Please select your default edition
Your default site has been set

NBA, Dwane Casey, l'ex amico Nurse e i retroscena del ritorno vincente a Toronto

NBA

Il video tributo, gli applausi e tutte le giuste parole di circostanza: ma nel suo primo ritorno in Canada - terminato con una vittoria all'ultimo secondo - coach Casey si toglie qualche sassolino dalle scarpe...

I RISULTATI DELLA NOTTE: VENDETTA CASEY, DETROIT BATTE TORONTO

Reggie Jackson, professione playmaker dei Detroit Pistons allenati da Dwane Casey, alla vigilia l’aveva detto: “Non c’è cosa che amerei di più che regalargli una vittoria: lui non lo dirà mai, ma battere i Raptors sarebbe speciale. Dentro di sé ognuno di noi lo sa”. E la vittoria è arrivata, dolce e anche un po’ perfida, ottenuta in rimonta (da -19) e poi perfezionata dal canestro allo scadere di Reggie Bullock, che ha fissato il 106-104 finale. Quando ha visto il pallone entrare nella retina, coach Casey ha alzato d’istinto le braccia al cielo e ha fatto irruzione in campo, trovandosi immediatamente circondato da tutti i suoi giocatori: “Stasera hanno messo in campo qualcosa in più per me, e lo apprezzo tremendamente. Nella NBA comandano i giocatori, non gli allenatori, ma siamo tutti esseri umani e oggi i miei giocatori hanno fatto di tutto per regalarmi una vittoria. Blake [Griffin] è stato il primo a dirmelo: ‘Questa vittoria è per te, coach’ e quando una frase del genere arriva dalla tua superstar significa davvero tanto, soprattutto se poi le stesse parole te le confermano tutti gli altri giocatori”. Per Casey la trasferta in Canada alla guida della sua nuova squadra, i Detroit Pistons, non poteva non essere una partita speciale: sulla panchina dei Raptors ha trascorso sette stagioni, vincendo molto più che perdendo (320 successi, a fronte di 241 ko), rendendo Toronto una trasferta difficile per tutte le altre 29 squadre nella lega e facendo dei canadesi una presenza fissa ai playoff, con ambizioni di titolo. Gli è mancato proprio quello, una vittoria nella Eastern Conference e un’apparizione in finale NBA (21-30 il suo record ai playoff), e così – pur sulla scia di una stagione record da 59 vittorie, risultato mai ottenuto nella storia dei Raptors – in estate è arrivato il licenziamento, quasi contestuale al premio di miglior allenatore NBA per la scorsa stagione. Vincente, celebrato e cacciato – un destino paradossale e per certi versi forse ingiusto. Ma coach Casey nel suo ritorno in Canada non è in cerca di vendette personali: “Qui ho lasciato lacrime, sudore e sangue, me ne sono andato a testa alta, sapendo di aver fatto quello che mi è stato chiesto di fare. Conosco bene cos’è il revisionismo storico: tutti vogliono prendersi i meriti delle vittorie mentre le sconfitte sono sempre orfane. Io no, io mi prendo la responsabilità anche di ogni sconfitta ma sono consapevole di quello che abbiamo costruito qui, di come lo abbiamo fatto e come ci siamo arrivati. Sono orgoglioso di tutto il lavoro fatto”.  

I rapporti tesi tra Dwane Casey e Nick Nurse

Che la gara contro i Pistons sarebbe stata speciale – per l’allenatore degli ospiti ma anche per i 19.800 spettatori della Scotiabank Arena, per i suoi ex giocatori in maglia Raptors e per il suo ex assistente oggi sulla panchina di Toronto – è stato evidente fin dall’inizio, quando è stato mostrato un video tributo dedicato proprio a coach Casey. Prima della chiusura ad effetto – affidata alle parole “Thank you Dwane” – sul jumbotron dell’arena si sono susseguite immagini a effetto per ricordare primati e record ottenuti in Canada dall’attuale allenatore di Detroit: dalla prima apparizione in una finale di conference, alla panchina di un All-Star Game, dal titolo di allenatore dell’anno fino al primato per numero di vittorie nella storia della franchigia. Alla vigilia proprio Nick Nurse, a lungo suo assistente e poi suo successore, aveva voluto ricordare il suo ex “maestro”: “Ci ripeteva spesso che non temeva confronti con nessuno in quanto a etica del lavoro, e aveva ragione. Mi ha insegnato proprio questo, abbiamo trascorso assieme cinque anni e tante battaglie, lunghissime ore passate a lavorare assieme. Ha preso una squadra che stava alla periferia della lega e l’ha resa centrale, forse l’impresa più ardua da fare in assoluto. Sono felice di aver fatto parte del suo staff per cinque anni, ho imparato molto da lui e lo rispetto tantissimo”, le parole di Nurse, eleganti e perfette che però forse non raccontano tutta la verità. Casey infatti ha fatto apertamente capire di non aver mai più parlato col suo ex assistente dal momento dell’addio a Toronto: “Con chi parlo e di che cosa parlo rimane tra me e il mio interlocutore”, ha commentato al riguardo Nurse, in pratica confermando rapporti personali non proprio idilliaci. I due, per farla breve, oggi non si possono certo definire amici ma l’allenatore dei Raptors non vuole farne un dramma: “Sentite, la mia preoccupazione principale è fare il mio lavoro al massimo delle mie possibilità, essere presente per la mia famiglia e per i miei giocatori. Per coach Casey non ho altro che tanto rispetto, lo ripeto. È tutto quello che posso dire”.

Blake Griffin e la frecciatina a Masai Ujiri

Più piccanti le parole pronunciate da qualche nuovo giocatore agli ordini di Casey in quel di Detroit – Blake Griffin per primo: “Non è che scopriamo oggi per la prima volta che coach Casey sia un ottimo allenatore. Giochi del genere [come quello disegnato sulla rimessa dal fondo che ha portato al canestro finale di Bullock, ndr] li proviamo sempre in allenamento: è un maniaco dell’esecuzione, e stasera abbiamo eseguito come vuole lui. Forse ne sono sorpresi i tifosi di Toronto… di sicuro lo sarà Masai Ujiri”, la stoccata finale dell’ex Clippers, polemico verso chi – durante gli scorsi playoff, nelle sconfitte contro Cleveland – aveva messo in dubbio le capacità tattiche del suo attuale allenatore. “Si viene criticati per tanti cose e la gente ha la propria percezione della realtà. Nei miei confronti questa percezione spesso mi ha ritratto come un buon comunicatore, un gran lavoratore e uno che lotta fino all’ultimo, ma non uno in grado di prendere buone decisioni in panchina. La mia reazione? Non posso far altro che sorridere”. Oggi più che mai, dopo una vittoria che più dolce non poteva essere.