Il n°23 dei Lakers segna la tripla del pareggio a due secondi dalla sirena per mandare la partita all’overtime, ma sbaglia i due liberi decisivi nel finale. San Antonio conquistata un successo fondamentale grazie ai 37 punti di Aldridge e alla quasi tripla doppia da 32 punti di DeRozan. Positivo anche Belinelli, autore di 15 punti in 23 minuti
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Los Angeles Lakers-San Antonio Spurs 142-143 OT
Eravamo pronti a celebrare un successo da protagonista del n°23, il primo con la maglia dei Lakers allo Staples Center, arrivato grazie a una sua prodezza a due secondi dalla sirena della fine dei regolamentari che aveva costretto San Antonio all’overtime e alla resa. Tutto apparecchiato per l’ennesima impresa firmata LeBron James che invece, ancora una volta, si dimostra umano, inciampando nel finale e mettendo a referto un pesantissimo 0/2 a cronometro fermo che a conti fatti condanna i Lakers alla sconfitta. Errori che pesano come macigni nel rush finale con cui gli Spurs riacciuffano una partita che sembravano aver vinto e poi aver perso almeno una decina di volte. Alla sirena finale quindi a sorridere sono i texani, guidati dai 37 punti e dieci rimbalzi di LaMarcus Aldridge, àncora offensiva di un attacco che ha giustamente continuato a cavalcarlo e contro cui la difesa giallo-viola è riuscita a escogitare soltanto un rimedio: fare fallo (11/18 ai tiri liberi). Al suo fianco DeMar DeRozan, partito con le marce molto alte e arrivato inevitabilmente con il fiato corto, impreciso nell’ultimo quarto d’ora di gara che ha in parte sporcato le sue cifre (che restano comunque di estremo valore: 32 punti, 14 assist e otto rimbalzi). Giocate che avevano permesso agli Spurs di volare sul +18 nel primo tempo e, nonostante le difficoltà nella ripresa, di mantenere la testa e il +8 a 70 secondi dal termine. Un margine rosicchiato dai Lakers e riportato a zero da una super tripla di James, quella che spacca in due la gara e segna l’inversione di tendenza in un match che a quel punto sembrava saldamente nelle mani dei padroni di casa. Un'illusione, a guardarla col senno di poi, visto che nella volata conclusiva della sfida gli Spurs restituiscono il favore ai Lakers, chiudendo con un parziale da 7-0 in 44 secondi che ribalta in maniera definitiva il match, senza che nessuno riesca a interrompere quella striscia. Neanche LeBron con il suo viaggio a vuoto in lunetta.
La gara in altalena di LeBron (e dei suoi Lakers)
Una sfida iniziata davvero con l’approccio sbagliato da James, impreciso e in parte fuori da una sfida che San Antonio aveva da subito dato l’impressione di poter controllare. All’intervallo il boxscore del n°23 è impietoso: quattro punti e 2/8 al tiro, tanto da far ritirare fuori a Dave McMenamin – giornalista di ESPN, da anni vicino alle vicende di LeBron - la famosa statistica delle 875 gare consecutive con almeno dieci punti a referto. Dopo l’intervallo però la musica cambia, così come l’approccio alla gara di James che chiude con 32 punti, 14 rimbalzi e otto assist. Non il miglior realizzatore in giallo-viola, visto che Kyle Kuzma tira con il 60% dal campo prendendosi 25 tiri, in una partita da 37 punti e massimo in carriera sfiorato. Sono suoi i canestri che tengono a galla i padroni di casa, mentre nell’overtime a prendersi gli applausi del pubblico è il carneade che non ti aspetti: Johnathan Williams. “E chi è?”, hanno pensato in molti vedendo il lungo di riserva - arrivato grazie a un’infinita serie di coincidenze prima sulla panchina dei Lakers e poi addirittura sul parquet durante l’overtime - sul cubo dei cambi pronto a entrare. JaVale McGee infatti è costretto a uscire per raggiunto limite di falli e Williams riesce così ad approfittare dell'occasione grazie a giocate di intensità che non fanno rimpiangere l'ex centro degli Warriors: stoppata da una parte su DeRozan, difesa forte su qualsiasi penetratore, un paio di canestri d'intensità e continua lotta a rimbalzo d'attacco. Sarebbe stato suo il volto da affiancare a quello di James nelle immagini per celebrare il primo successo Lakers, mentre adesso la sua prestazione non fa altro che far crescere il rimpianto per una vittoria ancora una volta sfuggita e che inizia a diventare un tabù.
Belinelli batte un colpo, ma resta a guardare nel finale
Nel +18 toccato nel primo tempo e più in generale nell’efficacia offensiva messa in mostra dagli Spurs soprattutto prima dell’intervallo c’è anche lo zampino di Marco Belinelli, autore di 11 punti in altrettanti minuti prima dell’inizio della ripresa. Il suo ritorno sul parquet nel terzo quarto è più faticoso e coincide con la sgasata delle riserve dei Lakers che, nonostante LeBron in panchina, riescono a prendersi la testa del match a lungo inseguita. Anche per questo Popovich decide di lasciare l’azzurro in panchina nella fase calda del match (alla sirena finale sono 15 punti in 23 minuti, la migliore gara a livello realizzativo in questo avvio di regular season), cavalcando un quintetto con Forbes e Mills al fianco del terzetto DeRozan-Gay-Aldridge. L’esperimento iniziale con Dante Cunningham in quintetto (con il solo obiettivo di restare attaccato a James su ogni cambio) funziona a metà e quando LeBron mette le marce alte, l’ex giocatore dei Pelicans scompare nel fondo della panchina senza vedere più il parquet. Scelte che funzionano quelle di Popovich, in una partita da 53% abbondante dall’arco per gli Spurs e una sfida che in generale dà morale a un gruppo a caccia di conferme. La base solida su cui costruire continua a esserci, gli avversari sono avvisati.