Please select your default edition
Your default site has been set

NBA, la stagione della consacrazione di Giannis Antetokounmpo

NBA

Dario Ronzulli

C’è un trono vacante nella Eastern Conference dopo la partenza di LeBron James: il numero 34 dei Milwaukee Bucks è uno dei candidati a occuparlo, per consacrarsi definitivamente come uno dei primi 5 giocatori della lega

BRANDON INGRAM È PRONTO AL SALTO DI QUALITA'

Il passaggio di LeBron James ai Los Angeles Lakers ha creato molti effetti a cascata. Tra quelli più interessanti c’è il vuoto di potere lasciato nella Eastern Conference. Dal 2011 nessuna squadra è riuscita a superare l’ostacolo LBJ e accedere alle Finals: ci hanno provato in tanti, qualcuno è stato rispedito a casa con perdite dolorose (Atlanta 0-4 nel 2015), qualcuno ci è andato veramente vicino (Boston avanti 3-2 nel 2012 e nel 2018, Indiana arrivata a  Gara-7 nel 2013). Ma in ognuna delle ultime otto stagioni James ha fatto valere semplicemente la legge del più forte.

Adesso però il Re se n’è andato a caccia di nuovi territori e il suo trono è rimasto vacante. I pretendenti sono molti, ognuno con le proprie armi, ognuno con caratteristiche peculiari. C’è Kawhi Leonard, che potenzialmente è il più accreditato perché, se sano, il più completo e il più autorevole, forte del premio di MVP delle Finals 2014. C’è Kyrie Irving a Boston, ci sono Joel Embiid e Ben Simmons a Philadelphia. E poi ce n’è uno dalle parti di Milwaukee che a dicembre compirà 24 anni e che inizierà la prossima settimana la sua sesta stagione in NBA. È veramente difficile non essere affascinati dal suo modo di muoversi in campo, come fosse Roberto Bolle in mezzo a dei cristalli di Boemia ma allo stesso tempo potente e distruttivo come La Cosa. È la dimostrazione più lampante che a questo gioco, prima ancora dell’altezza o della fisicità, serve la coordinazione per mettere assieme tutte le parti: quando gli elementi si incontrano, il mix può essere devastante. Ora per Giannis Antetokounmpo è arrivato il momento di fare il salto di qualità definitivo, e soprattutto di farlo fare ai suoi Milwaukee Bucks.

Giannis e i suoi bicipiti sono pronti.

I miglioramenti necessari al tiro da tre

L’anomalia Antetokounmpo - ovvero la capacità di essere condizionante per le difese odierne pur in assenza di un vagamente affidabile tiro dalla media e dall’arco - ha portato fin qui ottimi frutti in regular season, ma è evidente che da aprile in poi serve altro per poter fare strada. Milwaukee non supera il primo turno dei playoff dalla stagione 2000-01, quando Ray Allen e compagni eliminarono Magic e Hornets prima di arrendersi ad un dominante Allen Iverson in formato MVP. Nei cinque anni con Giannis a roster tre volte è arrivata ai playoff, fermata sempre al primo turno dai Bulls (4-2), dai Raptors (4-2) e dai Celtics (4-3) lo scorso anno.

Per il greco si può fare un discorso simile a quello per DeMar DeRozan: il suo modo di giocare - e di riflesso quello della squadra - è efficiente fino a quando le difese non alzano l’intensità, l’aggressività e la capacità di reagire in tempi minimi. Tutto quello che accade nei playoff, in pratica. E allora serve che ci siano dei miglioramenti sia individuali che di squadra, per fare strada ai playoff ma anche per ambire concretamente al titolo di MVP che sembra comunque già ora non lontano dalla portata di “The Greek Freak”.

Il dato più lampante è il tiro da 3. Non è tanto un problema di percentuale - 30.7% dall’arco - quanto di numero di tentativi, 1.8, in relazione al totale dei tiri presi, una percentuale vicina solo al 10%. Un solo tiro ogni 10 preso dall’arco è un dato misero per l’NBA odierna, anche per un talento debordante nella restricted area come il greco. C’è anche un discorso di meccanica, fin troppo lenta e macchinosa e non a caso la stragrande maggioranza delle sue triple arriva con il difensore a più di due metri. Nessuno gli chiede di diventare Klay Thompson o Kyle Korver: basterebbe essere poco più pericoloso in modo da costringere la difesa a pensarci su prima di battezzarlo con nonchalance.

Tra le frasi più interessanti di questa intervista segnaliamo “So di essere un buon giocatore ma è tempo di aiutare i miei compagni a diventare grandi” e “Ho lavorato tanto sul tiro da 3 e ve lo dimostrerò”.

Sempre considerando i dati sui 36 minuti, Giannis ha migliorato ogni singolo anno i punti e i rimbalzi mentre ha avuto un calo l’anno scorso sugli assist (da 5.5 a 4.7), complice anche la confusione tattica regnante sotto Jason Kidd. Ha avuto sempre più la palla in mano, come dimostra anche la crescita esponenziale dello Usage, ma l’anno scorso ha dovuto prendersi più responsabilità nel marasma tattico in cui ad un certo punto della stagione è finita Milwaukee. Non solo: l’arrivo di Bledsoe ha quantomeno rallentato il progetto playmaker che Kidd aveva iniziato con la sua stella, non fosse altro perché ha tolto un tiratore affidabile dal backcourt (34.7% lo scorso anno, 33.7% in carriera dall’arco) e ha aggiunto un portatore di palla - non particolarmente efficiente - in più.

Il rapporto con Kidd non è stato proficuo come si sperava per motivi tecnici e non solo: fondamentalmente il play campione con Dallas non era l’uomo giusto al momento giusto, non era l’uomo adatto a portare Giannis nell’Olimpo. L’arrivo di un allenatore di grande esperienza e non dogmatico come Mike Budenholzer è stato il segnale più evidente della volontà della dirigenza di colmare il gap che la separa dalle Big permettendo alla sua star di fare altrettanto. Perché, se non si fosse capito, il destino di Antetokounmpo e quello dei Bucks vanno di pari passo.

Come può migliorare con Budenholzer

Il pregio migliore del Budenholzer visto ad Atlanta era l’organizzazione tutt’altro che rigida dell’attacco, fatto di movimenti continui e di grande fluidità. Un giocatore versatile come Giannis, che può giocare il pick and roll da portatore di palla e da bloccante anche nella stessa azione, non può che ingolosire un coach come Bud cresciuto alla scuola di Gregg Popovich dove l’adattarsi al materiale a disposizione è mantra.

Budenholzer è un coach che può portare il greco su un altro pianeta. In attacco può costruire quelle spaziature necessarie, anche lasciandolo sul lato debole, per dargli ancora più chance nel pitturato o in alternativa trovare linee di passaggio migliori per servire i compagni. Aspettiamoci molte soluzioni di consegnati e blocchi delle guardie per portare gente più piccola ad affrontare il greco in uno contro uno, con i compagni spaziati sull’arco per dargli il maggior margine di manovra verso il canestro. In questo senso, la firma di Brook Lopez lo vede schierato da titolare in ottica di “floor spacer” piuttosto che da giocatore di post basso, con set che cominciano anche con il caro e vecchio “5 fuori” - specialmente in transizione - per liberare spazio alle falcate di Antetokounmpo.

In difesa Budenholzer può utilizzare maggiormente Giannis da 5 in uno Small Ball capace di esaltare le qualità atletiche del numero 34 e allo stesso tempo lavorando sulla sua capacità di lettura. Può mai avere problemi uno così a fare il cambio sistematico passando dalla marcatura di un omone grosso a quella di una compatta guardia? L’arrivo di Lopez costringerà la squadra ad adottare uno schema difensivo per forza di cose più conservativo (senza naturalmente arrivare alle esagerazioni viste con Kidd) e permetterà ad Antetokounmpo di poter essere più aggressivo sulle linee di passaggio o negli aiuti dal lato debole. Insomma sulla carta sembra un matrimonio destinato a fare faville, complice anche la straordinaria capacità di apprendimento che ha il greco.

Pronto al decollo

L’estate di Giannis sui social è stata molto soft: qualche foto del viaggio a Roma, qualche post di ringraziamento per essere stato scelto sulla copertina di NBA2K19 - un riconoscimento del suo status di giocatore NBA di riferimento -, una foto con Kobe Bryant dopo gli allenamenti svolti insieme, molte foto di famiglia con i fratelli tutte nel nome del padre scomparso un anno fa. A proposito, quest’estate ne è arrivato un altro di Antetokounmpo in orbita NBA: Kostas, scelto dai Sixers e scambiato subito con Dallas. Per ora è stato spedito in G-League, ma sono in molti a credere che possa avere una più che buona carriera al piano di sopra. Tra questi molti c’è Giannis, che dell’unione e della compatezza familiare ha sempre fatto un suo punto di forza.

Giannis è il bravo (e grosso) ragazzo della porta accanto. Sempre con il sorriso, sempre con un entusiasmo contagioso. È il tipo a cui le mamme e i papà affiderebbero la figlia per il ballo di fine anno insieme alle chiavi di casa dandogli pure la macchina. Ispira simpatia e fiducia, la stessa che il mondo Bucks ripone in lui e che lui è desideroso di ripagare.

Si preannuncia una stagione eccitante nel Wisconsin, con i Bucks che hanno superato quota 10.000 in vista dell’apertura della nuova arena, il Fiserv Forum. Tutte le premesse maturate in questi anni possono concretizzarsi in una grande avventura per Giannis e per Milwaukee. C’è un trono libero che attende un nuovo padrone.