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Hayward si gode il secondo esordio: "Ho aspettato un anno, ma è stato fantastico"

NBA

Il n°20 dei Celtics, a un anno esatto dal terribile infortunio che lo ha messo ko per un'intera stagione, è tornato in campo in regular season, salutato per la prima volta dal pubblico di Boston: "I primi tre minuti ero in tilt, ma l'importante per una volta era esserci"

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Quattro palloni rubati messi a referto in meno di 20 minuti (saranno 25 a fine partita) eguagliano il suo record in carriera, ma Gordon Hayward non ricorderà di certo per questo a lungo una partita speciale per mille ragioni. Il n°20 dei Celtics è finalmente arrivato al termine di un lunghissimo periodo di riabilitazione che lo ha tenuto un anno esatto lontano dal parquet. Dal 17 ottobre 2017 al 16 ottobre 2018, con una storia da giocatore dei Celtics tutta da scrivere. La scorsa stagione non era riuscito a calcare il parquet al TD Garden con la nuova maglia, fermato dalla frattura scomposta alla Q Arena di Cleveland e spettatore della cavalcata di Boston fino allo scorso maggio: “Scendere in campo mi ha riportato alla mente un sacco di ricordi, tutti i momenti bui che ho dovuto attraversare. Ma se devo essere onesto, è stato soprattutto molto piacevole vedere come sono riuscito a restare in partita, a calcare il parquet senza particolare sforzo. L’idea di essere finalmente tornato pesava nei primi minuti, ma poi ho iniziato a pensare positivo e tutto è andato liscio. Sull’infortunio ragionavo soprattutto durante il riscaldamento e una volta tornato nel tunnel, pensavo che forse sarebbe stato opportuno non provare nessuna giocata in back-door saltando alle spalle del mio difensore [la dinamica che ha portato al suo infortunio un anno fa, ndr]. Questo di sicuro mi è passato per la mente, ma i problemi fisici, il dolore e il recupero sono stati i grandi temo della mia vita negli ultimi mesi e sto provando soltanto a scacciarli fuori dalla mia testa. Adesso devo giocare, quando sei in campo tutto magicamente scompare. Per fortuna”. Una carica emotiva che nei primi istanti di gara lo ha messo in difficoltà: "Tutto mi dava un sacco di adrenalina all’inizio, i primi tre-quattro minuti ero frastornato. Ma oggi la cosa più importante era tornare, a prescindere dal mio rendimento personale".

La famiglia in tribuna e l'abbraccio del pubblico del Garden

I primi due canestri della sua partita arrivano a inizio secondo quarto, dopo una prima frazione in cui il fondo della retina non si era mai mosso. Durante il timeout l’indicazione però è stata chiara e il primo possesso spetta a lui. TNT manda in onda l’intervista a coach Brett Brown e riserva soltanto una frazione di schermo al primo bersaglio del n°20 dei Celtics, bissato prontamente pochi istanti più tardi. Per vedere il primo sorriso però tocca attendere la fine, gli ultimi 90 secondi di partita che Hayward con merito si è goduto dalla panchina. Prima di uscire c’è il tempo di correre in contropiede, cavalcare la corsia di fianco a Jayson Tatum che arrivato sull’arco ha tempo e spazio per tirare, ma preferisce attirare il recupero, liberando ancora di più Hayward in angolo. Solo rete, con il TD Garden che si alza in piedi ad applaudire pochi istanti più tardi, quando viene chiamato il suo nome per l’ultima volta. Sua moglie Robyn siede in tribuna di fianco ai suoceri, tutti visibilmente commossi come i tifosi che salutano per la prima volta il loro nuovo beniamino: “Il pubblico è stato fantastico, sono stati pazzeschi. È tutto quello che mi aspettavo fin da quando ho firmato una stagione fa: ho dovuto aspettare un anno per ricevere un saluto del genere, ma i tifosi sono stati incredibili”.