moto. Adesso emergono i migliori. Io sono molto favorevole alla Moto2 perché oggi con un budget normale puoi lottare per vincere le gare e il mondiale. Certo magari devi ingegnarti come me e cercare i piloti buoni. Certo prendere un Bagnaia o Marquez è più facile, però soddisfazioni che ricevi se riesci a scegliere qualcuno che nessuno vedeva sono maggiori”

 

Il tuo sogno è arrivare in MotoGP, o stai bene così?

“Mi piacerebbe tantissimo correre in MotoGP, è il mio sogno e spero di riuscire a realizzarlo prima o poi”.

 

In questo caso non sarebbe però più una Boscoscuro, ma la gestione di una moto di un’altra marca.

“Chi può dirlo? Prima o poi cambieranno anche i regolamenti no? Se tu guardi la F1, quanti costruttori veri ci sono? Molti hanno il motore di qualcun altro. Non si sa mai cosa potrà succedere”.

Foto IG @boscoscuromoto

Sarebbe anche l’unico modo per arrivare là con una Boscoscuro motorizzata Honda, Yamaha, Ducati, KTM, Aprilia o chissà, mica puoi pensare di costruire anche il motore, soprattutto coi 4 tempi.

“Ma certo, pure coi 2 tempi sarebbe impossibile sfidarsi con quei giganti”.

 

Del passato qual è stata la “Boscoscuro”, cioè la moto realizzata da un telaista, che ti è piaciuta di più?

“Credo che la Roc Yamaha sia quella che ha fatto meglio di tutti. Anche la Bimota, la Elf col monobraccio posteriore”.

 

Tu però non vai sulla fantasia, ma badi al sodo. Cosa migliori da un anno all’altro?

“Il rapporto con le gomme è l’essenziale. Per me le Pirelli hanno aiutato gli altri, nel senso che noi con Dunlop eravamo ancora più, competitivi. Però non cambia, abbiamo tutti lo stesso materiale, dobbiamo lavorare e cercare di batterli”.

 

Sei felice allora?

“Sì, lo sono. Sono contento di quello che ho fatto fino ad ora. Mi piacerebbe vincere tutte le domeniche, ma non si può”.