Il n°35 di Golden State chiude con 33 punti, Steph Curry ne aggiunge 28 e i campioni NBA in carica conquistano la settima vittoria consecutiva battendo Minnesota; la nona in dieci gare in questo semi-perfetto avvio di stagione
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Golden State Warriors-Minnesota Timberwolves 116-99
Golden State ormai porta avanti (spesso in maniera inconsapevole) talmente tanti record, che anche vincendo di 17 punti in casa la settima gara in fila può interromperne uno. Gli Warriors infatti fermano a sei la striscia di partite con almeno 120 punti a referto alla Oracle Arena, ma non sembrano (giustamente) preoccuparsene più di tanto; travolgenti in questo avvio da 9-1 di record e abili per l’ennesima volta a rimontare (da -7 nel terzo quarto al +21 toccato 12 minuti dopo). Steve Kerr si gode l’esecuzione dei suoi ragazzi, se possibile diventata ancor più ricercata e spettacolare. Merito di Draymond Green, tassello perfetto all’interno dell’ingranaggio: “Sta giocando meglio di come gli abbia mai visto fare”, sottolinea Kerr che si coccola la simil-tripla doppia del n°23, autore di nove punti, nove rimbalzi e 11 assist. Segnare canestri infatti è davvero l’ultimo dei problemi, come dimostra ogni giorno di più l’efficace Kevin Durant che Golden State sta cavalcando in questo avvio di regular season: il n°35 degli Warriors è chirurgico anche contro Minnesota in una sfida chiusa tirando 11/19 dal campo, aggiungendo tre triple a una partita da 33 punti e 13 rimbalzi. Una macchina pronta a entrare in azione quando Curry torna umano e segna “soltanto” quattro triple: 28 punti, sette assist e nove rimbalzi; una super prestazione che appare quasi normale. La forza dell’eccezionale infatti sta in quello, nel fatto che nessuno si meraviglia più della straordinaria qualità messa in mostra sul parquet da una squadra che aspetta il ritorno di DeMarcus Cousins e nel frattempo si gode tanti utili nuovi innesti. Jerebko e McKinnie combinano per 15 punti in uscita dalla panchina; ossigeno per un roster a corto di alternative: in due stanno tirando 21/42 dalla lunga distanza, la migliore delle notizie per un gruppo a caccia di stimoli e facce nuove.
Il ritorno di Butler e l’infortunio di Rose
Minnesota invece merita un capitolo a parte, non tanto e non solo per l’andamento della gara che lascia un po’ di rammarico. Difficile biasimare i ragazzi di coach Thibodeau per una sconfitta che in pochi sarebbero stati in grado di evitare contro una corazzata di primo livello. A far discutere è ancora una volta il contorno, con Jimmy Butler ritornato (come promesso) abile e arruolabile sul parquet della Oracle Arena. Il n°23 dei T’wolves parte titolare e torna a far gravitare palloni, possessi e responsabilità attorno a sé, spostando per l’ennesima volta il baricentro di una squadra che continua a non fidarsi di Karl-Anthony Towns (13 punti e 11 rimbalzi) e che trova in Andrew Wiggins il miglior realizzatore di serata (22 punti con 9/23 al tiro). Chi è il leader del gruppo? Thibodeau ha fatto capire a chiare lettere di non fidarsi dei giovani (che nel frattempo sono diventati adulti) e di voler lasciare in mano alla vecchia guardia le chiavi della squadra. A tal proposito, una postilla necessaria è quella che va fatta per Derrick Rose, ritornato di colpo alla realtà dopo la super prestazione da 50 punti di due giorni fa. La gara di questa notte invece è durata soltanto cinque minuti, prima di essere costretto a uscire a causa di un dolore non meglio specificato alla caviglia sinistra; ennesima ricaduta che potrebbe fermarlo di nuovo. “Una storia incredibile se si pensa a tutto quello che ha dovuto affrontare – il commento di Curry, pensando a quanto accaduto contro Utah – è una gran cosa per Rose una performance del genere, la dimostrazione del fatto che bisogna sempre credere in sé stessi”. Anche quando si è costretti a fermarsi di nuovo.