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NBA, i risultati della notte. OKC scherza i Lakers, Houston vince senza Harden a Orlando

NBA

I Thunder travolgono i Lakers allo Staples Center tirando con oltre il 60% dal campo. Houston vince a Orlando la prima senza Harden grazie ai 27 punti di Gerald Green. Philadelphia batte San Antonio e conquista il quarto successo nelle ultime cinque. Successi pesanti a Est per Toronto, Washington e Milwaukee, Miami vince lo scontro diretto con Detroit

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Los Angeles Lakers-Oklahoma City Thunder 96-133

IL TABELLINO

Il punteggio dice già tutto, ma nel caso le percentuali al tiro (appena sopra il 40% quelle dei Lakers, oltre il 60 quelle degli ospiti) forniscono un dato in più per spiegare il crollo interno di Los Angeles, giunti all’ottava sconfitta in fila, la 11^ nelle ultime 12 disputate. Servono solo come parziali scusanti le assenze perduranti di Lonzo Ball e Brook Lopez (vicini al rientro), perché la resistenza opposta ai Thunder dal secondo quarto in poi (perso 37-18) ha davvero poco di dignitoso. Per OKC serata magica del rookie Terrance Ferguson, capace di migliorare il suo massimo in carriera (di soli 7 punti) con una prestazione da 9/12 al tiro e più di una schiacciata super spettacolare per i suoi 24 punti finali, alla prima partenza in quintetto. È lui – al pari di Paul George, che ne segna 13 nel parziale decisivo del secondo quarto – il top scorer dei Thunder, mentre Carmelo Anthony ne aggiunge 21 e Russell Westbrook chiude con 20, 12 rimbalzi e 6 assist, tirando un ottimo 10/17 dal campo senza tentare neppure una tripla. E pensare che i Lakers hanno aggredito la gara sin dall’inizio, piazzando un break iniziale di 10-0 che ha illuso i tifosi dello Staples Center: una difesa arrendevole (133 punti concessi, il 46.7% da tre punti e 36 assist fatti registrare da OKC) ha lasciato presto via libera a Westbrook e compagni. Non sono serviti a nulla i 18 punti di Kyle Kuzma e i 12 di Kentavious Caldwell-Pope, in una serata in cui i gialloviola sono stati imprecisi anche dalla lunetta (solo 9/15 ai liberi). “Non possiamo sentirci buttarci giù, dobbiamo reagire”, le parole di coach Walton a fine gara.

Orlando Magic- Houston Rockets 98-116

IL TABELLINO

L’infortunio di James Harden potrebbe rivelarsi un problema nelle prossime due settimane (almeno) per Houston, ma al momento i Rockets sembrano aver trovato le giuste contromisure. Soprattutto contro avversari abbordabili come i derelitti Orlando Magic che stanno affondando con l’andare avanti della regular season. Il sistema di gioco messo in piedi da Mike D’Antoni in Texas compie l’ennesimo miracolo, rimette in sesto Gerald Green e dopo neanche una settimana dal suo arrivo a Houston (qualche giorno fa era a casa con il figlio a giocare ed è scappato alla partita del TD Garden dopo la convocazione “a sorpresa”) gli regala una partita da 27 punti e 7/10 dalla lunga distanza. “Chris [Paul] ha fatto un lavoro meraviglioso con me; mi sono sentito sin da subito in ritmo e questo mi ha permesso di essere utile alla squadra” le sue parole dopo la gara. Ai suoi si aggiungono i 21 punti con 8 rimbalzi di Clint Capela, i 17 a testa di Eric Gordon (promosso in quintetto) e Ryan Anderson, mentre Chris Paul chiude con otto punti, 13 assist e sette rimbalzi. I Rockets hanno fatto gara di testa letteralmente dall’inizio alla fine, schivando con facilità la docile opposizione fatta dai Magic. “Oggi le cose sono andate bene – commenta D’Antoni a fine partita -, ma tra qualche ora dobbiamo vedercela con gli Warriors. Chiedetemelo domani come vanno le cose. Proveremo in tutti i modi a non far pesare troppo l’assenza di James [Harden]”.

Philadelphia 76ers-San Antonio Spurs 112-106

IL TABELLINO

La presenza di Joel Embiid è stata in dubbio fino all’ultimo a causa del problema alla mano, ma nel momento in cui ha deciso di scendere sul parquet ha fatto di tutto per mettere in chiaro che non era lì soltanto per fare numero. In uno degli ultimi impegni dei 76ers prima della trasferta londinese della prossima settimana (che potrete vedere in streaming eccezionalmente aperto a tutti su skysport.it), arriva così un successo importante contro gli Spurs, il quarto nelle ultime cinque gare che interrompe una striscia di 12 ko in fila negli scontri diretti con San Antonio. Embiid chiude con 21 punti, 11 rimbalzi e 4 stoppate a cui si aggiungono i 26 con 5 rimbalzi e 4 assist di Ben Simmons e i 20 punti di J.J. Redick. “Mi sono sentito bene sin da subito, non c’è nulla di cui preoccuparsi”, commenta il lungo camerunense a fine gara, a tratti dominante contro LaMarcus Aldridge. Il numero 12 con i suoi 24 punti e 14 rimbalzi guida i suoi insieme ai 26 di Patty Mills in una serata in cui Kawhi Leonard viene tenuto a riposo come previsto dal programma di recupero dall’infortunio al quadricipite. Coach Brown si toglie così per la prima volta in carriera la soddisfazione di battere il suo amico e mentore Gregg Popovich, di cui è stato assistente per oltre dieci anni e con cui ha vinto ben quattro titoli NBA (1999, 2003, 2005 e 2007) e contro cui aveva un record di 0-8. “La sua lunga attesa sta iniziando a pagare: non so quanti allenatori sarebbero stati in grado di attraversare e accettare una situazione come quella che ha vissuto Brown a Philadelphia. La sua pazienza e la sua etica del lavoro stanno finalmente dando i loro frutti”.

Washington Wizards-New York Knicks 121-103

IL TABELLINO

Non basteranno due vittorie per fare primavera, ma certamente sono una rondine che serviva a rasserenare gli animi nello spogliatoio della Capitale, spaccato in due dopo l’ennesima sconfitta contro squadre dal record perdente. Dal ko contro gli Hawks in poi Washington ha risalito la china (anche grazie alla cortissima classifica dell'Est) e dopo il successo conquistato contro i Knicks la quinta posizione in classifica sembra quasi aver appianato ogni dissidio. “Nessuno ci ha criticato più di quanto non abbiamo fatto noi stessi”, racconta Bradley Beal, autore di 27 punti raccolti con un efficiente 11/14 al tiro (non a caso votato giocatore della settimana), a cui si aggiungono i 25 e 9 assist realizzati da John Wall. Dalla’altra parte invece sono 16 punti per Kristaps Porzingis e 20 per Michael Beasley in uscita dalla panchina (la candidatura a sesto uomo dell’anno non è poi un’ipotesi così remota), non in grado di evitare ai Knicks la 14^ sconfitta nelle ultime 15 partite disputate contro Washington. “Non è una scusa, ma il back-to-back con la seconda gara in trasferta ti taglia le gambe e ti svuota completamente di ogni tipo d’energia”, racconta il lungo lettone. “Non avevamo più le gambe per competere nel secondo tempo”. Beh, guardando il record di 3-13 lontano dal Madison Square Garden verrebbe da pensare che i problemi dei newyorkesi in trasferta possano essere anche altri. Non solo la stanchezza.

Brooklyn Nets-Minnesota Timberwolves 98-97

IL TABELLINO

Non è molto fotogenico e davvero in pochi in realtà si interessano ai risultati dei Brooklyn Nets, altrimenti Spencer Dinwiddie sarebbe stato con merito l’uomo copertina della serata (considerando che Boston-Cleveland e il game winner di Steph Curry hanno un pezzo a parte dedicato). La point guard della squadra newyorkese regala ai suoi un successo in volta con il jumper del definitivo sorpasso realizzato a 10.1 secondi dalla sirena - due punti che gli permettono di toccare nuovamente in carriera quota 26, eguagliando così il suo massimo. Dall’altra parte invece il buzzer-beater di Jimmy Butler non ha trovato il fondo della retina: “Non abbiamo giocato una grande partita, anzi. L’unica cosa da salvare è la nostra voglia di combattere, quella che ci ha portato a un solo tiro di distanza dalla vittoria”. Niente parziali da 16 o 17 a zero contro Brooklyn dunque, dopo che le ultime due gare dei T’wolves erano poi state agevolmente controllate dopo essere volati sin da subito in vantaggio. Minnesota invece conferma i suoi problemi con le squadre della Eastern Conference (4-9 il record), restando saldamente al quarto posto a Ovest nonostante il ko. Da segnalare invece in casa Nets la seconda presenza sul parquet di Jahlil Okafor con Brooklyn: due punti in 11 minuti: il giocatore arrivato ormai un mese fa da Philadelphia sembra faticare a trovare spazio anche ai Nets.

Miami Heat-Detroit Pistons 111-104

IL TABELLINO

Kelly Olynyk è il miglior realizzatore in casa Heat (25 punti) e anche il miglior rimbalzista (13 rimbalzi), a cui si aggiungono i 24 con 13 assist di Goran Dragic. Canestri, punti e giocate che regalano a Miami un record di vittorie superiore al 50% per la prima volta dall’aprile 2016: “Non sarà un grande traguardo, ma dimostrato che abbiamo tanta voglia di lottare”. Un successo frutto della capacità degli Heat di aprire il campo in un match chiuso con 17 triple a referto, cinque delle quali portano la firma di uno Josh Richardson da 22 punti. Dall’altra parte invece 15 punti e 9 rimbalzi per Boban Marjanovic, titolare vista l’assenza causa infortunio (nulla di preoccupante, un riposo non dichiarato) di Andre Drummond: “È un vero e proprio gigante, ma dotato e molto più duttile di quanto si pensi”, racconta Olynyk che ha avuto non poche difficoltà a fronteggiarlo ad alta quota. Per i Pistons è una sconfitta che vale ben due posizioni in classifica (dal 4° al  6° posto), a dimostrazione di come basti davvero poco per rilanciarsi. Un successo contro Philadelphia tra due giorni, ad esempio.

Milwaukee Bucks-Indiana Pacers 122-101

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Sulla panchina di Indiana coach McMillan si lamenta: “Subiamo ancora troppi parziali in avvio di gara e all’inizio del secondo tempo”. Proprio quello incassato nel terzo quarto condanna i suoi Pacers alla quinta sconfitta consecutiva (le ultime quattro senza Victor Oladipo), perché il vantaggio dei Bucks – sopra di 10 all’intervallo – diventa un considerevole 93-74 (+19) appena prima della conclusione del terzo periodo. La gara si decide lì, tanto che Jason Kidd decide di tenere a riposo per tutto l’ultimo quarto Giannis Antetokounmpo, che resta in campo solo 29 minuti, stesso minutaggio concesso a Khris Middleton: il primo chiude con 31 punti e 10 rimbalzi, il secondo con altri 27, mentre ne aggiunge 17 dalla panchina l’ottimo Malcolm Brogdon. L’attacco di Milwaukee funziona alla perfezione  (il 58% dal campo e 34 dei 44 canestri assistiti) ma anche la difesa sul perimetro costringe i tiratori di Indiana a pessimo percentuali dall’arco (solo 3/15 a fine serata). Il migliore dei Pacers è Domantas Sabonis, che chiude col suo massimo in carriera a quota 24 con un ottimo 10/13 al tiro, mentre Darren Collison ne aggiunge 17. 

Chicago Bulls-Toronto Raptors 115-124

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Dopo aver stabilito il suo massimo in carriera a quota 52 contro Milwaukee, DeMar DeRozan torna al lavoro e ne scrive 35 contro Chicago, confermando i suoi progressi al tiro da tre (5/8), l’eccellente rendimento in lunetta (10/10) e dimostrando ancora una volta di poter “prender fuoco” in un attimo e decidere una partita (18 dei suoi 35 arrivano nel terzo periodo, dopo averne segnati solo 9 in tutto il primo tempo). Ma il prodotto di Compton non vuole che i riflettori puntino su di lui, bensì sulla panchina dei Raptors, che domina 54-39 quella dei Bulls guidata dalla gara da record di Delon Wright, che fa registrare il suo career-high a quota 25 punti e ci aggiunge 13 rimbalzi, ma ha 13 punti con 5/7 al tiro anche da Fred VanVleet (16 a testa li mettono due altri titolari Kyle Lowry e Serge Ibaka). “Sono state le nostre riserve, con la loro energia, a salvarci”, concorda coach Casey, che guida i canadesi alla nona vittoria nelle ultime undici gare disputate. Trend inverso invece per Chicago, giunta alla terza sconfitta consecutiva: non servono i 26 di Justin Holiday, i 22 con 12 rimbalzi di Lauri Markkanen e i 20 uscendo dalla panchina del solito Nikola Mirotic: a contatto con i Raptors fino all’ultimo quarto, i Bulls subiscono un parziale di 16-2 che li condanna al ko interno, il primo nelle ultime sette gare interne contro Toronto. 

Denver Nuggets-Phoenix Suns 134-111

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Il primo quarto della gara vede Gary Harris scatenato segnare 9 delle sue prime 10 conclusioni (per 20 punti) trascinando Denver sopra di 12. Sorpresa relativa, visto che i Suns, alla terza gara in quattro notti, erano arrivati in Colorado solo alle due del pomeriggio, visto che l’intera squadra era rimasta bloccata da un guasto meccanico all’aereo. Fine della contesa? Neanche per idea: un secondo quarto da 16/21 al tiro (e un parziale negli ultimi 13 minuti e 9 secondi del primo tempo di 45-27) ribalta completamente l’incontro, portando avanti gli ospiti, 67-61 all’intervallo. “In spogliatoio a metà gara ho definito la nostra prestazione imbarazzante”, confessa l’allenatore di Denver Michael Malone. Ma i suoi reagiscono, stringendo qualche vite soprattutto in difesa, dove – complice anche la naturale stanchezza dei Suns – i Nuggets costringono gli ospiti a tirare 5/28 nel terzo quarto, recuperando in fretta la testa della gara con un parziale di 37-18 nel terzo. Denver chiude con 36 punti di Harris (massimo in carriera eguagliato), aiutato dai 17 di Wilson Chandler, dai 16 di Trey Lyles dalla panchina e dai 13 di Jamal Murray, mentre Nikola Jokic si ferma vicinissimo alla tripla doppia con 14, 9 rimbalzi e 8 assist. Sei giocatori in doppia cifra per Phoenix, che ha in Devin Booker il proprio top scorer con 17 punti (ottenuti però con una brutta prestazione al tiro, solo 4/13) e un Greg Monroe in doppia doppia (16 con 10 rimbalzi).

Utah Jazz-New Orleans Pelicans 98-108

TABELLINO

Una gara che procede in sostanziale equilibrio per i primi 30 minuti subisce la prima spallata da parte dei New Orleans Pelicans, che mettono a segno un parziale di 12-1 per chiudere il terzo quarto, con 7 punti di Anthony Davis. Il vantaggio sale fino al +12 in apertura dell’ultimo periodo ma i Jazz non mollano e con un contro-break di 9-0 gli ospiti riaprono l’incontro. Torna al lavoro ancora Davis (29 punti, 15 rimbalzi e 3 recuperi per lui alla fine) che con 10 punti negli ultimi dodici minuti trascina i Pelicans alla vittoria. New Orleans ha 24 punti (di cui 18 nel primo tempo) da Jrue Holiday e 19 con 11 rimbalzi e un ottimo 7/11 al tiro da DeMarcus Cousins, fondamentali per ottenere il primo successo dopo 5 ko di fila, frutto di un’ottima serata al tiro da tre punti (46.7% dall’arco, contro il 22% scarso degli avversari). Tra i Jazz il migliore ancora una volta è il rookie Donovan Mitchell che chiude con 24 punti (pur impreciso al tiro, solo 6/17), mentre si rivede un super efficiente Joe Johnson dalla panchina, autore di 20 punti in 29 minuti con 9/12 al tiro.