Il n°23 gialloviola resta a riposo dopo i 40 minuti giocati nel derby contro i Clippers: un’assenza che pesa per i Lakers, battuti per la seconda volta in stagione da Golden State e caduti sotto i colpi di DeMarcus Cousins e Klay Thompson
RISSA SFIORATA NELLO SPOGLIATOIO DEI LAKERS DOPO IL KO CON GLI WARRIORS
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Golden State Warriors-Los Angeles Lakers 115-101
I 40 minuti di sforzo intenso e continuativo al rientro non erano stati previsti. Non così presto, almeno, ma la necessità di portare a casa il successo ha spinto LeBron James a restare in campo quando più contava contro i Clippers. Fatica accumulata nei muscoli indolenziti e così, alla vigilia della partita contro Golden State, la stanchezza non vuol saperne di sparire. “Inutile rischiare”, avranno pensato in casa Lakers, consapevoli che anche con James sul parquet sarebbe stata una missione semi-impossibile pensare di battere di nuovo i campioni NBA in carica a domicilio: “Non c’è stata alcun tipo di discussione a riguardo, non abbiamo mai preso in considerazione l’idea di farlo giocare. Chi può dire come avrebbe reagito il suo corpo se la partita contro i Clippers fosse finita prima e non avesse richiesto uno sforzo del genere. Secondo me avrebbe pagato comunque la fatica del rientro: erano cinque settimane che non giocava a quel livello di intensità”. Le parole di coach Walton rassicurano soltanto in parte, ma anche fonti vicine al giocatore confermano che non ci sia stata alcun tipo di ricaduta all’inguine. “Di solito sarebbe stato molto più intransigente con sé stesso, giocando sul dolore e sulla stanchezza. Ma vista la delicatezza del problema, meglio farsi furbi e non rischiare in questa fase della stagione”. Una pratica che potrebbe ripetersi più volte negli ultimi due mesi di regular season ormai alle porte: centellinare la sua presenza e sfruttarlo al massimo quando c’è da portare a casa successi che valgono l’accesso ai playoff. Stavolta però i Lakers hanno retto soltanto tre quarti, prima di sgonfiarsi e segnare soltanto 15 punti nell’ultimo periodo, lasciando a un ritrovato Steph Curry il modo di incidere anche in una partita senza canestri dal campo per tre quarti e mezzo.
Klay, mano calda contro i Lakers e "corteggiato" dai tifosi avversari
Il n°30 di Golden State infatti ci mette un bel po’ a ritrovare la mira (0/8 dal campo fino a sei minuti dal termine), ma poi in 60 secondi mette dentro tre canestri in fila – 14 punti alla sirena – e spinge la fuga degli Warriors, che si prendono il secondo successo stagionale contro i gialloviola dopo il ko natalizio. Kevin Durant è chirurgico con i suoi 21 punti con 13 tentativi dal campo e 11 assist (31 di squadra per Golden State), a cui si aggiungono poi i 28 di un Klay Thompson da 10/15 al tiro. Il n°11 non c’era nell’ultima sfida casalinga contro Philadelphia (la sua assenza è pesata non poco), ma la febbre è passata e così Thompson ha potuto riprendere il discorso contro i Lakers da dove lo aveva lasciato (nell’ultimo incrocio è andato a segno con i primi dieci tentativi consecutivi dall’arco, chiudendo con 10/11 e 44 punti in tre quarti). Negli ultimi giorni poi, voci di mercato hanno ipotizzato anche un suo possibile passaggio in estate in giallo-viola: anche per questo fanno “notizia” i cori di alcuni tifosi Lakers infiltrati tra quelli della Oracle Arena, che hanno iniziato a cantare “Vogliamo Thompson” mentre lui era in lunetta. “Fanno bene a volerlo”, commenta ironico Steve Kerr a fine partita; felice del successo di Denver – con cui evita la convocazione all’All-Star Game, che spetta di diritto a Mike Malone – e della netta ripresa di DeMarcus Cousins, alla sua prima doppia doppia in maglia Warriors. Per lui 18 punti e dieci rimbalzi, con tanto di schiacciata da highlights stampata in faccia a Kyle Kuzma, urla di scherno verso l’avversario e conseguente fallo tecnico. Sì, è tornato a tutti gli effetti e questa non è una buona notizia per il resto della NBA.