Kevin Durant decide la sfida contro Dallas con 29 punti e la tripla decisiva a 15 secondi dalla fine. Oklahoma City continua a vincere grazie ad altri 43 punti di Paul George. A Est Toronto cade sul campo di Philadelphia guidata da Embiid e Simmons, ma Milwaukee non ne approfitta perdendo a Miami con il peggior Antetokounmpo dell'anno
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Golden State Warriors-Dallas Mavericks 120-116
È Kevin Durant il killer designato dagli Warriors per chiudere i conti contro Dallas e il n°35 risponde presente: in una partita da 29 punti, 12 rimbalzi e otto assist, è lui a realizzare la tripla più importante della sfida a 15 secondi dalla sirena. Il colpo del ko per i Mavericks che sono rimasti in scia fino in fondo, memori del primo incrocio stagionale in cui ci pensò Luka Doncic a togliere le castagne dal fuoco e a far vincere i texani. Questa volta lo sloveno gioca con la solita maturità, autore di 19 punti (14 in un convincente primo quarto, prima di uscire per un problema all'anca nell'ultimo) in una squadra che chiude con ben sette giocatori in doppia cifra e in cui spiccano i 23 rimbalzi raccolti da DeAndre Jordan – che sta lì per fare quello, ma fa sempre a suo modo notizia. In casa Warriors invece sono 22 i punti raccolti da Curry (6/17 dall’arco, ha seguito il consiglio di prendere almeno 15 tiri da lontano) e 23 quelli di un semi-perfetto Jonas Jerebko: esce dalla panchina e in 21 minuti tira 10/12 dal campo, con due triple e sei rimbalzi (+14 di plus/minus). Draymond Green invece accarezza senza troppa convinzione l’idea di tripla doppia (14, dieci e cinque assist), prima di segnare un paio di canestri dalla distanza molto importanti per lui. Il n° 23 di Golden State infatti stava viaggiando con un pessimo 1/16 dall’arco dal suo rientro in campo post-infortunio, incapace di andare due volte a segno nella stessa gara dalla partita di Halloween. Per quello i Mavericks hanno scommesso contro il suo tiro lasciando solo e così, dopo essersi sentito sfidato, Green risponde per le rime alla panchina di Dallas dopo il bersaglio grosso, indicando a chiari gesti il fatto che qualcuno avrebbe dovuto prendersi cura di lui. Sarà per la prossima volta, soprattutto se quelle conclusioni continueranno ad andare dentro.
Utah Jazz-Oklahoma City Thunder 106-107
43 punti contro Sacramento e adesso, a tre giorni di distanza, altri 43 punti contro gli Utah Jazz - sempre fondamentali per portare a casa il successo. È Paul George il trascinatore di questa versione vincente degli Oklahoma City Thunder, autore di 22 punti nel terzo quarto (in cui ha battuto da solo i Jazz, fermi a 20 punti totali di squadra), regalando a OKC la spinta per chiudere la frazione con un parziale da 23-2 che aveva portato gli ospiti sul +12. Contro questi Utah Jazz però non basta: i mormoni tornano di prepotenza nella partita nel finale, quando i giochi sembravano ormai fatti. I Thunder quindi devono vincerla di nuovo e a suo modo la giocata decisiva la piazza Russell Westbrook. Sul 107-105 in favore degli ospiti, Donovan Mitchell mette il turbo, approfittando di un’incertezza difensiva di George saltato come un birillo prima di volare verso il ferro. Una schiacciata ormai fatta, due punti realizzati e pareggio a meno di due secondi dalla sirena. Westbrook però salta a contestare il tentativo, facendo volare a terra il n°45 dei Jazz e incassando così il sesto fallo della sua sfida. Il n°0 di OKC va in panchina, mentre Mitchell sbaglia il primo libero. Con 1.5 secondi sul cronometro, tocca prendere il ferro anche con il secondo e sperare nel rimbalzo, ma la parabola volutamente a palombella per uno scherzo beffardo del destino trova il fondo della retina. I Jazz perdono così dopo due importanti successi contro Warriors e Blazers, mentre i Thunder approfittano della sconfitta di Denver e agganciano al primo posto della Western Conference i Nuggets. Con questo Paul George, vietato porre limiti.
Philadelphia 76ers-Toronto Raptors 126-101
Uno si aspetterebbe di essere contento, o quantomeno un po’ soddisfatto, dopo una vittoria contro la miglior squadra della conference. Eppure per i Philadelphia 76ers la vittoria comoda contro i Toronto Raptors ha avuto poca rilevanza, poiché arrivata contro una squadra che non poteva contare su Kawhi Leonard, Serge Ibaka e Jonas Valanciunas. Per il primo dovrebbe trattarsi dell’ultima volta in cui non può scendere in campo nella seconda serata di un back-to-back per motivi precauzionali, come rivelato da coach Nick Nurse, ma è stata l’assenza degli altri due a lasciare il via libera a Joel Embiid, autore di 23 dei suoi 27 punti solamente nel primo tempo. “Sì, bella vittoria, ma non vuol dire niente” ha detto il centro camerunense sul successo arrivato contro una squadra non al suo meglio. “Anche io sono rimasto deluso” ha detto Ben Simmons, autore del suo massimo stagionale da 26 a cui ha aggiunto 12 rimbalzi e 8 assist, con J.J. Redick subito alle spalle a quota 22 punti con 4/5 da tre. I Raptors, che hanno avuto 26 punti da Pascal Siakam e 20 da Kyle Lowry, mantengono comunque una partita e mezzo di vantaggio su Milwaukee e 2.5 su Philadelphia in testa alla Eastern Conference.
Miami Heat-Milwaukee Bucks 94-87
I Bucks non approfittano del passo falso di Toronto perdendo sul campo di Miami, entrata ormai definitivamente tra le prime otto della conference grazie alla quarta vittoria consecutiva. Merito soprattutto della difesa, capace di tenere non solo i Bucks a quattro minimi stagionali: punti (87), percentuali dal campo (37%), percentuali da tre (9/43) e produzione nel primo quarto (8 punti, peggior quarto dell’intera NBA e record negativo di franchigia pareggiato). A questo magro bottino ha contribuito ovviamente la pessima serata di Giannis Antetokounmpo, tenuto al suo minimo stagionale da 9 punti con 3/12 al tiro, ma ciò nonostante i Bucks erano riusciti a rimontare dal -17 al -1, prima di finire la benzina (erano atterrati alle 3:34 del mattino dopo il successo sul campo dei Celtics) e concedere il parziale di 12-6 che ha chiuso i giochi. In casa Heat sono cinque i giocatori in doppia cifra guidati dai 16 di Josh Richardson e i 13 di Dwyane Wade dalla panchina, autori delle giocate decisive nel parziale finale con due canestri in sospensione del veterano e una schiacciata della giovane guardia per mettere il punto esclamativo sul successo di Miami.