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Playoff NBA, Golden State a un passo dal baratro non perde la calma: “Vinceremo noi”

NBA

Dario Vismara

Gli Warriors hanno sbagliato tanto in gara-5 e per la prima volta da quando c’è Kevin Durant ora rischiano l’eliminazione. La fiducia però rimane ai massimi livelli: “Vinciamo noi, potete scommetterci” ha dichiarato Draymond Green

L’ultima volta che i Golden State Warriors si sono ritrovati sotto 3-2 in una serie e con la possibilità di essere eliminati in gara-6 la storia della NBA è cambiata probabilmente per sempre. Erano i playoff del 2016, gli Warriors delle 73 vittorie in regular season erano riusciti a vincere una fondamentale gara-5 in casa ma dovevano affrontare una tremenda trasferta a Oklahoma City, cercando di riprendersi il fattore campo dalle mani di Russell Westbrook e di Kevin Durant, mai così vicini al ritorno alle Finali NBA. Se Klay Thompson non fosse impazzito segnando 11 triple (record nella storia dei playoff) probabilmente ora staremmo parlando di un’altra lega, visto che difficilmente KD avrebbe cambiato maglia durante l’estate per passare ad una squadra che aveva appena battuto ai playoff, e chissà che ne sarebbe stato dei destini di Steph Curry, Klay Thompson e Draymond Green. La storia è andata in maniera differente, eppure ci risiamo: perdendo in gara-5 sul campo degli Houston Rockets, gli Warriors sono a un passo dall’eliminazione come mai era successo con Durant dalla loro parte, avendo sempre vinto le sei serie precedenti in quattro o al massimo cinque partite. Eppure il clima in casa Warriors è stranamente sereno, rilassato, fiducioso nella possibilità di ribaltare la serie e vincerla in sette, conquistando le quarte Finali NBA consecutive. “A dirla tutta, ho molta fiducia per la posizione in cui siamo” ha dichiarato uno Steve Kerr estremamente positivo in conferenza stampa, specialmente per quanto riguarda la metà campo difensiva. “So che può sembrare pazzo, ma me lo sento: so esattamente cosa vedo là fuori, abbiamo difeso in maniera stupenda su Paul e Harden stasera. Abbiamo avuto tutto quello che ci serviva: abbiamo solo perso troppi palloni, abbiamo cercato troppo il pallone con le mani commettendo fallo. Se ci stabilizziamo un attimo, andrà tutto alla grandissima”. 

Draymond Green non perde la fiducia: “Vinciamo noi, scommetteteci”

L’estrema fiducia è un tema ricorrente negli Warriors: anche dopo gara-4 si erano detti sicuri che le cose sarebbero cambiate in fretta, citando i numeri difensivi ampiamente positivi. Le difficoltà di Paul e Harden possono però essere lette in due maniere differenti: da una parte Golden State sembra aver trovato il modo di contenere le due stelle avversarie, specialmente Harden che dopo i 41 punti di gara-1 non ha più superato il 44% dal campo nelle altre partite, culminando nello 0/11 dall’arco di gara-5; ma dall’altra è anche vero che hanno perso una partita in cui le due stelle avversarie hanno combinato per 11/40 dal campo — e non è detto che succederà di nuovo, al netto delle condizioni dubbie di Chris Paul in vista di gara-6. Ciò nonostante, Draymond Green si è fatto da portavoce dello spogliatoio e ha suonato la carica: “Questa serie la vinciamo noi, potete scommetterci”. Lui e Steph Curry, in particolare, ritengono che questa serie assomigli molto a quella giocata con Memphis nel 2015, in cui finirono sotto 2-1 prima di trovare il modo di ribaltarla e dare il via alla loro supremazia che finora ha fruttato tre finali e due titoli NBA.  

Gli errori che sono costati gara-5: la persa di Green

Detto questo, ci sono diverse cose che non hanno funzionato in gara-5, a partire dall’ultimo possesso giocato in maniera quantomeno superficiale e pagato carissimo dai campioni in carica. Dopo aver recuperato il rimbalzo a seguito di un errore di Trevor Ariza dalla lunetta sul 96-94, Draymond Green ha avuto bisogno di un palleggio di troppo per prendere possesso del pallone, e quel palleggio ha impedito a Steve Kerr di “avanzare” il pallone alla linea di metà campo dopo il timeout. In questo modo gli Warriors si sono ritrovati a dover fare una rimessa davanti alla panchina con 6.7 secondi a disposizione per risalire tutto il campo, per di più sapendo che i Rockets avevano a disposizione un fallo da spendere per fermare il cronometro. Per questo Steph Curry, non appena ha ricevuto il pallone e ha visto che stava arrivando un raddoppio, ha scaricato immediatamente verso Draymond Green, accoppiato con il più piccolo Eric Gordon e con il campo a disposizione per puntare il ferro, visto che Klay Thompson e Kevin Durant erano posizionati in modo tale da lasciargli spazio. Green però ha avuto una presa difettosa, cominciando ad attaccare prima ancora di aver ricevuto il passaggio — non precisissimo — di Curry in campo aperto, e perdendo così l’opportunità di tentare il tiro del pareggio: “Avevano un fallo da spendere, per questo volevamo che Steph spingesse subito senza dar loro l’opportunità di fare fallo” ha spiegato Kerr. “Ha fatto la giocata giusta: l’ha passata avanti a Draymond che aveva una linea di penetrazione, ma con il cronometro che stava scorrendo si è fatto prendere dalla fretta e ha perso il pallone. La giocata comunque stava procedendo bene: semplicemente non ha avuto il risultato voluto”.

Quel cambio sbagliato di Klay Thompson

Un altro momento cardine dell’ultimo quarto è stato quando Klay Thompson ha commesso una leggerezza in difesa, sbagliando un cambio difensivo e lasciando a Eric Gordon (come era già successo in gara-4) una tripla smarcata a 1:21 dalla fine, aprendo un solco di quattro punti che gli Warriors non sono più riusciti a colmare. Thompson era inizialmente in marcatura su Trevor Ariza in ala, ma quando Kevin Durant ha lasciato Gordon per chiudere la penetrazione di James Harden in isolamento contro Steph Curry, Thompson ha continuato a rimanere sulla linea di passaggio da Harden ad Ariza senza accorgersi che intanto Gordon si era spostato in ala, dando uno scarico comodissimo al Barba per la tripla. A quel punto Thompson era troppo lontano per colmare la distanza con il tiratore più pericoloso degli avversari, glaciale nel segnare il tiro più pesante della sua carriera. Thompson stesso si è auto-accusato dell’errore gridando a se stesso “Stai a casa!” (ovverosia “rimani sul tiratore”) mentre rientrava in panchina per il timeout chiamato da Steve Kerr, furioso per il suo errore di lettura della situazione.

Anche Kevin Durant è umano: 0/4 nell’ultimo quarto

Infine, anche le due stelle di Golden State hanno steccato nel finale: dopo l’ultimo quarto da 12 punti di gara-4 l’attacco degli Warriors si è inceppato anche in gara-5, segnando solamente 14 punti  negli ultimi 8 minuti di gara. I campioni in carica sono stati di nuovo “tirati giù nel fango” dalla difesa di Houston, che li ha costretti a una lunga serie di isolamenti uno-contro-uno che non fanno necessariamente parte dell’identità di squadra sviluppata in questi anni da coach Kerr. Al centro di tutto questo c’è Kevin Durant, praticamente invisibile nell’ultimo quarto con quattro errori al tiro e soli due punti dalla lunetta, ritrovandosi spesso a dover cavare fuori punti da possessi offensivi stagnanti. Il suo ruolo sarebbe proprio quello del realizzatore, visto che nelle tre gare disputate a Houston ha distribuito solamente un assist in gara-1, ma nella partita di ieri notte non è stato bravo a leggere i mismatch a disposizione, forzando conclusioni in allontanamento anche quando poteva attaccare un avversario più piccolo come Chris Paul o Eric Gordon. Nel post-partita, però, Steve Kerr è stato attentissimo a non urtare l’ego della sua stella, riempiendolo di elogi per il suo contributo: “Kevin è un talento straordinario che fa tantissime cose per noi. Quando è in post, bisogna dargli il pallone perché per noi è sempre una buona opzione. È stato lui a tenerci in partita stasera: è andato in lunetta dieci volte, mi è piaciuto il modo in cui ha attaccato immediatamente andando in area. Se continuiamo a giocare così con un po’ più di disciplina, le cose gireranno per il verso giusto”. 

Quel famoso aneddoto su MJ e Paxson…

Sarà anche così, ma intanto durante la partita si è isolato col suo numero 35 raccontandogli una vecchia storia della sua carriera da giocatore: “Quando Michael Jordan era coi Bulls, abbiamo avuto una partita in cui lui continuava a segnare ma non riuscivamo ad avere ritmo. A quel punto Phil Jackson gli disse ‘Sai chi è libero?’ e lui rispose ‘John Paxson’”. Il riferimento è a gara-6 delle Finali del 1993, decisa proprio dal tiratore con tre canestri nell’ultimo quarto — anche se Kerr ha mentito, visto che si è unito ai Bulls solamente nella stagione successiva, nel 1993-94. “Voglio che ti fidi dei suoi compagni a inizio azione. Stai solo attaccando il ferro cercando di segnare, ma voglio che ti fidi dei tuoi compagni per puoi muoverti. Continua ad attaccare e a cercare di segnare, ma fidati di loro, ok?”. Chissà se il messaggio è stato recepito anche in vista di gara-6.